Dolori inaspettati

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"Buon compleanno, Aoko!" disse il padre alla giovane ragazza, che, proprio quel giorno, compieva diciassette anni.
'Solitamente, alle prescelte accade dopo i diciassette anni' pensò Ginzo. 'Staremo a vedere.'
"Grazie mille, papà!" rispose lei poco dopo avergli dato il buongiorno con un bacio in guancia.
"Che ne dici di preparare una colazione abbondante, oggi?"
"Uhm? Perché?"
"Mi pare ovvio! Oggi è il tuo compleanno, devi godertelo!" esclamò lui.
'In realtà, preferisco che tu sia pronta per ogni evenienza. I salti sono molto impegnativi. Anche se... non so se a te capiterà proprio oggi.'
"Bene! Allora mi metto all'opera!" rispose entusiasta lei mentre, in un gesto teatrale, alzava le maniche del proprio pigiama.
Era decisamente di buon umore, quella mattina, e si promise che nulla avrebbe potuto rovinare quel giorno.
Subito dopo aver gustato quella abbondante, nonché deliziosa colazione, si lavò e mise la sua divisa scolastica.
Erano da poco tornati dalle vacanze estive, essendo settembre, ma aveva cominciato a fare freddo, così si avvolse una sciarpa di cotone attorno al collo.
"Papà, io sto andando! A dopo!" gridò lei sull'uscio della porta, pronta per andare a scuola.
"A dopo, tesoro!" la salutò lui, urlando dalla sua stanza, mentre si preparava per andare alla stazione di polizia.
'Buona fortuna, piccola mia' le augurò mentalmente lui. 'Che il potere dello zaffiro ti protegga.'

Suonò ancora una volta, spazientita, il campanello della casa accanto.
"KAITO! Insomma, quanto vuoi farmi aspettare?" gridò da dietro la porta, sperando che il suo amico la sentisse.
Proprio quando ebbe pronunciato l'ultima sillaba della frase, la porta si aprì di colpo.
"Si può sapere perché urli tanto?" le chiese lui con nonchalance, ancora con le mani impegnate ad abbottonarsi la giacca della divisa.
"Si può sapere perché mi devi far aspettare tanto proprio oggi?" replicò lei, un'espressione stizzita sul suo volto. Aveva volutamente marcato di più le sillabe della parola 'oggi', speranzosa che lui si ricordasse che giorno fosse.
Aoko aveva la sua colazione in mano: due semplici toast con la marmellata e un bicchiere di succo di frutta. Gliela diede, ma lui non accennò né a bere né a scartare qualcosa.
"Mmh? Che ha di particolare questo giorno? L'annuncio del furto di Kid?" Un ghigno apparve sul suo viso appena pronunciò il nome 'Kid'.
'Anche stavolta sarà una passeggiata!' pensò, il suo ego salito a dismisura.
Tuttavia, quel ghigno scomparve in tanto tempo quanto ci aveva messo a comparire: Aoko aveva un'espressione triste, gli occhi rivolti a terra e le mani chiuse in due pugni.
"Ehi, che..."
"STUPIDO! SEI UNO STUPIDO!" gli urlò contro lei, correndo sotto gli occhi increduli del ragazzo.
E lo era davvero, si disse. Si maledisse più volte per aver agito così freddamente, facendo finta di dimenticare che giorno fosse. E si maledisse ancora di più per aver nominato Kid. Sapeva quanto lei lo odiasse, eppure lo aveva nominato. Il giorno del suo compleanno. Sapendo che suo padre sarebbe stato occupato con il suo furto, piuttosto che con il compleanno della figlia.
'Possibile che debba sbagliare tutto con lei? Dannazione!'
Non provò nemmeno a rincorrerla, sapeva che era inutile. Probabilmente, lo avrebbe ignorato per tutta la giornata. Così, bevve rapidamente il succo, mise i toast, ancora avvolti in diversi fazzoletti di carta, nella cartella e cominciò ad avviarsi verso la propria scuola.

'Dannazione! Perché deve rovinare tutto? Mi ero anche promessa che nulla avrebbe potuto abbattere il mio buon umore! Maledizione a lui!' Aveva voglia di urlare. Per tutti poteva essere una semplice presa in giro, ma per lei no. Decisamente no. Non sapeva nemmeno del furto del ladro, e questo la adirava ancora di più. Suo padre stava fuori quasi tutto il giorno, tornando a notte fonda, ogni qualvolta ci fosse un furto di Kid. Ovvero sempre. Quel ladro da strapazzo - così lo definiva lei - annunciava almeno un giorno prima i suoi furti. Così suo padre si ritrovava in questura per tre giorni, piuttosto che uno: un giorno per ragionare sul suo annuncio, quello del furto per cercare di acciuffarlo e il seguente per stilare gli avvenimenti del giorno precendente. Ed essendo i furti di Kid molto frequenti, al povero poliziotto restava poco più di un giorno a settimana per stare con la propria figlia.
'Stupido Kid! Perché proprio oggi?'
Lei continuava a correre inconsciamente verso scuola - conoscendo il percorso come le proprie tasche -, gli occhi lucidi, ma che si rifiutavano di far uscire alcuna lacrima.
E dopo pochi minuti, si ritrovò davanti l'edificio della propria scuola, seppur in largo anticipo. Qualche secondo dopo essersi fermata, ansimando per la corsa, sentì qualcosa saltarle addosso. O meglio, qualcuno.
"Auguri, Aoko!" le gridò Keiko, la sua più cara amica, dopo esserle letteralmente saltata addosso, abbracciandola.
"Grazie, Keiko" rispose lei ricambiando l'abbraccio, le punte delle sue labbra leggermente incurvate. Sapeva decisamente come farla sorridere, anche con un piccolo gesto.
"Che regalo vuoi? Un libro? Un vestito?" le chiese l'amica, ma vedendola scrollare il capo, si fermò.
"Non ti preoccupare, non mi serve nulla. Ormai ho diciassette anni, sto crescendo" rispose lei con un sorriso triste sul viso.
"Crescendo? Eppure non mi sembra" la prese in giro una voce fin troppo conosciuta. "Hai le stesse misure di seno, vita e fianchi da quando avevi quattordici anni. Non è che sei un maschio?"
Sapeva di chi fosse quella voce. Si girò, trovando un sorriso beffardo sul suo volto. Non ne poteva più, riteneva inutile anche arrabbiarsi e gridargli contro.
"Perché ti comporti così? Che ti ho fatto?"
L'espressione triste e le parole da lei pronunciate fecero perdere un battito al cuore di Kaito. Era sconvolto, non si sarebbe mai aspettato una tale reazione da parte sua, così calma e pacata, nonché piena di tristezza. Poi, una voce parlò:
"Sarà meglio che vi lasci soli. Le lezioni, comunque, stanno per iniziare; non ritardate!"
Kaito non aveva prestato la minima attenzione all'amica di Aoko, essendo quest'ultima l'unico pensiero che, in quel momento, gli balenava in testa.
"Aoko... Io... Scusami. Volevo scherzare un po', non pensavo fossi ancora arrabbiata per la storia di prima... Scusami, davvero." Non sapeva come facesse, quella ragazza, a fargli perdere ogni minuscolo tratto di orgoglio del suo essere. E lui, di orgoglio, ne aveva molto. Fin troppo. Eppure, quando la vedeva in quel modo, come se non ci fosse modo di consolarla, non poteva fare altro che provare a scusarsi. Perché, molto spesso, il motivo della sua tristezza era proprio il giovane mago, tanto pieno ed orgoglioso di sé. E si malediva ogni volta. Avrebbe tanto voluto dirle tutto: la situazione con suo padre, i suoi furti, ma, soprattutto, il modo in cui si sentiva quando le stava accanto, parlava o anche solo pensava. Non era sicuro nemmeno lui di cosa si trattasse, ma di una cosa era certo: non vedeva Aoko come una semplice amica. Tuttavia, se gliel'avesse detto, si sarebbe ritrovato sempre più vicino a lei, trovandosi costretto a svelarle l'identità del suo famoso alter ego. E non poteva permetterselo. L'avrebbe odiato, non avrebbe più potuto vederlo. Ma soprattutto, l'avrebbe messa in pericolo. Doveva combattere da solo contro l'Organizzazione, doveva trovare da solo Pandora e doveva distruggerla sempre e comunque da solo, non potendo esporre una delle persone che amava di più a un tale pericolo.
Aoko alzò un po' la testa, fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo.
'Mi sa che il cuore mi si fermerà del tutto, se dovesse perdere un altro battito' ironizzò Kaito.
"'Scusa'? Mi stai prendendo ancora in giro? Perché fare degli scherzi - come li definisci tu -così pesanti? Che motivo hai? Non posso credere che siano semplici prese in giro. Avanti, Kaito, ti conosco da una vita! Ci siamo sempre stuzzicati, ma mai sei arrivato a deridermi. E, soprattutto, non prima di aver fatto pace. Invece, negli ultimi tempi, sei cambiato. Sempre più misterioso, freddo e distaccato. Eppure, non perdi mai l'occasione di screditarmi, in particolar modo in pubblico. Diamine, se ho qualcosa che non va, dimmelo! Parliam..." Prima di poter finire la parola, la giovane fu fermata dal suonare della campana.
Kaito la fissava con occhi sgranati, un dolore che gli avvolgeva il cuore e che cresceva ad ogni parola della ragazza.
"Quando vorrai dirmi qualcosa al riguardo, sai sempre dove trovarmi. Ora, io vado in classe" continuò, pronunciando le ultime frasi con una freddezza che nemmeno lei sapeva di possedere.
Lui restò lì per circa un minuto, come se fosse paralizzato, rimuginando sulle parole dell'amica. Dopo che si risvegliò dal suo stato di trance, si diresse, quasi correndo, verso la propria classe. Aveva deciso, ormai. Prima o poi, le avrebbe detto tutto. Tuttavia, voleva aspettare ancora un po', spaventato dalla reazione della sua più cara amica.

The Pandora's TravelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora