Capitolo 42

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<< Dove mi stai portando? >>
<< Seguimi. >>
Camminammo tra le strade innevate di New York a febbraio; a proteggermi da quel freddo pungente vi erano solo un giubbotto, un paraorecchie e una sciarpa che mi avvolgeva il viso sino all'altezza degli occhi.
<< Adam non correre! Vai piano! >>
<< Muoviti, su! >>
Entrammo attraverso una porta nascosta da una giungla di impalcature di ferro e tavole di legno. Il pavimento dell'atrio, lucidissimo, rifletteva la luce delle lampade ancorate al soffitto.
Camminammo e giungemmo fino a una grande tavola di pietra posta eretta verticalmente, con una grande incisione di un palazzo e la scritta "Empire State".
Fissai Adam stranita;
<< Shh! >> disse tappandomi la bocca con una mano, << non dire una parola. Seguimi. >>
Dopo aver pagato il ticket ed essere passati attraverso il metal detector, finalmente iniziammo la nostra avventurosa scalata attraverso i numerosi ascensori, muniti di una guida, una ragazza bionda con indosso un tailleur nero.
Gli ascensori di New York erano davvero spaziosi e veloci rispetto a quelli che si vedevano solitamente nei palazzi italiani. In una manciata di secondi riuscivano a salire attraverso una trentina di piani, cosicché in men che non si dicesse, si era già arrivati al piano di destinazione.
Ogni qualvolta salivano o scendevano, ci si sentiva mancare la forza di gravità. Trovavo in tutto ciò qualcosa di spettacolare seppur fosse in sé un'esperienza tanto banale.
Dopo essere arrivati all'ottantesimo piano, la guida ci spiegò che ne mancavano altri sei per giungere al terrazzo, sei piani però da attraversare tramite scalinate. Lunghe scalinate.
Nonostante sentissi le gambe cedermi per la fatica, anche perché stavo cercando con tutte le mie doti di resistenza di tenere il passo frettoloso di Adam e della guida, giungemmo finalmente in cima.
Mi avvicinai alla ringhiera e osservai ciò che si trovava in basso, direttamente sotto di noi: sentii il pavimento mancarmi da sotto i piedi; più guardavo giù, più mi sembrava di svenire. Io però continuavo a guardare e ad ammirare. Mi veniva quasi il mal di mare, ma era una bella sensazione.
Capii in quell'istante cosa fosse il sublime.
I grattacieli, quegli enormi giganti di cemento, vetro e ferraglia, si erano fatti tutti piccoli piccoli, quasi insignificanti.
Le loro luci provenienti dalle finestre, le luci del traffico e delle strade, le luci di Times Square, risplendevano tutte nella magnificenza della notte e della sua oscurità.
La luna era in parte coperta da grandi nuvoloni neri e le stelle si vedevano a malapena; all'orizzonte, la piatta distesa del mare giaceva nella sua calma più totale, e qualche faro segnava la rotta alle poche imbarcazioni che vi navigavano.
Rimasi a bocca aperta.
<< È... Bellissimo.... >>
<< Lo so. Avevo riservato questo posto per le occasioni importanti. >>
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo.
<< E questa è un'occasione importante? >>
Egli si fece d'un tratto tutto cupo in volto.
<< Dovevo parlarti di una cosa in tranquillità. Questo è il posto più... Staccato dalla terraferma che conosco, qui c'è solo il rumore del vento, e poi il panorama è bellissimo. Addolcirà un po' le mie parole... >>
Aspettai in silenzio che proseguisse il suo discorso.
<< Vedi... So benissimo come tu ti possa sentire ora per via di... Tuo fratello...
Quando avevo otto anni purtroppo è successa una piccola tragedia in famiglia. >>
Prese un respiro profondo; riuscii a intravedere nel buio il riflesso dei suoi occhi, ora divenuti lucidi.
<< Sai, io avevo un fratellino una volta. Si chiamava Taylor. Era così... Vivace, giocoso, rideva sempre... Riusciva ad allietare le giornate di tutti con la sua risata, anche quando ne passavamo di davvero terribili.
Un giorno mia mamma lo stava portando al nido, lui era nel suo passeggino. Ha... Attraversato la strada e... Una macchina li ha investiti... >>
Iniziò a sorreggersi alla ringhiera con i gomiti, cingendo le mani davanti a sé.
<< Mia madre se l'è cavata con una gamba e qualche costola rotte... Taylor invece non ce l'ha fatta. È morto in ospedale, dopo che tutti i medici avevano letteralmente fatto tutto quello che potevano per salvarlo. Aveva due anni e mezzo... >>
Mi venne spontaneo asciugargli le lacrime e abbracciarlo come non avevo mai abbracciato nessuno.
<< ... Ci è voluto molto tempo per superare questo trauma. È per questo che i miei hanno deciso di far nascere Belle dopo così tanto tempo... Abbiamo rielaborato il lutto anche con l'aiuto di uno psicologo e poi, piano piano, abbiamo ricostruito da capo la nostra vita. >>
Iniziai ad accarezzargli il braccio per confortarlo. Sembrava molto toccato dal racconto.
<< Alice... Non hai idea di quanto tu sia fortunata anche solo a sapere che tuo fratello avrà speranze di sopravvivere. Noi invece siamo entrati in ospedale già con la consapevolezza che Taylor non se la sarebbe cavata, accompagnati comunque da una grande illusione che continuasse a vivere e che poi, purtroppo, si è spenta. Il suo corpicino era davvero ridotto malissimo, e troppo  debole per reagire. Era così... Piccolo... Aveva ancora tutta la sua vita davanti. È stato con noi per poco tempo, ma quando se ne è andato ha lasciato un grande vuoto in tutti noi. >>
<< Immagino... Anzi, scusami, >> mi corressi, << non posso immaginare. Non ho mai vissuto una situazione del genere. Mi dispiace... >>
<< È tutto apposto, Alice. È passato tutto, circa. Non torneremo mai la famiglia Davis di una volta, ma quasi. Lo scorrere del tempo in questo caso ci ha aiutato molto. Ha rimarginato quasi tutte le ferite. >>
<< Belle lo sa? >>
La domanda mi venne spontanea; infondo lei era l'ultima venuta al mondo della famiglia.
<< No... È ancora piccola, non capirebbe. >>
Volse lo sguardo verso di me: i suoi occhi erano divenuti rossi e gonfi, le sue guance erano rigate da rivoletti di lacrime.
<< ...Non volevo risvegliare in voi questa memoria. Mi dispiace. >> sussurrai dispiaciuta; << Ho visto tua mamma molto triste ieri. >>
<< Stai tranquilla. È giusto rielaborare il dolore... Ma non è giusto dimenticare. La memoria farà sempre vivere Tay in noi. >>

Contemplammo ancora il panorama in silenzio per una restante mezz'ora; le sue parole mi avevano zittita, mi avevano tolto ogni parola di bocca. Mai avrei immaginato che Adam avesse potuto vivere e superare una situazione del genere; mai avrei pensato che i suoi genitori avessero potuto oltrepassare il trauma, cicatrizzare quella ferita così profonda della perdita di un figlio. Dei genitori così allegri, solari e amorevoli come lo erano loro.
Non lo avrei mai detto.

Teal and Orange (sospeso) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora