Jane si svegliò. Aveva passato una notte abbastanza tranquilla, nonostante il freddo. Andò in bagno e si lavò, poi si cambiò, mise il solito rossetto e andò in cucina. Si mise a pulire velocemente gli scarti della sera precedente non accorgendosi di Jonathan che stava arrivando. Infatti, quando il ragazzo si mise dietro di lei e le toccò le spalle, sobbalzò, girandosi.
«Smettila, non vedi che sto pulendo? Potresti provarci anche tu qualche volta.» sbuffò, ma il ragazzo le si avvicinò
«Spostati, non sei ubriaco stamattina.»
«Non c'è bisogno di essere ubriaco per desiderarti.»
«Non dire queste sciocchezze.»
«È la verità, Jane. Guardati: sei così dannatamente provocante...»
Jane, per la prima volta, cominciò a spaventarsi.
«Ti prego, resta con me oggi.» le sussurrò toccandole una coscia e il seno. Le sue mani la raccapricciarono.
Jane velocemente prese una padella dietro di sé e gliela sbatté in testa. Jonathan finì a terra e lei mise il cappotto, per poi uscire velocemente di casa. Tirò un sospiro appoggiando la fronte sulla porta.
Edward la aspettava già da un po' e stava iniziando a preoccuparsi. Così, quando la vide uscire, le si avvicinò e le poggiò una mano sulla spalla.
«Non toccarmi!» urlò la ragazza spostando la mano e scoppiando in lacrime. Si accasciò a terra con la schiena contro la porta. Edward si sedette vicino a lei.
«Jane, sono Edward, non devi avere paura di me, calmati.»
La ragazza continuò a piangere, le sembrava di avere ancora le mani di Jonathan su di lei. Edward stava per andare nel panico, non sapeva cosa fare.
«Va bene, Jane, ascoltami bene. Smettila di piangere, va bene? Sono Edward, con me non hai nessun motivo di piangere.»
Il ragazzo non aveva idea di quante volte avesse ripetuto la parola "bene", ma non gli importava. Lei si calmò e prese dei respiri profondi, poi si asciugò la faccia.
«Scusami, scusami tanto, io non volevo...»
«Cos'è successo?» le chiese Edward.
«Niente...» rispose Jane scuotendo la testa.
«Non mentirmi, non faresti così senza motivo.»
La ragazza rimase in silenzio.
«Dimmelo, Jane. Di me puoi fidarti, lo sai.»
«Jonathan...» sussurrò.
«Cosa ha fatto?»
«Lui voleva portarmi a letto, penso, e mi ha toccata...» disse con un filo di voce e delle lacrime le solcarono nuovamente il viso.
Edward rimase immobile, non sapeva cosa fare, sapeva soltanto di essere infuriato con Jonathan.
«Non l'aveva mai fatto e mi sento stupida nel raccontartelo piangendo, io non sono una che piange e odio farlo adesso.» continuò Jane e gli si strinse il cuore.
«Piangere fa bene, sfogati, non devi tenerti tutto dentro. È tutto passato adesso, con me sei al sicuro.» le disse. «Adesso perché non entriamo e ti lavi il viso, eh?»
«Non voglio entrare lì dentro.»
«Sei con me, non ti farà nulla.»
«Arriverò in ritardo a lavoro.»
«Non fa niente. Parlerò io col tuo capo, se serve.»
Jane gli sorrise debolmente, era bello avere qualcuno su cui poter contare. Si alzò, subito seguita da Edward, ed entrò lentamente in casa. Jonathan era ancora steso a terra.
«Perché è così?» chiese il ragazzo, mentre si tratteneva dal dargli un calcio.
«L'ho colpito con la padella. In testa. Spero di non averlo ucciso.»
«Non credo.»
I due si diressero verso il bagno e Jane si sciacquò il viso, facendo andare via tutto il rossetto.
«Scusami, io... Io devo rimetterlo.» disse lei.
«Sei a casa tua, non devi scusarti.»
Jane non ci rifletté molto. Andò in camera sua e mise di nuovo il cosmetico sulle labbra.
«So che magari adesso non è il momento migliore per chiedertelo, ma cosa hai deciso riguardo a... A venire da me?»
Jane si fermò con la mano a mezz'aria: non ci aveva più pensato, ma non poteva sprecare un'occasione del genere per allontanarsi da Jonathan.
«Vengo.» disse, facendolo sorridere.
Jonathan le aveva sempre dimostrato di avere un certo interesse per lei, ma quel giorno aveva davvero esagerato. Di certo, l'ultima cosa che Jane voleva era restare a casa con lui.
«Solo che adesso non ho preso niente...»
«Li prenderemo dopo pranzo! Passo dalla locanda e veniamo a sistemare alcune cose, poi potremmo metterle nella nostra casa, perché ovviamente non possiamo portarci dietro tutti i tuoi vestiti.»
«Sì... Stavo pensando anche a un'altra cosa.»
«Cioè?»
«Dopo pranzo dovremmo andare a palazzo, devo pur dire a Marie che vado via. Almeno, se torna e non ci sono, sa dove mi trovo.»
«E devo venirci anch'io?»
«Sì, non mi va di andarci da sola e voglio fartela conoscere.»
«Va bene.» sospirò Edward.
Uscirono di casa e si misero a camminare, mentre lui cercava di farla ridere. Appena arrivarono davanti la locanda si salutarono.
«Ti passo a prendere dopo, buon lavoro.» le disse il ragazzo.
«Grazie, a dopo.»
Jane si girò per entrare nel locale, ma si fermò.
«Succede qualcosa?» le chiese Edward.
Lei si girò e si avvicinò a lui. Si alzò leggermente sulle punte e si mise accanto all'orecchio del ragazzo.
«Grazie, per prima, intendo.» gli sussurrò e si sporse leggermente per lasciargli un bacio sulla guancia.
Appena si scostò l'imbarazzo la assalì, così, rossa in viso, gli fece un gesto con la mano ed entrò nella locanda. Edward continuò a camminare con un sorriso stampato in faccia.
***
«Quello cosa diavolo era?!» le chiese Charlotte non appena Jane entrò.
«Nulla.»
«Era un bacio.» disse Raphael.
I due ragazzi avevano assistito a tutta la scena dall'interno, ovviamente.
«Sulla guancia.» precisò Jane, che si stava imbarazzando di nuovo.
«Questi sono dettagli.» ribatté l'amica.
«Non esattamente.»
Come sempre cominciarono ad arrivare i soliti uomini e iniziarono a lavorare.
Dopo mezz'ora la locanda era già piena e c'era molto baccano, come sempre. Jane andò un attimo in cucina a bere, ma sentì troppo silenzio provenire dalla sala. Incuriosita, tornò in sala, rimanendo bloccata proprio come tutti gli altri: stava entrando il principe William. Non poteva esserci niente di più strano in quel momento.
«Principe, è un onore avervi qui, come posso esservi utile?» chiese Charlotte.
«Vorrei una cioccolata e preferirei essere servito da lei, grazie.» disse il principe indicando Jane. La ragazza inarcò le sopracciglia: era il principe, ma non per questo aveva il diritto di scegliere perfino chi dovesse portargli la sua cioccolata. Al contempo, però, era curiosa del perché avesse scelto proprio lei.
Il mormorio ritornò nella locanda e poco dopo ci fu di nuovo il rumore di prima.
Raphael preparò la cioccolata e la diede a Jane.
«Servi pure il beniamino.» le disse e lei ingoiò a vuoto.
«Ecco a voi.» disse poggiando la tazza davanti al futuro Re, che aveva scelto un tavolo abbastanza vicino al bancone.
«Siediti.»
«Mi dispiace, ma sto lavorando, non posso stare seduta.»
«Ti ho detto di sederti, non corri alcun problema.»
Jane lanciò un'occhiata a Raphael, che dal bancone aveva ascoltato tutto. Lui le annuì e lei, quindi, si sedette.
«Così lavori qui...»
«Sì, è un lavoro modesto, ma mi permette di vivere.»
Il principe annuì. Ci fu un attimo di silenzio, che fece imbarazzare ulteriormente la ragazza.
«Stavo pensando a una cosa.» disse poi lui.
«Vi ascolto.»
«Ti piacerebbe avere un appuntamento con me, qualche volta?»
Jane rimase bloccata. Non riusciva a credere che un ragazzo come il principe le stesse chiedendo una cosa del genere. In realtà, nessun ragazzo le aveva mai chiesto nulla del genere.
«Ma... Voi...» cominciò a balbettare e il principe le sorrise.
«Non voglio una risposta ora, tranquilla. Pensaci. Magari qualche volta potresti venire a trovare Marie.» le disse. L'ultima frase alludeva chiaramente a un invito a palazzo. O, perlomeno, lui l'avrebbe raggiunta nel piccolo retro, ma era già qualcosa.
Jane annuì timidamente. Il principe William si alzò, pagò e si voltò verso la ragazza prima di uscire.
«E dammi del tu.» le sussurrò, sorridendole. Poi uscì.
Jane rimase a fissare la porta, ma Raphael la scosse.
«Ti rendi conto?! Il principe ti ha chiesto un appuntamento! Il principe!» disse il ragazzo esaltato, ma Jane lo zittì.
«Parla piano! E poi non so se accetterò.»
«Tu devi accettare!» le disse Charlotte mentre passava per portare una brocca di vino ad un tavolo.
«Perché?»
«Perché è il futuro Re di questo regno! Diventeresti regina, vivresti a palazzo!»
«Non ci stiamo andando a sposare, smettetela.»
Jane sospirò e tornò a lavorare.
***
I ragazzi avevano finito il loro turno e Jane uscì dalla locanda andando incontro a Edward. Dentro, Charlotte si stava mettendo il cappotto, proprio come Raphael.
«Ecco perché non vuole uscire con il principe.» gli disse la ragazza.
«Dici che c'è qualcosa tra di loro?»
«Chi lo sa. Magari in futuro.»
Edward e Jane cominciarono a camminare verso la casa della ragazza. Avevano deciso di preparare prima le valigie, in modo da poterle lasciare nella "loro" casa mentre andavano a palazzo.
«E se c'è Jonathan?» chiese la ragazza esitando davanti la porta di casa.
«Ci sono io, non sei sola.»
Lei annuì e poi aprì. Dal corridoio arrivarono dei passi e il ragazzo entrò in cucina. Edward si mise subito accanto a Jane, mentre lui si avvicinava lentamente. Lei fece un passo indietro, sbattendo contro l'amico.
«Posso parlarti?» chiese Jonathan alla ragazza e lei scosse la testa. «Ti prego...»
«Cosa vuoi?» sussurrò Jane.
«Voglio spiegarti. Non ti farò nulla, te lo giuro.»
Jane ebbe un brivido, doveva dargli un'opportunità. Annuì e chiuse la porta, per poi andare a sedersi in una sedia attorno al tavolo.
«Grazie.» le disse Jonathan sedendosi di fronte a lei. «Mi piacerebbe parlarti da sola...»
«Edward puoi andare nella mia camera? Aspettami lì.» disse lei, ma Edward scosse la testa, non voleva lasciarla sola, ma dopo che lei gli annuì, non poté fare altro che andarsene. Dalla stanza si sentiva comunque tutto.
Jonathan, in cucina, tirò un sospiro.
«Mi dispiace.» le disse.
Jane faticava a crederci. Era Jonathan il ragazzo che aveva di fronte? Lui non si sarebbe mai scusato.
«Perché l'hai fatto? Sai come mi sono sentita io?»
