5. Addomesticami

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Valentine

La sera stessa, dopo delle interminabili ore a sopportare le buche della pista, ci fermiamo per montare il nostro campo nella foresta, ultima tappa prima del nostro volo in elicottero verso La Réunion da dove prenderemo il jet per la California, con uno scalo previsto a Parigi, per deporre Aïna e Samuel. Mi chiedo cosa pensare dello scambio con Nils vicino al lago. Ho scoperto che può essere piacevole, anche affascinante, ma paragonato a Samuel o qualsiasi altro uomo, sembra perfettamente inaccessibile; forse a causa del suo fisico. Anche Aïna che ha il contatto facile e ama gli armadi a doppia anta, è in soggezione. E poi non so come prenderlo. Non reagisce mai come mi aspetto. Samuel ha guidato per buona parte del tragitto, restituendo il volante a Nils solo quando abbiamo biforcato a est attraverso la foresta, su un sentiero appena tracciato che serpenteggia in mezzo agli alberi centenari. Aïna mi ha commentato le sue foto, magnifiche, dei lemuri, e abbiamo passato il tempo chiacchierando, senza essere veramente a nostro agio visto tutte quelle orecchie maschili che ci circondano. Mi mancherà davvero, dopo tutto questo. Tante volte le ho proposto di venire ad abitare in California con me, e lo sta prendendo seriamente in considerazione, ma Aïna è una globe-trotter, non riesce a stare ferma. Non importa dove abiti, non resta mai a lungo, quindi non la vedrei comunque più di tanto pure se fossimo vicine di pianerottolo. In ogni modo, nei prossimi mesi, non avrà nemmeno un minuto: lavorerà come una pazza, utilizzando i video e le foto dei trafficanti per montare un video che denunci il bracconaggio e la rovina organizzata sulla sua isola. Spera di venderla a dei canali di televisione grazie a dei contatti dei simpatizzanti delle cause animaliste, delle persone influenti, in Savoia e in Svizzera. Sono sicura che sarà un film fortissimo. - Valentine? mi chiede lei mentre inforno meccanicamente il mio ultimo (e delizioso) boccone di riso al latte di cocco. Va tutto bene. - Hmmm? mormoro appena strappata ai miei pensieri. - Non ti sentiamo più. - Cosa che è sufficientemente inedita tanto da essere anche preoccupante, si lamenta Nils grattando la pentola per finire il contenuto dopo essersi servito già tre volte. - Lei, saper cucinare il miglior vary coco del Madagascar non la autorizza ad essere sarcastico, dico con il mio più bel sorriso tendendogli il mio piatto per averne ancora. - Se chiede così gentilmente... si inclina cedendomi a malincuore l’ultima porzione. Dopo aver lavato i piatti e rimesso tutto a posto, ognuno di noi recupera le proprie coperte, Nils carica il pick-up, mi lancia un tubo di pomata per il mio polso, e Aïna e Samuel si sbrigano a riprendere il loro posto sui sedili. Rassegnata, mi preparo ad affrontare la seconda notte sulla parte posteriore e aperta del pick-up sotto le stelle. Sempre meglio che per terra con i serpenti, i ragni, gli scolopendri e le altre bestiole esotiche. Dopo tutto, la prima notte è andata bene: mi sono allungata, addormentata, risvegliata, in un colpo solo. Spero solamente che i trafficanti non ritroveranno le nostre tracce qui; ci siamo quasi, sarebbe stupido farsi riprendere così vicini all’obiettivo. Mi tranquillizzo ricordandomi che Nils ha scelto questo luogo di appuntamento con l’elicottero per la sua discrezione. Mi arrotolo nelle coperte e mi allungo sulla schiena, con gli occhi persi nella contemplazione della luna il cui crescendo luminoso è come un grande sorriso nel cielo scuro. La foresta è calma e mi lascio cullare dal respiro profondo e