•Glitchy - Capitolo uno•

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Era una giornata come le altre, in una cittadina di nome Laga, parte Estiva, negli Skylands.

Il lieve vento, che sembrava essere perenne in quella città, scompigliava i capelli biondi di un esile ragazzo, che si dirigeva verso la sua scuola.

Il cappuccio della felpa grigia, di un po' di taglie in più, copriva gli occhi del ragazzo. Lo faceva per nascondere i suoi occhi... eterocromia, il destro era verde, mentre il sinistro azzurro ghiaccio, come quelli di sua sorella e suo fratello.

Ah, Annie e Zachary! Sua sorella, persa troppo presto, e suo fratello, la persona a cui volette bene di più al mondo... ma era acqua passata. Provava un certo rancore verso il gemello. Così simili, ma così diversi.

Si tolse gli occhiali e si sistemò un po' i capelli che gli entravano negli occhi.
Arrivò a scuola, e come sempre, si mise ad aspettare seduto sul muretto.
Aspettava una ragazza, una ragazza che non sarebbe più tornata là. Era passato un anno, e questo lo sapeva. Ne era passato un' altro, ma era troppo per lui. Come poteva soltanto pensare che la sua amica fosse davvero andata via?

Non voleva altre amicizie, non che non ci siano state proposte da parte dei coetanei, ma lui non avrebbe accettato altri amici oltre a Queen, la sua Queen. Una cotta? No. Era semplicemente sua sorella. Non che avessero legami di sangue, ma era quello per lui.

Si apprestò ad entrare, si sedette e aspettò l'arrivo della Professoressa. Prima ora, Heribiano. Le lingue erano l'unica cosa in cui andava bene. Gli piaceva la scuola, non era un secchione, ma semplicemente voleva dimostrare al mondo che anche lui, Glitchy, poteva farcela.

La Prof. entrò e gli alunni si alzarono. Il ragazzo frugò nella sua cartella in cerca dei suoi compiti, incoscente del fatto che quelli erano sulla scrivania di camera sua.
Evidentemente lo capì, perché si arrese al fatto che gli sarebbe toccato una bella ramanzina, da quella Prof perennemente arrabbiata con lui per qualche motivo ancora sconosciuto al genere Umano ed Heribiano.
"Flynnick Tristan Miller!" Strillava la minuta Professoressa.
'Woah, mi ha chiamato per nome' pensò Glitchy. Di rado non lo chiamavano col suo soprannome "Glitchy". Perchè lo chiamassero così a lui non era noto, ma qualche collegamento con una sua ipotetica esistenza involontaria ci doveva essere.

"Dimenticato di nuovo i compiti, vero?"
Il ragazzo annuì e si prese la sua lavata di capo, per poi passare l'ora a disegnare sugli appunti, mentre la piccola Prof. spiegava e spiegava...
Seconda ora, Inglese umano, e terza, Ferone estivo.
Quarta ora, storia degli Skylands.
L'ora più noiosa di tutte, a suo parere.
E mentre il Professore accennava a Semi enormi, Radici, Fronde e come si passò dallo Skevelineo allo Skyleno, Glitchy disegnava... cosa disegnasse, non possiamo dirlo per certo.
Finchè il foglio non gli venne strappato di mano da qualcuno.

Oh, sapeva chi fosse...
Brendan, un ragazzo che si diceva interessato alle sue "opere"...
Glitchy, che prima si era tolto il cappuccio, lo rimise per non fargli notare le sue orecchie "da pipistrello", come le chiamavano gli altri.
Era un Heribiano, era normale per lui averle così. E nonostante la città ne fosse zeppa, in quella scuola sembravano una specie a dir poco estinta. C'erano solo lui e una ragazzina del primo anno che aveva incontrato altre volte. Il resto erano comunissimi umani.

Brendan non si fece scrupoli, quella volta. Chiese, ad alta voce, in modo che tutti potessero sentirlo: "Che cos'è, Glitchy?"
"Un Upha Yin..." Rispose il ragazzo, calmo, con un filo di voce. Ma se ne pentì amaramente subito dopo.
Quattro o cinque ragazzi si girarono verso di lui: gli altri stavano dormendo con la testa appoggiata al libro.
Brendan prese il ragazzo per il collo. Una reazione abbastanza assurda, non aveva detto nient'altro che due parole, dopo tutto. Già, due parole. Il prof li ignorò, intento a spiegare argomenti che non avrebbero fruttato niente a nessuno, incredibile quanto si perdesse nelle spiegazioni!

Brendan si assicurò che tutto fosse a posto, prima di commettere l'atto.
"Di un po', Glitchy, come fai a sapere come sono gli Upha Qualcosa?"
"Upha Yin..." lo corresse il biondo.
"Quelli." Sibilò il ragazzo, che ormai aveva appoggiato al muro Glitchy. Sempre tenendolo per il collo con la mano destra, si lisciò i capelli nocciola con la sinistra. "Avanti, dimmelo."
"L'ho visto coi miei occhi." Rispose Glitchy, con una nota di tristezza nella voce.
"Oh, sentiamo... e pretendi anche che io ci creda..." Sbuffò Brendan.
"Non ci credere..." Sussurò il biondo. "Saresti tanto gentile da ridarmi il disegno?" Suggerì, aspettandosi una risposta negativa dal suo avversario.
E così fu, ovviamente. Ma almeno lo lasciò, e potè tornare a sedersi.

Quei quattro o cinque lo stavano ancora guardando, ma quando Glitchy se ne accorse loro si girarono e fecero finta di niente.
"Tsk, visto...!" commentò Brendan. "Al massimo, quello che c'è su questo foglio è puro frutto della tua fantasia..."
"Non è vero. L'ho visto, ti dico. Lui ama mostrarsi solo a coloro che ne hanno bisogno." Ribattè Glitchy. "Ridammi il foglio"
"Non così in fretta, Glitchy. Devi dirmi dove l'hai visto, se lo hai fatto. Sai, dicono che chi sia capace di ucciderli diventi immortale..."
"NON TI LASCERÒ MAI UCCIDERNE UNO!" Urlò allora Glitchy, furibondo. Si alzò con l'intento di fare del male al ragazzo, che sedeva al banco vicino al suo...
"Cosa pensi di fare, Glitchy?"
Venne interrotto dal professore: sembrava essersi accorto ora di quello che era successo.
"LUI! VUOLE..." Glitchy si bloccò di colpo, come se tutta la rabbia fosse stranamente sparita. "Lui... vuole..."
Non aggiunse altro, e tornò al suo banco.
Il prof, che era uno dei più calmi, archiviò l'accaduto senza troppe storie.
Finita l'ora, suonò la campanella che annunciava l'intervallo.

***

Glitchy se ne stava disteso sul suo letto, guardava il soffitto in acero, come se ci fosse qualcosa di veramente interessante in esso.
'Non può ucciderlo' Si disse.
'Non ha mai potuto. È lontano. Non c'è più, Glitchy...' si diceva fra se.
Parlava spesso fra sè e sè. Era solo in casa, solo ovunque. E non è che non gli piacesse, ma spesso sentiva il bisogno di parlare con qualcuno.

Un rumore, qualcosa che si rompeva, catturò la sua attenzione.
Poi sentì una voce, la voce di una donna che imprecava. Mossa astuta da parte di una presunta ladra.
Glitchy si alzò, incuriosito. Si avvicinò alla finestra, da dove sentito provenire il rumore.

"Ciao, ragazzino" disse la ragazza.
Doveva avere qualche anno in più di lui, aveva i capelli biondi e una carangione più scura rispetto a quella pallida di Glitchy. Quello che catturò l'attenzione del ragazzo, però, non erano nè il fatto che ormai la sconosciuta lo aveva preso per il collo nè il fatto che avesse due pistole nella cintura, e un grande fucile da cecchino dalla forma piuttosto particolare: Glitchy le guardava il prosperoso seno, messo ben in vista da quel pezzettino di stoffa azzurra e lilla che non bastava di certo a coprirlo. Per non parlare della giacchettina marrone sull'arancione, che non serviva di certo a coprirla.

"Chiamami Kaylee, dolcezza" disse la ragazza. "Ascolta, bello, ci sono delle guardie che mi stanno cercando. Quindi ora devi nascondermi, o sarò io a nascondere te." Disse.
"Senza vita." Aggiunse in fine.
Il ragazzo non rispose, ma si limitò a scuotere la testa negativamente.
"Peggio per te" concluse, estraendo una delle due pistole dalla cintura.
Kaylee, poi, sembrò accorgersi di quello che coglieva l'attenzione del ragazzo, perchè puntò i lucenti occhi blu su di lui, e gli domandò: "Cosa stai guardando, ragazzo?" Ma lo sapeva cosa guardava. Puntò la pistola all'occhio sinistro del ragazzo.
Glitchy smise di guardarla, e restò immobile, come paralizzato. Capì di essere finito. Era lei quella che non si copriva e lasciava in vista tale distrazione, che colpa aveva?
'Bhè... ciao ciao, mondo' pensò. 'Breve vita ma intensa'
"Oh-oh. Sembra che dovremmo dirci addio, bello..." gli sussurò all'orecchio Kaylee.

E gli sparò un colpo nell'occhio.

(VERSIONE VECCHIA) •SkyFates• [NUOVA A BREVE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora