Chiudo la zip dell'ultima borsa di Giacomo e la sistemo accanto alle altre. Finalmente l'attrezzatura è tutta al suo posto, e io posso rilassarmi un po'.
«Giacomo?» lo chiamo, avvicinandomi all'uscita del campo. «Io qui ho fatto».
Lui si affaccia oltre il varco e annuisce. «Bene, grazie. Lasciale lì, poi le prendo io». Fa un cenno verso il campo alle mie spalle. «Ti spiace aspettarmi per dieci minuti? Finisco di scaricare le ultime foto e ti accompagno a casa».
«Sì, tranquillo, fai con calma».
Giacomo sorride e torna a parlare con l'allenatore della squadra, scomparendo oltre il varco.
Non riesco a credere che sia passata già una settimana da quando ho cominciato a lavorare qui. Giacomo mi sta insegnando un sacco di trucchetti del mestiere, anche se per il momento non faccio molto: mi limito a portare il caffè, a sistemare l'attrezzatura di Giacomo e a sbavare dietro ai giocatori più belli della squadra, in particolare al mio adorato Federico Marchetti.
Lo cerco con lo sguardo tra i calciatori ancora intenti ad allenarsi, e lo vedo fermo davanti alla porta, sudato e chino sulle ginocchia. Si scansa i capelli umidi dal viso e guarda concentrato l'avversario, probabilmente cercando di capire in che direzione andrà il pallone.
Mi costringo a distogliere lo sguardo e vado a recuperare il mio zaino, abbandonato sotto la panchina più di quattro ore fa. Improvvisamente ispirata, tiro fuori il blocco da disegno e una matita e vado a sedermi a bordo campo. Inizio a ritrarre i lineamenti del viso di Marchetti, e in breve tutte le mie attenzioni sono rivolte al disegno che sta prendendo forma sotto ai miei occhi. Per una volta, devo ammettere di essere piuttosto soddisfatta di come sta venendo; certo, è solo uno schizzo, ma mi piace già.
Non faccio in tempo a farmi i complimenti da sola, però, che qualcosa di duro mi colpisce dritto in fronte. Frastornata e dolorante, scorgo il pallone che rotola verso sinistra e un gruppo di persone che mi corre incontro.
«Stai bene?»
Non capisco chi mi stia parlando, perché vedo solo un fiume di scarpini, ma cerco comunque di annuire. A dirla tutta non credo di stare proprio bene: mi gira la testa, e la fronte mi pulsa nel punto in cui è stata colpita. Mi sento sollevare da terra e un attimo dopo mi ritrovo seduta sulla panchina, attorniata da volti che mi sembrano familiari.
«Lucas, sei un cretino!» urla il ragazzo inginocchiato davanti a me, che mi sembra essere Felipe Anderson. Guardandolo meglio, mi rendo conto che è proprio lui.
Certo che è lui, brutta deficiente, chi altri potrebbe essere?
«Faceva l'imbecille come al solito e ha perso il controllo del pallone», prosegue Anderson. «Come ti senti?»
«Credo bene», borbotto, mentre qualcuno mi mette un sacchetto di ghiaccio secco sulla fronte. Il freddo mi fa subito bene, e così riesco a vedere meglio le facce di chi mi circonda. A quanto pare, a tenere il ghiaccio è Keita, mentre in piedi davanti a me, Candreva e Parolo mi osservano con aria preoccupata. Oh, mammina mia. Siamo sicuri che non stia semplicemente avendo un'allucinazione?
Poi, alle loro spalle, vedo Marchetti che si avvicina a noi, e il mio cuore perde un battito. Questa è sicuramente un'allucinazione.
«Erica», dice, facendosi largo tra le persone. «Certo che sei proprio sfortunata, eh?»
Io apro la bocca per rispondere, ma tutto ciò che riesco a tirar fuori è un debole balbettio. Lo vedo avvicinarsi ancora di più, per poi chinarsi di fronte a me. Fa cenno a Keita di spostare il sacchetto del ghiaccio, e mi avvicina una mano al viso. «Ahi, deve far male. Ti gira la testa?»
Nego, mentre con la coda dell'occhio noto alcuni giocatori tornare verso il campo. «Ora sto bene, grazie. Solo un po'...» Ma mi interrompo, perché alle sue spalle Lucas si è chinato a terra e ha raccolto il mio album ancora aperto. Mi raggelo.
«Ma cosa abbiamo qui?» ridacchia Lucas, avanzando a passi lenti verso di noi. Ha lo sguardo fisso sul foglio e un sorrisetto malizioso gli incurva le labbra. «Federicuccio amoruccio, mi sa che questo ti potrebbe interessare».
Io mi alzo di scatto e, quasi travolgendo Marchetti, mi lancio in avanti. «Ridammelo subito!» Traballo verso di lui, ancora un po' intontita, e cerco di strappargli il blocco di mano; lui però solleva il braccio, portandolo ben al di fuori della mia portata. «Per favore!» lo prego allora, ma lui mi scarta a destra e tira dritto verso Federico.
«Guarda qua che roba», dice, fermandosi di fronte a lui. Gli mostra l'album aperto, mentre i pochi giocatori rimasti nei paraggi si avvicinano incuriositi. «Questo sei tu! E ti ha fatto pure più carino di come sei». Si volta e mi lancia uno sguardo vittorioso. «La ragazzina deve essere proprio innamorata».
Mi sento avvampare dall'imbarazzo, ma questo non mi impedisce di marciare verso di loro. «Ridammelo subito!» urlo, mentre gli altri ridacchiano pacatamente. «Piantala!»
Lucas però non mi ascolta e prende a sfogliare le altre pagine dell'album, sempre tenendolo fuori dalla mia portata.
«Sei vecchio ma ancora fai colpo!» esclama Felipe, dando una pacca sulla spalla a Marchetti.
Tutti ridono e Federico mi rivolge un sorrisino imbarazzato. «Sei proprio brava, Erica! Dove hai imparato a disegnare?»
«Al liceo», dico, «ma non sono proprio un granché. Comunque grazie», aggiungo, rossa come un peperone.
«Guardate questo!» esclama Lucas, brandendo il mio album. «Sembra quasi viva, quest'aquila!» Mi guarda, mentre Anderson e Keita si chinano sul disegno in questione. «E così l'imbranata è della Lazio, eh?»
«Avevi dubbi?» Mi avvicino ancora di più e lo afferro per un polso, cercando di fargli abbassare il braccio. «Adesso basta guardare, ridammelo!» Lui gira un'altra pagina, e con un brivido di terrore mi accorgo che il prossimo schizzo è proprio il suo ritratto. Non posso permettere che lo veda, ma ormai è troppo tardi: probabilmente disinteressato al paesaggio di montagna disegnato sulla pagina, Lucas è già passato a quella successiva.
«Erica? Vogliamo andare?»
Mi giro di scatto, e vedo Giacomo accanto all'uscita con tutte le sue borse in mano. «Sì! Arrivo subitissimo!» Mi volto con uno sguardo feroce, pronta a riappropriarmi del mio album, e vedo Lucas rialzarsi velocemente da terra, una mano nascosta dietro la schiena. Non me ne curo molto e mi riprendo il blocco, allontanandomi di fretta dal gruppo.
«Erica, aspetta un secondo!» esclama la voce di Marchetti, ma io fingo di non averlo sentito e tiro dritto. Direi che per oggi ne ho avuto abbastanza.
Spazio Celeste
Salve ragazzuoli, come state?
Da quanto tempo :D Perdonatemi per questi mesi di assenza, ma come avrete notato non sono molto attiva. Sono pigra, ma ho comunque scritto il capitolo 6. Amatemi.
Grazie a tutti per seguire la storia, e ringrazio una sconosciuta che si chiama yumixnoir
che mi ha rotto le scatole per tutto questo tempo, per farmi riprendere la storia. Amatela. (no è una brutta persona. cià).
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Unica Passione
RomanceLavorare durante le vacanze era l'ultima cosa che Erica Colombo avrebbe voluto: nel suo ideale, l'estate dopo la maturità sarebbe stata un concentrato di riposo, serie TV e pizza. Eppure, alla proposta di tirocinio come assistente fotografa al centr...