regolare di Nils al mio fianco. Lentamente, con il polso curato dalla pomata, mi sento scivolare nel sonno... Mi sveglio in piena notte, improvvisamente oppressa, con un panico inspiegabile che mi annoda la pancia, delle immagini stupide in testa : un orso rabbioso, un serpente peloso, un ragno gigante con un machete per ogni zampa, uno scolopendrio con una faccia grossa come una trappola per lupi. Pelle d’oca. A cinquanta centimetri da me, illuminato dal chiaro di luna, Nils dorme di schiena, sereno, con un braccio sotto la testa, e le coperte scese sulle anche. Approfitto del suo sonno per guardarlo in dettaglio, un modo come un altro per combattere l’insonnia resistente. Eppure avrei fatto meglio a limitarmi alla vecchia tecnica di contare le pecore. Molto più efficace. Perché più lo guardo e meno ho voglia di dormire... Si è fatto la barba e con il suo viso liscio sembra più giovane, meno duro. Si è rifatto le trecce e la sguazzata nel lago ha liberato i suoi capelli della polvere della pista; le sue ciocche di un biondo quasi bianco sono luminose come i raggi della luna. Ha delle belle labbra, sensuali e pallide, che danno voglia di morderle a pieni denti, e un corpo superbo, pesante e muscoloso, ma senza eccessi, una pancia con addominali ben disegnati che chiamano le mie mani per essere accarezzati. In lui, nonostante la sua stazza impressionante, nessuna vena in fuori né bicipiti gonfiati dagli ormoni, tutto è armonioso. Mi perdo nella sua contemplazione lasciando il mio spirito divagare... Quante donne avrà baciato questa bocca? E quante mani accarezzato? È tenero quando fa l’amore? Brutale? Un po’ di tutti e due? Avrà già mormorato “Ti amo” ad una donna accoccolata tra le sue braccia? Difficile da immaginare quando lo si guarda. C’è qualcuno nella sua vita? Samuel non si è fatto problemi, nonostante le circostanze a flirtare con Aïna in macchina, e anche con me mentre lavavamo i piatti. Ma Nils non ha avuto né uno sguardo, né una parola, né un gesto che potesse tradire il minimo interesse personale per noi. Anche il suo massaggio è stato clinico, diagnostico, funzionale. Dal nostro primo incontro nella capanna di tela, è rimasto calmo e professionale, autoritario e imperturbabile. Una vera macchina. E allora? Cosa ti importa? Ti riporterà a casa tutta intera, è quello che conta no? No...? Un rumore nella foresta mi strappa alle mie riflessioni. Mi immobilizzo e tendo l’orecchia. È la mia immaginazione che mi tira un brutto scherzo? No. Nonostante il rumore prodotto dal mio cuore infiammato che ha fatto un vero sprint nella mia cassa toracica, sento chiaramente un fruscio di foglie. Qualcosa si agita tra gli alberi, dalla mia parte. I trafficanti? Un machete che taglia arbusti può fare questo rumore? Non voglio morire! Senza riflettere un secondo di più, spinta da tutto l’ardore della mia paura monumentale, mi rifugio di colpo contro Nils (o più che altro : su di lui). - Huumpff! grugnisce quando atterro senza troppa delicatezza sul suo ventre. Cosa...? - Rumori... rumori negli alberi, sussurro appiattendomi contro di lui. Subito in allerta, tutto il suo corpo si tende e si indurisce sotto il mio. Chiude un braccio su di me e posa una mano sulla mia bocca per farmi rimanere in silenzio. All’ascolto, è calmo, concentrato. Sento il suo cuore battere potentemente ma tranquillamente contro il mio petto, e il suo respiro misurato, solleticare la mia gola. Ha gli occhi rivolti verso la foresta. L’istante si allunga, rimaniamo immobili. Lui osserva gli alberi e io... io, non lo so più. Sono un po’ persa. Ho l’impressione che là dove sono, lontano, molto lontano dal pianeta Terra, non mi può succedere niente di male. Prendo coscienza del calore della mano di Nils sulla parte bassa della mia schiena, delle sue dita sulle mie labbra, del suo odore, soprattutto, che turba le mie connessioni di neuroni fino a rendermi incapace di allineare due frasi coerenti. Improvvisamente, lo sento rilassarsi sotto di me. Il suo grande corpo diventa comodo, accogliente, ritira la sua mano dalla mia bocca per posarla sull’incavo dei miei reni. I suoi occhi grigi, i suoi magnifici occhi grigi pieni di ombre, si aggrappano ai miei, e dice a bassa voce, divertito : - Lepilemurae Hollandorum. - Scusi? mormoro, turbata. È norvegese? - Latino. La sua amica sarebbe felicissima di fare il ritratto a questi visitatori notturni. Tutta una famiglia di lepilemuri, dei lemuri alquanto simpatici ma non sempre facili da osservare, poiché principalmente nottambuli. E piuttosto rari in questa zona; in genere si trovano nel nord del paese. Guardi. Ma non faccia rumore. Si rialza spostandomi dolcemente per farmi sistemare di schiena a lui, tra le sue cosce. Mi appoggio contro il suo petto, il cuore batte veloce, le idee in disordine; il suo contatto mi fa completamente perdere la testa, è pietoso. Ma delizioso. Seguo il suo dito con lo sguardo, che mi indica un’apertura tra gli alberi. Non vedo niente. Sicuramente perché sono troppo turbata di essere tra le sue braccia, e non vedrei neanche un elefante sulle mie ginocchia. Mi schiarisco le idee, cerco di riprendermi dai fremiti che provocano i suoi capelli accarezzando la mia guancia, della dolcezza delle sue grandi mani che imprigionano le mie e che sono arrivate ad accoccolarsi sul mio ventre, del sentimento di invincibilità che mi procura il suo corpo allacciato al mio. Respiro, mi focalizzo sulle foglie e aiutata da dalla luna che esce da dietro le nuvole per illuminarci, intravedo finalmente i lemuri. - Li vede? mi sussurra Nils all’orecchia stringendo le ginocchia sulle mie. - Sì, sospiro, anche se la sua manovra mi ha confuso tanto da perderli di vista di nuovo. Li ritrovo rapidamente e mi dispiace veramente non avere una macchinetta fotografica sotto mano. Si tratta di un piccolo gruppo, accompagnato dai piccoli che fanno vita quasi da marsupiali. Sono buffi da osservare e faccio fatica a non scoppiare a ridere ammirando i loro movimenti. Non sono i lemuri più belli, con i loro occhi rotondi ed arancioni e il loro pelo grigio bruno, ma fanno delle smorfie davvero buffe. Non posso nemmeno svegliare Aïna per farle godere lo spettacolo: il rumore li farebbe fuggire, sicuramente. D’altra parte, egoisticamente, sto bene così, tra le braccia di Nils... Non ho alcuna voglia di rompere questo incantesimo. - Sa parecchie cose sul Madagascar, noto a bassa voce. Le piste, la fauna fino alla gastronomia locale... - Diciamo che conosco bene l’Africa in generale e che mi interesso a tutto ciò che si mangia. - Lei mangia il lemure?! esclamo, sconvolta. - Certo! Con una buona salsa al cocco è delizioso. - Ma... Ma... - Ne posso uccidere uno per colazione, se vuole assaggiare. - Mai! grido cercando di uscire dalle sue braccia. Lei... Lei...! - A volte mangio anche i bambini. Stufati o col ragù, sono squisiti. Silenzio, il tempo che le sue parole facciano il cammino fino al mio cervello. - Oh... Lei... Lei stava scherzando... realizzo alla fine, imbarazzata, smettendo di agitarmi. - Lei mi prende proprio per un barbaro eh? si diverte. E in più ha spaventato i nostri visitatori con le sue agitazioni. A disagio, mi faccio piccola piccola. Minuscola. Microscopica. Ho stupidamente rovinato un istante magico e mi sento una cretina. Nils ha lasciato le mia mani quando mi sono dibattuta e, anche se ne muoio dalla volta, non oso riprendere le sue. Mi meriterei uno schiaffo. Lui si muove dietro di me; immagino che sta per rimettersi a dormire, e non so come rimediare, come ritrovare questo momento perfetto, questa intimità complice. Non posso ragionevolmente restare tra le sue gambe tutta la notte senza una valida scusa. Ma non posso nemmeno saltargli addosso quando non so nemmeno quello che voglio, quello che mi aspetto esattamente. Ma stavo così bene... Nils, sempre efficace, risolve il mio dilemma in un secondo: - Dobbiamo solo aspettare che tornino, dice appoggiandosi comodamente contro il parabrezza (o quello che ne resta) e attirandomi a lui, nel modo più naturale del mondo. Scivolo contro di lui, felicissima, con il respiro corto, e mi appoggio sul suo largo petto. Mi sento bene. Al mio posto. Riprendo le sue mani per riportarle sul mio ventre. Quando le sue labbra sfiorano il mio collo, sorrido alla luna, che contraccambia. Nell’atmosfera calda ed umida della foresta, la sua bocca sulla mia gola traccia una scia di freschezza che mi fa rabbrividire. È dolce, mai esitante, si attarda dietro all’orecchia o nell’incavo della clavicola, là dove la mia pelle è talmente sottile che già solo il suo respiro la fa fremere. Chiudo gli occhi e appoggio la testa da un lato, per offrirgli più pelle. I suoi capelli accarezzano la mia guancia, profumano di acqua di lago e sapone. La sua mano sinistra si libera dalla mia, respinge la mia t-shirt e comincia un lento balletto dalla mia pancia alle mie anche, che sfiora ma non attacca mai la linea delle mie mutandine, poi risale progressivamente verso il mio seno. La sua carezza è incredibilmente leggera e languida, si prende tutto il tempo, sa quello che fa, e la cosa mi piace da morire. La notte si annuncia calda... Il mio cuore si emoziona, per la paura o l’eccitazione, non lo so. Sicuramente per tutte e due. Paura di lasciarmi andare tra le braccia di un uomo che potrebbe stritolarmi con una mano sola. Eccitazione per il fatto che queste braccia siano quelle di Nils, fino a ieri ancora perfetto sconosciuto, ma che in questo istante preciso mi sembra un vecchio sogno, l’incarnazione stessa delle mie prime emozioni, delle mie prime fantasie, quando non ero altro che un’adolescente vergine e ingenua che pensava che amore e sesso fossero la stessa cosa. Alzo le mani sopra la mia testa per passarle tra i suoi capelli; sono spessi e setosi, scivolano tra le mie dita come fossero una sciarpa di seta, un vero piacere. Giro il viso verso di lui per incrociare i suoi occhi, i suoi begli occhi dai riflessi metallici, e lui ne approfitta per baciarmi agli angoli delle labbra. È tenero, più tenero di tutto quello che avrei mai potuto immaginare o sognare. Non mi serve altro per abbandonarmi. La sua mano sinistra è arrivata al mio seno; le gira intorno prima, come per studiare la topografia prima di esplorarli, ed è la che comincia il mio supplizio, un delizioso supplizio. Languo contro di lui, la sua mano destra accarezza le mie cosce, alternando dei delicati arabeschi e dei massaggi sensuali, poi più insistenti. Benedico il cielo per averlo creato ambidestro... Sento il desiderio, potente, scoppiare nel mio ventre, elettrizzare tutto il mio corpo. Ben cosciente della vicinanza di Aïna e Samuel che dormono nella cabina, vorrei rimanere immobile e silenziosa, non svegliarli, ma mi agito e sospiro, e sento che abbiamo cominciato male per la discrezione. Di colpo ho freddo, nonostante le temperature tropicali, e la mano di Nils sembra bollente. La pelle d’oca mi invade, i miei capezzoli si rizzano e reclamano il suo calore. Quindi passa da uno all’altro stringendoli dolcemente; ogni volta che il suo pollice sfiora la mia mammella, una piccola scarica elettrica, squisita, mi attraversa da parte a parte. Quando ne pizzica delicatamente uno, né troppo, né troppo poco, solo quello che serve a farmi decollare, al limite estremo tra dolore e piacere, la cosa mi provoca delle palpitazioni fino alle mutandine, che si bagnano. Cerco di aprire le cosce, per dare un po’ di sollievo ai formicolii nelle mie gambe e nella mia intimità, ma sono bloccata dalle sue ginocchia tirate su, che mi imprigionano. Insisto. La frustrazione decupla le mie forze, ma lui non cede nemmeno di un centimetro. Non mi metterò certo a supplicarlo di prendermi dopo solo cinque minuti di preliminari! Mi ha appena toccata! Eppure il mio corpo trova l’idea allettante e si tende verso di lui. Allora mi sbarazzo della coperta e passo le mie gambe sopra alle sue, in un allargamento impudico che mi consegna totalmente a lui, alle sue mani, proibendomi in questo momento di richiudere le cosce, incastrate come sono dalle sue, che possono addirittura imporre di aprirsi di più. Comunque sia non c’è modo di richiudere niente prima di aver spento questo fuoco liquido che bolle nel mio sesso e si spande tutt’intorno con ondate bollenti. Le carezze di Nils sul mio seno diventano più pressanti, i miei capezzoli malmenati ne vogliono sempre di più, e lui glielo dà. Però, non sembra deciso ad infilare la sua mano destra nelle mie mutandine, per calmarmi un po’... ... Solo un po’, ti prego, Nils. Ma non contento di rifiutarmi questo, mi proibisce anche di toccarlo, bloccando le mie mani nella sua. Il mio corpo si tende, comincio a non sapere più se è solido o liquido, ondulo dolcemente, assaporando lo strusciamento del cotone sul mio clitoride, ben lontano dall’essere soddisfacente. Lotto per digerire la sua mano verso il mio sesso che non ne può più di pulsare e emettere liquido, di chiamare le sue dita, la sua lingua, il suo sesso, invano. Gemo ondulando ancora. Sento Nils sorridere sul mio collo.  - Ti diverti? chiedo. - In ogni caso, mi piace, risponde mordicchiandomi, la sua mano destra comincia (finalmente! Finalmente! Finalmente!) una discesa verso le mie mutandine. Mi inarco sotto la sua carezza, e le sue cosce, indietreggiando, vanno a sbattere contro qualcosa di incredibilmente duro e imponente. Gli scappa un grugnito... - Ti sento, dico a mia volta. La sua mano destra si appoggia brutalmente sul mio sesso per attirarmi a lui, per metterlo più forte contro il suo. La violenza del suo gesto mi strappa un grido di sorpresa e provoca simultaneamente un orgasmo lampo e un movimento di panico. Istintivamente, voglio stringere le cosce ma sono bloccata dalle sue ginocchia che, al contrario, si allargano un po’ di più, obbligandomi a fare lo stesso. Dopo questo breve momento di rudezza, Nils ritrova immediatamente la sua dolcezza, mormora in norvegese, non capisco niente, ma la sua voce è tranquillizzante, i suoi baci teneri, le sue dita dentro le mie mutandine scivolano sulle mie grandi labbra bagnate, e la mia paura se ne va subito; rimpiazzata da un grande desiderio che annoda le mie budella. Ora gioca con il mio clitoride, ci gira intorno, lo accarezza, lo stuzzica. Gemo, ondulo, mi sento volare, sfrego il sedere contro il suo sesso, è talmente bello, non so più se lo voglio sentire in me, davanti, dietro, o se voglio che mi faccia godere con le sue dita, che faccia esplodere il mio clitoride. Gli elastici delle mie mutandine, tesi fino a cedere dalla sua mano e dai suoi movimenti ampi, mi attanagliano la carne, ma non mi