«È solo che... Tu abiti qui da quando avevi cinque anni. Quando sei arrivata io ne avevo otto, eravamo troppo piccoli per capirci qualcosa. Ma poi tu hai fatto quindici anni e io diciotto, e tu stavi iniziando a diventare una donna... Ho iniziato a provare qualcosa per te. È stato difficile accettarlo, ti avevo sempre considerata mia sorella. All'inizio ho cercato di non pensarci, ma poi è passato un anno e tu diventavi sempre più bella. Ho capito che non potevo continuare in quel modo e ho iniziato a trattarti male, per cercare di togliermi quel pensiero dalla testa. Non mi sono mai comportato peggio, sono stato uno stupido. Nonostante tutto non ti dimenticavo e stamattina non ci ho capito più niente. Ti volevo così tanto! Il desiderio delle tue labbra sulle mie, del tuo corpo sul mio, era troppo forte, come non mai. Ho perso completamente il controllo e non sai quanto me ne sono pentito. Mi dispiace così tanto, Jane...»
La ragazza era immobile. Non sapeva cosa pensare, non sapeva più niente. Forse era più facile continuare a pensare che volesse soltanto portarla a letto.
«Quindi tu... Sei innamorato di me?» chiese con la voce spezzata. Lo sguardo del ragazzo le diede la conferma. Sì, era decisamente più facile continuare a pensarla come prima. Adesso non era più sicura di volersene andare.
«Tu nemmeno immagini come mi sono sentita io, in questi anni e soprattutto oggi. Sono scoppiata a piangere appena sono uscita da qui stamattina, Jonathan.»
«Io non volevo, davvero, e mi dispiace da morire. Adesso puoi anche farmi tutto ciò che vuoi, non mi interessa, ma non credo che potrò continuare a vivere con un rimorso del genere, se non mi perdoni.»
Jane ci pensò, poi annuì, stringendo le labbra. «Ti perdono, ma non devi farlo mai più. Mai.»
«Non te ne farò pentire, grazie.»
«Adesso però ascoltami: avevo deciso di andarmene via da questa casa, per questa settimana.»
Il viso di Jonathan cambiò e anche quello di Edward, che stava ascoltando tutto.
«Dove vuoi andare?»
«Da Edward.»
«Da Edward?»
«Sì. I suoi genitori non ci saranno e mi ha invitata da lui.»
«Vuoi davvero andarci?»
La ragazza sospirò. «Sì.»
Edward smise di stringere inconsapevolmente i denti.
«Lui cos'è per te?» le chiese Jonathan.
«È un mio amico.»
Jonathan annuì. «Non sarò io a dirti di non andare, puoi fare tutto quello che vuoi, ma stai attenta e rifletti prima di fare qualcosa, va bene?»
«Certo. Grazie per avermi detto tutto.»
«Grazie per avermi perdonato.»
I due si alzarono e Jane fece per andare in camera sua, ma Jonathan la bloccò.
«Aspetta! Posso... Posso abbracciarti?» le chiese con un pizzico di imbarazzo, facendola sorridere.
«Certamente.»
Il ragazzo la racchiuse tra le sue braccia, coprendola quasi tutta. Edward, intanto, non sentiva più nulla e si chiese se tra quell'abbraccio si fossero incastrati anche dei baci.
Quando si staccarono si sorrisero, Jane gli diede una carezza sul viso e andò nella sua stanza.||spazioautrice||
Sono tornata!! Mi piace questo capitolo, non per il capitolo in sé, ma per le sue conseguenze. Quindi se a voi non piace è più che comprensibile, visto che è semplicemente di passaggio, ma si stanno iniziando a scoprire alcune cose.
Stasera c'è Nemo in TV, la mia infanzia *-*
Sto sviluppando taaaaante idee e non vedo l'ora di pubblicarle!! Fatto sta che a voi di tutto questo non ve ne interessa nulla, perciò fatemi sapere cosa ne pensate e vi saluto!
~Rob ❤️
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Kalos
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