Capitolo 35

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Sentii un formicolio partire dalle mani attraversare come una scarica elettrica tutto il mio corpo. Forse quello di ieri sera non era stato solo un bacio rubato, uno di quelli dettati dall'inpulso, che non riesce ad essere bloccato dalla ragione. Forse era stata proprio la ragione a portaci a questa situazione.

Tornai sui miei libri, e ricominciai a studiare. Il tempo ha la brutta abitudine di correre nei momenti meno opportuni, non si ferma neanche se lo chiedi in ginocchio, ed è in questi momenti che impari a stargli al passo.

Dopo aver mangiato e studiato ancora un pochino mi coricai nel bel caldo letto. Sapevo che la giornata che sarebbe arrivata in meno di otto ore sarebbe stata decisiva. Quel giorno avrei avuto tutte le risposte che aspetto da ieri sera, tutte le risposte che lui mi deve...ed ero sicura che per una volta sarebbero state quelle che attendevo dall'inizio dell'anno.

Il lenzuolo mi faceva il solletico quando veniva abbracciato dal vento. Mi addormentati con il fruscio delle foglie come sottofondo, il leggero aroma del mare che raggiungeva la mia finestra e la voce degli uccelli...chissà cosa si stavano dicendo quelle creature.

La mattina arrivò lentamente. Appena mi svegliai cominciai a fare tutte le azioni, che erano comprese nella mia routine. E il tempo sembrava non passare mai, scesi in cucina e tranamente trovai solo mio padre con un giornale in mano che mi guardavo strano.

-Papà tutto okay?- gli chiesi.

-Certo. Io sto bene. Ma tu perché sei sveglia a quest ora?- guardai l'orologio e mi accorsi che non erano le sette e un quarto...ma lei sei e un quarto!

Guardai mio padre, guardai l'orologio, guardai mio padre e riguardai l'orologio.

-A questo punto io torno a dormire!- dissi tornando verso camera mio seguita dalla sua risata .

Arrivata in camera capii che non sarei riuscita ad addormentarmi neanche per poco tempo. Allora cominciai a far la lista delle cose da mettere in valigia, e mentre aggiungeva al foglio "spazzolino e dentifricio" suonò la fatidica sveglia.

Dopo trenta minuti sono uscita di casa con lo zaino e le chiavi della moto in mano. Arrivata a suola beccai subito i miei amici, e stranamente da quanto mi aspettavo, trovai lì anche Piero. Ci scambiammo uno sguardo complice, entrambi pensavamo alla stessa cosa. Lo capivo dai suoi occhi, lui lo capiva dai miei. Ma in quel momento non avevo bisogno di leggere i suoi occhi. Avevo bisogno di leggere la sua mente, capire cosa stesse pensando di me in quel momento, cosa stesse pensando di noi...chissà se voleva sapere le stesse mie cose anche lui.

La campanella suonò, ricordandoci che la Menti ci stava aspettando in classe con i suoi artigli affilati.

La lezione di matematica cominciò e la prof non perse tempo a metterci a disagio.

-Ora voglio che facciate tutti gli esercizi di pagina 326. Muovetevi non abbiamo tutta la giornata- e meno male, volevo risponderle. Come faccia il figlio a sopportarla ventiquattro ore su ventiquattro non lo so. Lui e suo marito meritano una statua in marmo.

Cominciai a fare gli esercizi ma non me ne veniva giusto uno. Non ero mai stata brava in matematica, di solito Piero mi aiutava, ma in quel periodo non avevo trovato il coraggio di chiedergli aiuto.

-Scusi signora Menti, è pregata di venire nel mio ufficio- disse il preside entrando dalla porta.

- Non posso lasciare questa banda di dissennati da soli in classe! A presente il casino che possono combinare- disse lei come sempre...quella era una frase che diceva ogni volta che qualcuno la chiamava fuori a parlare.

-Certo che ho prsente- disse lui facendoci l'occhiolino - per questo che ho chiamato questa prof che aveva l'ora buca chiedendole se poteva sorvegliarli mentre lei veniva nel mio ufficio- disse il preside spegnendola.

Non farmi aspettare ||Piero BaroneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora