Capitolo 7

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7.

Martina  varcò la porta di casa per andare a scuola, erano le otto del mattino, quando si fermò di scatto.
Lui era lì, fermo davanti a lei con quell'auto fantastica. La fissava, intensamente, con uno sguardo misterioso fuso al desiderio di possesso, di passione, di lei. Dormiva poco, molto poco...ed era rimasto lì, ad aspettare che uscisse.
Indossava gli stessi abiti della sera prima, tranne per la giacca e la camicia, che aveva sbottonato, lasciando intravedere il suo petto.
Lei era incantata, ferma, con il cuore che batteva senza fermarsi un'attimo, dopo quel bacio...non riusciva quasi a guardarlo. Sentiva ancora quel sapore sulle sua bocca. Il sapore metallico del sangue, il sapore umido della sua lingua, il sapore dolce-amaro di quelle labbra rosse, carnose. Sentiva ancora la stretta di quel morso sulla sua bocca, sentiva quei denti che sembravano quasi affilati. Percepiva ancora il suo tocco sulla sua pelle, quelle mani che vagavano dappertutto, toccandole ovunque...e percepiva ancora quei brividiprovati.
«Questa mattina niente scuola, vieni con me» le ordinò, sbattendola all'auto, per poi lasciarle un bacio violento, aggressivo, un bacio da far tremare le ginocchia. Martina non aveva più fiato, era come se le avesse risucchiato tutte le forze. Si teneva a lui, che con il respiro affannato le stringeva i fianchi, respirando a fatica.
«Buogniorno eh...» mormorò Martina, con un sorriso stampato sul volto. Gli piaceva, tanto, troppo.
«Buongiorno piccola» disse, accarezzandole con una vena di dolcezza il viso.
«Voglio portarti con me, niente obbiezioni» disse con un tono serio, facendola salire in auto.

Per tutto il viaggio lei non aveva fatto che fissare il suo profilo perfetto, era bellissimo, troppo per essere vero.
«Dove mi stai portando Christian?» le domandò, distogliendo lo sguardo da lui, che si era voltato verso di lei.
«Mhh...sai, certe cose non si possono dire esplicitamente, meglio che lo capisca da sola» mormorò compiaciuto, con voce che prometteva qualcosa, qualcosa di diverso.
Quelle parole fecero salire il cuore in gola a Martina, che si portò una mano al petto, poi deglutì senza rispondergli.
«Che c'è, non rispondi?» disse  divertito, sorridendole in modo mozzafiato, mostrandole quei denti bianchi come il latte, canini affilati, che le fecero alterare i battiti cardiaci.
«Non so cosa risponderti, visto che non so dove mi stai portando» rispose, con una vena di ironia nella voce.
«Lo scoprirai presto, molto presto...»  ancora una volta sentì quei brividi percorrerle il corpo.
«E va bene» mormorò, stringendosi nelle spalle con innocenza. Lui annuì, con un'espressione ironica, ma concentrata sulla strada difronte a lui.

La macchina accostò davanti una villetta.
Martina alzò lo sguardo, fissando quel giardino, coltivato e curato alla perfezione. Christian  non disse parola, mentre la scortava per il viale di quel giardino, per poi entrare in quella casa.
Le mura erano rivestite da legno scuro, ma perfettamente lucido. Le tende erano rosso scuro, in raso, librerie in legno che custodivano chissà quali meraviglie letterarie.
I divani erano rivestiti da velluto rosso, illuminati da un camino acceso dal quale si udiva lo scoppiettare del legno.
Era un'atmosfera rilassante, ma allo stesso tempo inquietante. Tutto richiamava il rosso, il colore scuro, ovunque si girasse. Ma non sapeva ancora di chi era quella casa, forse...era quella di Christian.
«Benvenuta in casa Amato» disse compiaciuto, fissandola intensamente.
Continua.

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