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Il giorno seguente mi ero rifiutata categoricamente coi miei di andare a scuola. Questi erano tornati verso le sei e, quando mi avevano vista seduta ed immobile davanti alla porta-finestra del salotto, si erano avvicinati preoccupati.

«Keyla, non stai bene?» mi aveva chiesto mia madre accarezzandomi il capo.

Io, che non mi ero nemmeno resa conto del loro rientro a casa, avevo sobbalzato. Pensavo fosse Samuel e, invece, erano i miei genitori.

«Tutto bene, solo... Posso non andare a scuola oggi?» avevo chiesto ad entrambi con gli occhi che, a poco a poco, si riempivano di lacrime.

Mia madre, anche se un po' titubante al riguardo, aveva approvato e mio padre si era limitato a fare un cenno con la testa. Erano finalmente tornati, non sarei più rimasta sola e non avrei più invitato Samuel in casa mia... O questo era quello che pensavo al momento.

Perché ero ferma e seduta davanti alla porta-finestra? Perché avevo bisogno di riflettere e perché volevo vedere coi miei occhi che la macchina nera di Samuel se n'era andata. Probabilmente, se fosse rimasta dove lui l'aveva parcheggiata, sarei scesa.

Quello che era successo tra di noi, non sarebbe più dovuto succedere. Quei baci che ci eravamo scambiati e che, forse, avrebbero potuto portare a dell'altro. Ci eravamo fermati ad un certo punto, avevamo deciso di stenderci sul letto per non fare niente, ma lentamente io mi ero addormentata tra le braccia di Samuel.

Al mio risveglio lui non c'era più, non c'erano i suoi occhi neri ad osservarmi - come avveniva nei classici film d'amore - e non c'era il suo sorriso, quello che avevo visto spesso nascere sul suo volto. Sul mio letto era rimasto il suo profumo, la sua felpa ancora addosso e il posto che aveva lasciato, quello accanto a me, stava perdendo il suo calore. Samuel, comunque, mi aveva lasciato un bigliettino: in una calligrafia poco ordinata e tutto in uno stampatello calcato, aveva scritto Ci vediamo a scuola. -S. Solo quello, nulla di più e nulla di meno.

All'inizio avevo pensavo veramente che lui mi avesse preso in giro per tutto il tempo, era arrivato vicinissimo ad ottenere ciò che voleva; ma poi mi era ritornata in mente sua madre. Secondo Jane, io e suo figlio eravamo come lei e suo marito da giovani, aveva accennato al modo in cui Samuel, dalla cucina, mi guardava e sorrideva. No, Samuel non mi aveva usata per dei secondi fini, non mi aveva baciata perché voleva divertirsi.

Io e Samuel, in ogni caso, avevamo superato un limite che non doveva essere superato. Mi sarei assicurata che non ci saremmo ricascati e, quando mi rifugiai in camera mia, chiudendo la porta alle mie spalle, scoppiai a piangere. Cercai di fare piano, di essere il più silenziosa possibile, e mentre le lacrime rigavano il mio viso mi chiedevo perché. Perché avevo ricambiato i baci di Samuel? Perché lo avevo fatto quando potevo benissimo baciare Ian? Perché avevo già tradito quest'ultimo e perché non ne avevo ancora parlato con Jennifer.

Così afferrai il cellulare dal comodino, mi coprii completamente col lenzuolo del letto e chiamai la mia migliore amica. Non attesi neanche che mi disse un semplice Ciao, le avevo già detto «Samuel mi ha baciata e io ho ricambiato.», subito lei aveva trattenuto il respiro e poi aveva urlato a David: «David, vai pure in classe. Ci vediamo direttamente lì.»

Dopo qualche secondo, col fiato corto e il tono della voce sorpresa mi stava rispondendo.

«Cosa ti è saltato in mente, Keyla?» non era arrabbiata, solo sconvolta dal mio comportamento.

«Jen... Io... Non so che mi è preso.» e ripresi a piangere.

«Vuoi spiegarmi come è successo? Come ci siete arrivati fino al bacio, cosa ti ha detto per farti ricambiare... Tutto!» disse Jennifer tutto d'un fiato. Era naturale che volesse sapere che cosa mi era preso, per quale motivo mi ero spinta a quello.

Qualcosa di nuovo (#Wattys2016) || COMPLETATA ✅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora