CAPITOLO 1

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"Uno. Due.. Tre."
Il ragazzo mormorò, quasi impercettibilmente prima di posare con estrema gentilezza le proprie mani sui tasti del pianoforte.
Socchiuse lentamente gli occhi e cominciò a suonare quella celestiale melodia che tanto gli era mancata ascoltare nel suo lungo periodo
di assenza.

Spring Waltz, Chopin.

Non sapeva perchè, ma era certo che questa riuscisse a farlo sentire, in qualche strano modo, rilassato.

Le sue dita snelle continuavano a muoversi velocemente sui tasti d'avorio del pianoforte, conoscendo la melodia a memoria e così permettendogli di lasciare gli occhi semichiusi, facendosi trasportare dalla musica.

La melodia celestiale.

Così la chiamava. Perchè secondo lui non apparteneva a questo mondo.
Studiava pianoforte da dieci anni e non aveva mai sentito niente di migliore.

Girò la testa verso la finestra senza mai fermare il movimento delicato delle sue mani sulla tastiera e si soffermò ad osservare la pioggia che quel giorno cadeva fitta e senza sosta. Sospirò. Per la prima volta dopo tempo si sentiva sinceramente libero.

Kurt Hummel adorava i pomeriggi di pioggia e, in particolar modo, adorava la sensazione di doversi sedere al piano accanto alla finestra e fare da sottofondo alle gocce d'acqua che si infrangevano sull'asfalto.

Non era un ragazzo come tutti gli altri. Diceva di essere speciale, oppure si sentiva semplicemente diverso.

Diceva di saper interpretare cose che nessuno mai aveva provato neanche ad immaginare e, soprattutto, raccontava di saper percepire l'inimmaginabile.

Chissà se fosse quello il motivo per cui nell'altra scuola lo evitavano in così tanti?

Ma Kurt non voleva pensarci. Non ancora. Non in quel momento. Non nel suo momento.

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Quella mattina Kurt non era esattamente di buon umore.
Non c'era un motivo preciso, semplicemente non sapeva spiegarselo.
Si svegliò presto e andò a fare colazione senza il suo migliore amico che gli ronzasse intorno.
Strano, ma piacevole.

Ogni tanto si chiedeva se davvero non avesse bisogno di una settimana di pausa da tutte le stressanti attenzioni di James – così si chiamava.

Quella mattina filava stranamente tutto troppo liscio — pensò.

Decise dunque di andare a lezione in anticipo, per godersi al meglio quella strana tranquillità interiore che pian piano stava rimpiazzando il suo cattivo umore mattutino.

Non fece in tempo a salire i primi gradini che conducevano ai piani superiori dell'edificio, che una miriade di studenti corse letteralmente giù dalla lunga rampa di scale, dirigendosi verso la sala comune degli Usignoli, il Glee club del collegio.

Ogni giorno la stessa storia.

La vita alla Dalton era così dannatamente facile, o meglio, monotona.
Al Mc Kinley, la sua vecchia scuola, Kurt si era rassegnato: non sarebbe mai tornato a casa senza qualche livido sulle braccia dovuto agli spintoni contro gli armadietti di quel Dave Karofsky.

One..two..three.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora