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Edward era appostato da mezz'ora davanti casa di Jane, voleva accompagnarla a lavoro. Stava pensando a quello che gli aveva detto il giorno precedente, a quanto fosse ancora piccola e indifesa e a quanto fosse stata obbligata a crescere prematuramente.
La maggior parte dei ragazzi del regno di Aproth erano obbligati a crescere velocemente per dare una mano alla famiglia, ma avevano comunque la loro libertà. Jane, invece, era stata obbligata a crescere prima e più velocemente della media. Inoltre lei non dava una mano alla sua famiglia, lei portava avanti una famiglia che non era nemmeno la sua.
Edward poteva benissimo restare a dormire ancora un po' prima di andare a lavorare, ma aveva preferito alzarsi prima e aspettarla.
Jane si stava alzando proprio in quel momento. Fece tutto quello che faceva ogni mattina e per la prima volta si mise il rossetto senza sbuffare. Jonathan era rimasto nella sua camera e per lei non poteva andare meglio. Prima di uscire di casa non alzò il cappuccio come al solito. Appena aprì la porta ebbe una delle rare sorprese della sua vita, fino a quel momento: Edward era lì, per lei, e la stava aspettando. Il viso le si illuminò all'istante.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese.
«Ti accompagno a lavoro, non è ovvio?»
«No, per nulla.»
Si sorrisero e cominciarono a camminare. Jane pensò che forse aveva trovato un amico al di fuori della locanda.
«Niente cappuccio oggi?» notò Edward.
«No, non posso farmi influenzare troppo da ciò che pensa la gente, basta paranoie.»
«Ne sono felice.»
Era straordinario come con una sola frase Edward riuscisse a far sorridere Jane, che nella sua vita non aveva avuto molti motivi per sorridere.
«Poi, ieri, quando sei entrata a casa, ti ha fatto qualcosa?» chiese il ragazzo riferendosi a Jonathan. Si sentiva ancora male ad averla lasciata lì con lui.
«No. Te l'ho già detto, non mi fa del male.»
Edward tirò un sospiro di sollievo.
«Tu non farai tardi a lavoro?»
«Io inizio dopo di te.»
Jane ne rimase stupita. Era una bella cosa, quella che Edward stava facendo per lei. Arrivarono davanti la locanda.
«Allora passo a prenderti dopo.»
«No, non ce n'è bisogno. Vado a palazzo, dopo.»
«Come mai?»
«Marie non torna da un bel po', voglio andare a salutarla.»
«Oh, va bene. Se vuoi posso anche accompagnarti lì.»
«Non è necessario, davvero. Hai già fatto tantissimo per me.»
«Non è un problema, non preoccuparti.»
«Andrò da sola, Edward. Grazie tante, ma non ce n'è davvero alcun bisogno. Ci vediamo.»
Edward la salutò con un cenno della mano mentre lei entrava nel locale, poi se ne andò.
«Buongiorno.» disse Jane entrando e i suoi amici la salutarono.
«Ti ha accompagnata lui?» chiese Raphael.
Jane annuì, togliendosi il cappotto. «Sì, si è fatto trovare davanti la porta.»
«Ma è una cosa bellissima!» esclamò Charlotte.
«Cosa gli hai detto adesso?» chiese ancora il ragazzo.
«Nulla di particolare, perché?»
«Perché ci è rimasto malissimo, si vedeva dagli occhi. Era, come dire, deluso, forse.»
Jane ci pensò, ma non se n'era accorta, non sapeva cosa pensarne. In effetti, Edward era davvero rimasto deluso. Magari, in fondo, sperava che gli chiedesse di accompagnarlo, cosa che non era successa.
«Non... Non lo so.» disse loro.
«Cerca di rimediare. Potrebbe diventare un buon amico.»
"Lo spero." pensò Jane. Invece di dirlo, però, raccontò loro di quello che Edward aveva fatto con Jonathan.
«Ti vuole bene.» le disse Raphael.
«Non fartelo scappare.» continuò Charlotte.
Jane si limitò ad annuire.
***
«Ragazzi, ci vediamo domani.» salutò Jane.
«Certo, passa una buona giornata!»
Jane uscì dalla locanda e cominciò a camminare verso il palazzo. Non era molto distante da quel punto. Dopo un paio di minuti cominciò a sentirsi a disagio, tutti la guardavano. Stava quasi per mettersi il cappuccio, ma pensò che quella mattina non aveva avuto problemi senza. Il perché era semplice: quella mattina era con Edward. Si pentì subito di aver rifiutato la sua proposta, ma ormai era fatta.
La strada più breve per arrivare a palazzo era piena di piccole vie deserte che la fecero rilassare. C'erano solamente un paio di case e quasi tutte erano disabitate. Jane pensò che fosse un buon posto dove nascondersi, quello.
Una volta arrivata a palazzo entrò dall'entrata secondaria, quella per le cameriere. Ogni volta trovava Marie lì, soprattutto a quell'ora. Probabilmente stava cucinando. Jane ricordava anche che, da piccola, certe volte Marie la portava con sé e la faceva stare lì.
Bussò e fu proprio Marie ad aprirle.
«Jane!» la salutò e le carezzò i capelli. «Come stai, tesoro?»
«Bene, grazie.»
«Come vanno le cose a casa?»
«Al solito.»
«Sei uscita ora da lavoro?»
Jane annuì.
«E Jonathan?»
«Lui non cambia.»
Marie sembrò sconsolata, come se non capisse perché suo figlio si comportasse in quel modo.
La porta che portava nel castello si aprì, rivelando un ragazzo alto, riccio, vestito per bene. Era William Cooper, il principe.
«Marie, sopra è caduto un bicchiere, potresti andare a pulire?»
«Immediatamente.» rispose la donna e sparì nel castello.
Jane stava per andarsene, quando la voce del principe la fermò.
«Tu chi sei?»
«Mi chiamo Jane Barlow, vivo con la vostra cameriera.»
«Come mai sei qui?»
«La vostra cameriera Marie non torna a casa da un più di una settimana, volevo salutarla.»
Il principe annuì. «Siediti, non stare davanti la porta. Potremmo parlare un po'.»
Jane prese una sedia e si sedette, cosa che fece anche il principe William.
«Quanti anni hai?» le chiese.
«Diciassette, signorino.»
«Per l'amor del cielo, ho diciannove anni, non chiamarmi signorino! Riesco a sopportarlo a malapena quando mi chiamano le cameriere così, ma da una ragazza della mia età non lo tollero!»
Il tono del principe non era stato severo, tutto l'opposto. Voleva far sentire a suo agio la ragazza.
«Non ti ho mai vista da queste parti.»
«Non vengo spesso.»
«Come mai?»
«Non ho molto tempo da perdere.»
«Lavori?»
Jane annuì. Marie comparve di nuovo nella stanza e rimase davanti la porta vedendo i due ragazzi parlare.
«Vi lascio sole. È stato un piacere conoscerti, Jane.»
«Piacere tutto mio.»
I due si alzarono e il principe andò via.
«Di cosa avete parlato?» chiese la donna.
«Nulla di particolare. Adesso devo andare, ci vediamo.»
«Certo piccola, passa una buona giornata.»
«Grazie.»
Jane uscì e ritornò a incamminarsi, questa volta verso casa. Il principe, intanto, la guardava andare via da una finestra del palazzo, mentre pensava a quanto fosse carina. Quando non la vide più decise di andare da Marie.
«Come posso esservi utile?»
«Siediti, Marie, voglio solo parlare.»
La donna obbedì. Rimase sorpresa da quello che il principe le stava chiedendo, ma gli diede comunque tutte le risposte che voleva. Il tema della conversazione era Jane.
***
Edward era nel suo letto. Stava pensando al rifiuto di Jane. Era entrato troppo velocemente nella sua vita, l'aveva stravolta, era ovvio che adesso volesse allontanarlo. Si diede dello stupido, ma subito dopo pensò che non voleva perderla.
Suo fratello, Damien, entrò nella sua camera.
«Cosa c'è?» gli chiese.
«Sotto c'è una ragazza per te.»
A Edward brillarono gli occhi.
«Dice di chiamarsi Rosie.»
«Mandatela via, santo cielo! E ditele di non presentarsi mai più qui! Non voglio sposarla, diamine, che se lo metta in testa!»
Rosie era una ragazza che aveva conosciuto in una locanda, un po' di tempo prima. Lui le aveva fatto qualche domanda e lei non se ne era più dimenticata.
Damien se ne andò per riferire ciò che Edward gli aveva detto. Quest'ultimo si aspettava Jane, ma si era solamente illuso. D'altronde, la ragazza non sapeva nemmeno dove abitasse.
Dopo dieci minuti il fratello ritornò in camera.
«Adesso che c'è?» chiese Edward.
«Nulla, volevo solamente parlare con il mio fratellone, come ai vecchi tempi.»
Edward si mise seduto sul letto e invitò Damien a sedersi accanto a lui.
«Che succede?»
C'era stato un periodo in cui i due fratelli si dicevano tutto, poi Damien aveva cominciato a crescere e si era allontanato sempre di più da Edward. Ecco perché il maggiore sapeva che il fratello aveva qualche problema.
«Sei mai stato innamorato?»
Edward rimase sorpreso da questa domanda.
«Perché me lo chiedi?»
«Perché forse lo sono.»
«Non è una brutta cosa.»
«Neanche quando lei è già promessa a qualcuno?»
Edward restò in silenzio per un paio di minuti. Odiava le promesse, non aveva senso promettere una ragazza a qualcuno, principalmente perché la maggior parte delle volte i due non si amavano, ma anche perché una persona aveva il diritto di scegliere con chi passare il resto della sua vita.
«So cosa stai pensando.» gli disse Damien ed era vero. Tutti sapevano quello che Edward pensava sulle promesse. Una volta, a diciassette anni, avevano cercato di promettergli una ragazza, ma lui si oppose con tutte le sue forze e alla fine ci rinunciarono.
«Ha anche lei diciassette anni.»
Per un secondo nella mente di Edward lampeggiò il nome di Jane, ma poi si rese conto che era impossibile: lei non era promessa a nessuno o gliel'avrebbe detto.
«È bellissima, Edward, è così dolce...»
«Come l'hai conosciuta?»
«L'ho trovata seduta per strada che piangeva. Mi sono avvicinato e le ho chiesto se c'era qualcosa che non andava. Lei mi ha detto di lasciarla stare, era soltanto stata promessa... Da quel giorno ci incontriamo in piazza, spesso. Siamo diventati amici... Ho scoperto che l'hanno promessa a un uomo di trent'anni solo perché vive un po' meglio.»
Nessuno dei due fratelli parlò per due minuti.
«Se c'è una cosa che posso dirti è di combattere, se la ami davvero, ma non fare cose stupide.»
«Grazie fratellone.»
«Fatti valere.» gli disse Edward dandogli una pacca sulla spalla.
«Tu come sei messo?»
«Io... Ho un'amica.»
«Sicuro sia solo un'amica?»
«Sicuro.» gli rispose annuendo.
«Comunque per tutta la settimana prossima mamma e papà non ci saranno, devono andare non so dove per lavoro. Approfittane: avrai tutta la casa libera, potresti portare qui la tua amica, potrebbe diventare qualcosa in più, no? Io di certo non ti dirò nulla se la porti qui.»
«Oh, ma smettila di pensare a queste cose! Hai diciassette anni! Non ci penso nemmeno io che sono più grande!»
«Non ci pensi, ma ti sei già dato da fare, vero?»
«Sparisci da questa camera, Damien Norton!» gli disse Edward e entrambi scoppiarono a ridere.
«Tanto lo so già, è impossibile che tu non l'abbia ancora fatto!»
Edward lanciò il cuscino contro il fratello, lo colpì e Damien uscì ridendo dalla stanza.
Cominciò a pensare che magari avrebbe davvero potuto portare in casa Jane, ma non per quello che pensava Damien. Semplicemente per passare un po' di tempo insieme e per darle un po' di pace da Jonathan.
***
Jane arrivò a casa e quasi non vomitò appena entrò. Dalla camera di Jonathan arrivavano delle grida, femminili. Decise di andare via, non avrebbe retto a lungo dentro quella casa in quelle circostanze. Uscì di nuovo, ma non sapeva dove andare. Magari le sarebbe piaciuto andare da Edward, ma non sapeva dove vivesse. Le sembrava stupido chiedere alla gente per strada, l'avrebbero presa per pazza.
Decise di girare a vuoto. Cominciò a camminare, ma dopo un paio di metri sentì qualcuno gridare il suo nome. Si voltò e un sorriso le spuntò tra le labbra, quel ragazzo era speciale. Le stava correndo incontro con un po' d'affanno.
«Jane, fortunatamente sei ancora qui.»
«Mi cercavi?»
«Sì, volevo proporti una cosa. Entriamo, così te ne parlo.»
«No, non credo sia una buona idea.»
«Perché?»
«Diciamo che Jonathan ha un ospite. Lascia stare. Possiamo fare un giro.»
«Va bene.»
Subito dopo aver parlato con il fratello, a Edward era venuta quest'idea. Ne aveva già parlato con Damien e poi era subito corso da lei. Letteralmente.
«Dimmi tutto.»
«Vedi, settimana prossima a casa io e mio fratello saremo soli, i nostri genitori andranno via per lavoro, così pensavo che, magari...»
Jane lo incitò a continuare.
«Ti va di venire a stare da me?»
«Cosa?»
«Solo per quella settimana, tanto per farci compagnia a vicenda. Io non starò da solo con mio fratello e tu non resterai con Jonathan.»
«Edward, io... Io non ho mai fatto niente del genere.»
«Non faremo nulla di particolare, te lo prometto. Una breve convivenza fra amici.»
Jane ci pensò sù. Voleva seriamente andare a vivere in una casa con due ragazzi, di cui uno lo conosceva da due giorni e uno non lo conosceva? Ovviamente no, ma in fondo sapeva di potersi fidare di lui. Il suo istinto non sbagliava quasi mai.
«Quanto tempo ho per pensarci?» chiese alla fine.
«Praticamente un giorno.»
«Cosa?! Stai scherzando?!»
«No, domani è domenica, i miei vanno via domani sera.»
«Va bene, ti farò sapere, allora.»
«Bene! Come è andata oggi a palazzo?»
«Bene, abbastanza bene. Ho incontrato il principe.»
«Oh. Come ti è sembrato?»
Edward aveva già cambiato la voce. Nel momento stesso in cui Jane gliel'avevo confidato, lui aveva sentito un moto di gelosia dentro di sé.
«Indubbiamente bello, anche un po' simpatico. Beh, poi ha sempre quel portamento...»
«E ti piace?»
Edward non riuscì a trattenersi e Jane rimase sorpresa da quella domanda, ma rispose ugualmente.
«No. Cioè, prima di tutto è irraggiungibile, è il principe... E poi proprio no, non mi attirano quei modi, non mi sono mai piaciuti.»
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo senza nemmeno accorgersene.
«E ti piace qualcuno?» le chiese osando.
«E a te?» rispose invece Jane.
Edward le sorrise divertito.
«Comunque no, non credo.» disse poi la ragazza.
«Nemmeno a me.»
I due ragazzi stettero un paio di minuti in silenzio, poi a Jane venne un'idea.

||spazioautrice||
Buongiorno! Cosa ne pensate del capitolo? Spero vi piaccia. Io, intanto, sono stata molto occupata con MindNode, un'app per le mappe semplicemente fantastica. Questa è la mappa di Kalos:

L'ho messa in modo che non possiate leggere tutte le mie idee u

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L'ho messa in modo che non possiate leggere tutte le mie idee u.u   Vi basta sapere che tutte le cose che devono accadere si trovano sul ramo rosso, che è ancora piccolino, visto che non è nemmeno per metà storia 😅 ho tante idee!! Va bene, ora evaporo e vi lascio in pace, al prossimo capitolo!
~Rob❤️

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