E' un giorno come tanti. Tutti i giorni le personemuoiono. Tutti i giorni le persone nascono. Tutti i giorni le persone si svegliano. Insomma, tutti i giorni ognuno di noi fa una semplice azione che porterà ad una conseguenza. Per esempio, se la mattina ti alzerai, sarai costretto a vivere, affrontare il sole che ti arriva improvvisamente agli occhi per colpa di qualche fessura della persiana, cambiare il pigiama caldo con i vestiti freddi e ciò che è peggio: affrontare le persone.
Ogni azione corrisponde ad una reazione esplicita o implicita che sia. Che ci piaccia o no, tutte le volte che decideremo di non alzarci, daremo spazio ai pensieri, alla resa. Tutte le volte che decideremo di non svegliarci, perderemo. E io non sono da meno.
Io perdo quasi tutti i giorni. Decido di non svegliarmi, di pensare e di far spazio tra i miei pensieri tutte le frasi più deprimenti che ci possano essere come consono ad un'adolescente. Io non combatto, non lo faccio più, Ho sempre pensato che è inutile. Come me. Vissuto per 16 anni, senza sforzi, senza voglia di portare a termine qualcosa tranne gli studi. Concentrarmi su niente. E non so come, anche senza reagire a niente. Senza reagire agli insulti, ai calci, agli schiaffi, agli spintoni. Ma dando peso ad ognuna di quelle azioni. Un peso che mi ha schiacciata e mi ha portata alla morte. Un peso che non ho mai condiviso con nessuno. Era il miopeso. Mio e di nessun altro.
E' normale per un adolescente tentare di suicidarsi, tagliarsi, farsi del male in ogni modo. E' un'età in cui avvengono molti cambiamenti, sia fisici che caratteriali. E no, non sono gli psicologhi a farti capire queste cose, è la vita che te ne parla. Non è vero che se fai qualcos'altro per distrarti tutto passa. E io ne sono la prova, ma ancora vivente. Ho fatto di tutto. Ho cantato. Ho ballato. Ho nuotato. Ho persino fatto karate. Ho imparato a suonare la chitarra. Ma niente. Non è cambiato niente. Lo sfogo è rimasto dentro di me. Sento ancora il mio corpo somatizzare ogni pensiero negativo, ogni singolo ricordo che continua a divorarmi. Vivere nel passato è sbagliato. Eppure lo fai, senza nemmeno accorgertene. Senza nemmeno accorgermene, il passato continua a cibarsi del mio cervello, lentamente, consumando ogni pensiero. E non lo vorrei, ma continua, continua senza fermarsi.
Viviamo in un'epoca dove le cuffie contano più delle parole di una persona che ci sta accanto, dove la musica ci parla più di quanto lo fa la gente che ci sta intorno. Viviamo in un mondo dove una parola è più dannosa di un virus ai polmoni. Viviamo tra la depressione e nessuno ne parla. Muore più gente di depressione che non di normali malattie... Nessuno prende in considerazione la depressione, perché 'passa'. No. Non passa, se non la distruggi totalmente, torna indietro. E quando torna indietro, non ti curi di nuovo. Non puoi provare ancora le stesse cose. Le forze ti abbandonano e non vuoi più ragionare. Non vuoi più pensarci. Non vuoi ricordare com'è stare bene. Non volevo ricordare com'è stare bene, dopo esserci caduta due volte, per mia colpa. Diamo la colpa agli altri, ma siamo noi a lasciarli fare. Sono stata io a lasciare che mi insultassero, che mi facessero sentire niente, che mi calpestassero... E ora sono qui. Tutti dicono Se continui così dovrai prendere degli psicofarmaci, ma ancora sei giovane, non arrivarci. Non arrivarci? Non l'ho mai voluto. Eppure i tagli ci sono. I pensieri ci sono. Gli ematomi ci sono. E non smetto con almeno una di queste cose. Ma qui non si tratta di me. Qui si tratta di ciò che sento, perché non lo sento solo io, lo sentono tutti. Nessuno escluso. Tutti proviamo almeno una volta nella vita quel senso di abbandono, di un pezzo mancante, di tristezza che sembra non andarsene. E persino ora, sono una di quelle persone che vive tra cuffie, cellulare e computer. E' questo il nostro modo di comunicare. Non ne troviamo di più semplici, quando basta una corsa e aspettare sotto una porta. Ma non vogliamo. Ormai tutto ci fa paura e uno schermo ci protegge.
Siamo a oggi, un giorno come tanti, ho deciso di vivere, ma solo dopo troppo tempo. Mi sono alzata, mi sono rifatta il letto e mi sono vestita, ho sentito il freddo dei jeans invadere il mio corpo e ho visto il sole non accecarmi per le nuvole. Ho sentito mia madre disprezzarmi per il ritardo e ho spazzolato i capelli che stanno allungando dopo un periodo corto. Trucco? Beh, si, come ogni ragazza, il trucco non manca, leggero, molto leggero, ma non manca. Ed ecco il primo cedimento. Ogni giorno molte ragazze si truccano per colpa della loro insicurezza, perché senza si vedono brutte e io non sono da meno. Se non ho almeno un contorno nero nell'occhio, mi sento molto più brutta. Anche se recentemente questo senso di bruttezza sta svanendo. Basta una parola. Una parola ci cambia la giornata, la vita. A me è bastata la sua parola. La parola della persona che è diventata come aria. Tutti pensiamo "Non troverò mai qualcuno che mi amerà" e sicuramente ci sbagliamo.
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Diario di una vita non vissuta.
Aktuelle LiteraturRicordi, vecchi scritti di una me di qualche anno fa. Sono cambiata? Forse no. Lieto fine? Non esiste il lieto fine. La vita non è un lieto fine. Io ero il vuoto. Ora mi sono accorta di non essere così grande. Ora sono solo una ferita aperta.