Proemio

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Luglio, 2006

La spiaggia pullulava di persone, c'erano giovani donne che stavano accoccolate tra le braccia dei loro fidanzati, nonni che badavano ai propri nipotini e poi, poi c'ero io. Ero sola e mi sentivo totalmente incompresa da quel posto, così pieno ma al tempo stesso così vuoto. Stavo giocando con la sabbia e le palette e stavo immaginando di avere una pasticceria tutta mia. Grazie alle formine, componevo delle creazioni con la sabbia e cercavo di venderle ai membri della mia famiglia. Loro, però, non mi davano retta, erano troppo impegnati a leggere i loro quotidiani oppure a fissare imperterriti il mare. Ho da sempre avuto una particolare ammirazione per il suono prodotto dalle onde e per la sensazione che mi dà l'acqua tutte le volte che decido di farmi un bagno. In quel momento, purtroppo, non avevo il permesso di farlo perché avevo da poco mangiato la focaccia così cercavo di distrarmi e di tenermi compagnia. L'estate non mi era mai sembrata così noiosa e lenta. Ero stanca di stare tutta sola, perciò decisi di andare a giocare con il figlio dei proprietari della spiaggia, nonostante fosso molto più piccolo di me. Lo trovai al bar intento a giocare a carte con un bambino; chiesi loro il permesso per stare lì a guardarli. Si voltarono, entrambi come fossero stati disturbati e mi guardarono. Lui, quello nuovo, aveva due occhi marroni che mi fissavano dall'alto in basso ma che mi sembravano così maledettamente famigliari. Era poco più basso di me, i capelli neri e corti, gli occhiali sul viso e, addirittura, l'apparecchio. Non era bellissimo ma a me bastava. Mi piaceva il modo in cui mi aveva fatta sentire sin da subito, protetta. Il suo sguardo mi rimase in testa per tutto il giorno mentre continuavo a chiedermi il suo nome. Inutile dire che, timida com'ero, scappai immediatamente. Lui, però, mi venne a riprendere e mi chiese di giocare assieme. Non fu facile stare lì e cercare di concentrarmi sulle carte che avevo in mano ma tentai di fare il possibile. Diventammo da subito amici, io e quel bambino e, da quel momento in poi, passammo il resto delle nostre giornate, assieme. Era strano ma stavo bene, mi sentivo bene. Era come se ci completassimo a vicenda, lui copriva le mie mancanze ed io le sue. Le nostre mattinate erano intense a causa delle nostre innumerevoli partite a calcetto, sotto il sole cuocente con, in aggiunta, le nostre penitenze e i nostri lunghissimi bagni. Stavamo bene assieme e tutti ci mettevano pressione addosso chiedendoci se fossimo o meno fidanzati. Si, ci tenevamo costantemente per mano ed eravamo sempre e solo in due ma eravamo amici, lo dimostravano i nostri schizzi in acqua e i nostri scherzi. Un giorno, durante un'ennesima partita al biliardino, il figlio dei proprietari fece una delle sue ridicole battute sul fatto che saremmo stati bene insieme. Ecco, da lì è cominciato tutto. Il mio amico si dichiarò nel momento in cui vinsi la partita. Mi disse che gli piacevo e che, dopo un mese di vacanza, voleva e doveva dirmelo. Rimasi di sasso. Insomma, ci eravamo sempre comportati come se non ci fosse nulla da nascondere, come se andasse tutto bene. Ed ora eccolo lì, con le guance tutte rosse mentre cerca di dirmi cosa sente, per me. Io, che ero solo una bambina che pensava di essere troppo grande e che non voleva crescere. Io, che preferivo un'amicizia duratura piuttosto che distruggere tutto con la mia possessività. Scappai, immediatamente e non mi feci raggiungere. Mi misi nel mio posto segreto e lì rimasi fino alla chiusura della spiaggia, tornai a casa e volli passare la serata da sola. Lui, che mi aveva resa così felice, aveva mandato all'aria tutto. E ora, cos'avrei fatto? Ero una ragazzina, cosa ne potevo e volevo sapere io dell'amore. Insomma, da piccoli ci si concentra sui giocattoli, sulle treccine e sul non far arrabbiare i genitori. Non ero pronta ad affrontare una cosa del genere; era più grande di me e non ce l'avrei fatta, lo sapevo. L'indomani andai da lui e gli parlai ma lui volle da subito scusarsi. L'abbracciai e volli dimenticare il resto. Quell'estate, la mia famiglia decise di restare al mare una settimana in più e festeggiare il mio compleanno, in quel posto che aveva da sempre rappresentato la mia infanzia. Ne ero davvero contenta perché avrei passato più tempo con lui, lui che abitava così lontano e che presto avrei dimenticato. Lui, l'amico che sognavo e desideravo da parecchio. Il giorno tanto atteso, si presentò con un pensierino comprato ad uno sei mercatini del paese. Me lo porse e mi misi a ridere, non l'avrei mai voluto, un regalo. No, non da parte sua. Aveva già fatto tanto per me e mi bastava sapere di averlo per me. Lo aprii e ne scoprii un braccialetto con il mio nome ma, lo sorpresa non era ancora finita. All'interno della scatola, vi era anche un bigliettino con una frase d'amore. In quel momento mi resi conto che tra noi c'era da sempre stato qualcosa di più ma che nessuno dei due aveva mai voluto ammetterlo, soprattutto io. La mia vacanza, però, era finita e sarei dovuta partire quella sera stessa. Gli diedi un bacio sulla guancia e lo lasciai ai suoi pensieri. Presi il mio telefonino e gli scrissi un messaggio, uno di quelli veloci ma pur sempre importanti. E lasciai la spiaggia con troppo rancore. Mi cambiai e tornai al mio paesino. Lui mi rispose dicendomi che si, gli piacevo e avrebbe voluto che rimanessi di più ma no, non poteva funzionare tra noi. Ero piccola ma già me lo sentivo. Lo lasciai, con una voglia immensa di averlo ancora, anche solo una volta. Piansi, perché si, ero una ragazzina ma sapevo come sarebbe andata. Ci scambiammo ancora qualche sms ma tutto si spense, col passare del tempo. Il ricordo di quei giorni passati assieme a rincorrerci sulla sabbia bollente. Le immagini impresse nella mia mente dei castelli di sabbia che potevamo costruire solo io e lui oppure le partite alle biglie in cui, lui, faceva di tutto pur di farmi perdere. Le nostre risate sotto l'ombrellone dei suoi e i complimenti di sua madre. Le foto di quando mangiavamo il ghiacciolo alla 'Coca-cola' e ci macchiavamo dappertutto. I nostri abbracci e le nostre carezze, i nostri tuffi ed il modo in cui mi teneva la mano quando avevo paura. I nostri sguardi complici e fiduciosi. Io e lui credevamo potesse esistere una vita migliore e volevamo raggiungerla, ne avevamo bisogno. Ci lasciammo con amarezza, un'amarezza che per sempre ricorderò. Eravamo troppo piccoli per capire e troppo grandi per tenerci.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 10, 2016 ⏰

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