importa. Improvvisamente, richiude la ginocchia e le sue mani non sono più né sul mio seno né sul mio sesso. - Stai scherzando?! mi strangolo. Perché hai... Non mi lascia finire; mi prende per le gambe per riunirle, mi solleva il sedere e la mie mutande spariscono; mi alza le braccia ed è la volta della mia t-shirt. Due secondi dopo, vedo volare i suoi boxer nel fondo del pick-up. Come se non pesassi più di una bambola di pezza, mi risistema sopra di lui, il suo sesso palpita tra le mie natiche, le mie cosce sono allargate di fronte alla foresta. Non mi sono mai sentita così nuda e così offerta, così vulnerabile in vita mia. Non ho il piacere di potermi trastullare a lungo sull’indecenza della situazione, Nils riprende esattamente da dove aveva interrotto e il mio corpo reagisce in un quarto di secondo. Le sue dita mi penetrano; prima uno solo, mentre il suo pollice continua a passare sul mio clitoride in fiamme, poi un altro va e viene, e vorrei dirgli che è così bello, tanto bello! Ma le parole mi sfuggono, scappano, mi tradiscono. - È... Io... Nils... Nils...? - Sì? - Niente... Continua... - Ai suoi ordini, principessa. Abbasso gli occhi verso le mie cosce, per guardare la sua mano sinistra che mi penetra, una bella mano larga con le dita lunghe e spesse, che riescono luccicanti da ogni affondo. Delle dita che mi procurano un piacere folle, più intenso di qualsiasi altra notte di sesso che io abbia mai vissuto. Ammiro anche le sue braccia, i suoi muscoli che si arrotolano sotto la sua pelle di un biancore irreale al chiaro di luna, che si tendono ogni volta che le sue dita affondano dentro di me, più forte e più lontano. Questa visione mi eccita ancora di più, e mi devo mordere la mano per non gridare. Senza interrompere Nils toglie la sua mano dalla mia bocca e ci spinge la sua. - Ti farò male, ansimo. - Non ti preoccupare, risponde baciandomi. Ci va talmente forte ormai che il mio corpo si solleva ad ogni assalto, sbattendo contro il suo sesso dritto tra le mie natiche. Il pick-up si muove e scricchiola sulle sospensioni, ma lo noto appena. Sono solo godimento, stupita, persa, scombussolata, ma terribilmente vibrante. Non rifletto più, lo mordo a pieni denti. Non ha neanche un movimento, ma sul mio collo il suo respiro è diventato rauco e più rapido, sento i suoi addominali tesi al massimo contro la mia schiena, le sue cosce dure come la roccia. E ne voglio sempre di più. Ma non da sola. Di colpo, è evidente: non voglio solo che mi faccia godere, voglio che mi prenda, sentire il suo sesso riempirmi, voglio godere insieme a lui. - Nils, balbetto. - Sì, principessa, risponde con una voce un po’ offuscata ma incredibilmente controllata viste le circostanze. - Bellissimo, ma... - Ma...? - Dentro di me, sospiro. Ti voglio dentro di me... Geme e mi stringe ancora incredibilmente forte contro di lui, il suo palmo schiaccia il mio clitoride, il braccio mi toglie il respiro, ma questa volta non mi fa paura, rischia solo di rifarmi godere senza preavviso. - Hai un preservativo? chiede lui in un soffio. - No, dico cercando senza successo di rimettere in ordine le idee. - Faen i helvete! grugnisce immobilizzandosi (e dal tono furioso, non ho bisogno di un dizionario per capire che deve significare “porca miseria!” o qualcosa del genere). - Ma è ok, dico io in un supplizio, tremando di impazienza per averlo finalmente dentro di me. - Sicura? - Sì! La pillola dopotutto serve a quello... Ti supplico, Nils... Allora mi solleva per le anche e, senza più tergiversare, mi fa scivolare lentamente sul suo sesso. Sento il suo respiro bloccarsi improvvisamente, sento le sue mani irrigidirsi e affondare nella mia carne; eppure mantiene il controllo e mi fa muovere con dolcezza. Mi trattiene, impedendomi di scendere troppo brutalmente, perché posso pure essere bagnata e in uno stato di eccitazione irrefrenabile, offerta, aperta, ma Nils è il tipo di uomo ben dotato. Non appena comincia a penetrarmi, rimpiango di non avere più la sua mano da mordere; è bello, è talmente bello sentirlo dentro di me, colmarmi, che non riuscirò sicuramente a trattenermi dal gridare! Quando sono scesa bene a fondo su di lui, resto immobile un istante, per abituarmi a lui e riprendere il mio respiro, cerco di accordarlo al suo. Lui lascia le mie anche e torna a infastidire il mio clitoride, che non aspettava altro, e rilancia la macchina del piacere. Ci muoviamo lentamente, insieme. Di nuovo, volto gli occhi verso di lui per guardarlo... È così bello. Accarezzo il suo viso, seguo la linea della sua bocca, così dolce. La stuzzico. La punta della lingua gioca con le mia dita e ci fa sorridere. Tengo il suo viso tra le mani, lui strofina la guancia sul mio palmo, ed è un momento perfetto, intenso e tenero. Poi riposo le mani da una parte e dall’altra, mi sollevo, ripiego le gambe sotto di me e ondulo su di lui, prima dolcemente poi sempre più forte mentre i nostri sessi si trovano e si addomesticano. Lui si muove sotto di me, ma mi lascia condurre le danze, non si impone, e la cosa mi dà fiducia, comincio a trovare il mio ritmo... e il suo. Lo sento respirare più forte e gemere, e la cosa mi eccita. E che cavolo: io, Valentine, sono capace di fare gemere un tipo come Nils! Mi eccita ancora di più soprattutto perché le sue dita miracolosamente vanno e vengono sul mio clitoride indolenzito, e la sua mano torna sulle mie anche e imprime un movimento più ampio, il suo sesso mi riempie e mi soddisfa. Vacillo tra due stati, il mio desiderio in parte calmato dal suo sesso, ma esacerbato dalle sue dita tra le mie cosce. Non so come fa per fare entrambe le cose così bene ma soprattutto, soprattutto, non voglio che si fermi! È divino, quasi insostenibile, tremo da ogni parte e la tensione mette tutti i miei muscoli in supplizio. - Oh, Nils... Nils... la tua mano... il tuo sesso… Ti prego… - Valentine… ? mi chiede lui appoggiando le sue mani sul mio sesso bagnato, affondando più forte in me, schiacciando il mio clitoride. - Oh! Sì! Sì! Nils! Così! grido senza trattenermi! Proprio così!! Mi prende ancora più forte ed è perfettamente quello che stavo aspettando, alzo le mani per afferrare i suoi capelli, voglio solo una cosa: può portarmi dove vuole, come vuole, ma deve farlo forte! Lontano! Ancora! Ed è quello che mi dà, esattamente, con tutta la forza e la potenza fenomenale di cui è capace, fino all’esplosione, fino al mio doppio orgasmo che ci scuote entrambe, e il suo che ci lascia ansimanti, bagnati, sfiniti... felici? In ogni caso: appagati. Nils affonda il viso sul mio collo, e io tengo una mano tra i suoi capelli, come se non dovessi più lasciarli. Quando le nostre pelli imperlate di sudore si asciugano, Nils apre le braccia che aveva chiuso su di me, e mi solleva per allontanarmi da lui. Io mi abbandono, come una marionetta disarticolata, languida. Lui si allunga e mi attira contro di lui; mi accoccolo sul il suo grande corpo, tremante finché non ci avvolge nella sua coperta. E mi addormento. Durante la notte, una sensazione di freddo mi sveglia. Nils non è più accanto a me. Sono sola nel retro del pick-up. Resto a lungo con gli occhi persi tra le stelle, ma non torna. Finisco con l’arrotolarmi nelle coperte, con la gola stretta, e mi riaddormento...

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