My hands they're strong, but my knees were far too weak.

1.4K 77 4
                                    


Liam capì di aver commesso una fra le cazzate più grandi della sua vita quando, dopo aver pagato con qualche sterlina e due pacchetti di caramelle al mentolo – tutto ciò che aveva in tasca- il taxista, mise piede nel caos di Manhattan. Non aveva mai visto niente del genere: la gente sfrecciava a destra e a manca come tante trottole, le strade erano ricoperte da mille taxi gialli, il cielo era praticamente inesistente chiuso dai caratteristici grattacieli della metropoli. Era tutto così diverso dal piccolo paesino nel quale era cresciuto ed adesso si sentiva davvero spaesato: con quale coraggio era riuscito a recarsi dall'altra parte dell'emisfero? Doveva tornare il vecchio razionale Liam e trovare una soluzione alla sua intraprendenza. Mise il borsone in spalla e si diresse verso un piccolo Caffè che aveva scorto dal taxi, una volta seduto all'interno del locale decise quale sarebbe stato il primo passo da fare: chiamare sua sorella Ruth. Il cellulare era assopito nella sua tasca, lo accese e si accorse di aver ricevuto venti chiamate da parte di Nicholas. Continuava a non riuscire a credere a ciò che avevano visto i suoi occhi, era così difficile da spiegare a parole quella strana sensazione che aveva attanagliato le sue budella e squarciato il suo petto. Sapere poi che era Andy fra le gambe del suo compagno era ancora più doloroso. Sì, proprio Andy. Proprio il suo migliore amico che conosceva dai tempi del nido. Scosse la testa come a voler cancellare per un momento i pensieri e compose il numero della sorella.

"Lili?Perché mi chiami a quest'ora? E' successo qualcosa?"

Aveva assolutamente rimosso l'esistenza del fuso orario in quella tempesta di pensieri.

"Ah,scusa." Disse "Comunque tutto ok , solo ... sono a New York."

La risata convulsiva di Ruth gli fece praticamente perdere l'udito dell'orecchio destro.

"Sul serio." Aggiunse poco dopo, con tono serio.

Quando la sorella avvertì quella nota di dolore misto a severità, si preoccupò parecchio.

"Cosa stai dicendo Liam?"

Il biondino, dall'altro capo del telefono, sospirò e con quella poca forza che gli era rimasta in corpo iniziò a raccontare ciò che era accaduto.

"I- io Liam non so che dire, sono così dispiaciuta." Fu l'unica frase- per di più banale – che riuscì a sussurrare la ragazza.

"Raccontalo tu a mamma e papà." Disse, facendogli intendere la sua stanchezza.

"Sì, tranquillo. Ma adesso cosa farai? Dove andrai ad abitare? Cristo sei a dodici ore di distanza da noi, non posso ancora crederci."

"Non lo so,Ruth, non ne ho la più pallida idea. So solo che non voglio più mettere piede a Wolverhampton."

"Scherzi vero? Nicola si sposa fra cinque mesi e tu dovrai esserci. Non parliamone adesso, altrimenti vado in escandescenza. Piuttosto potresti chiamare cugino Ted, che ne dici? Sono sicura che ti ospiterà."

Non l'avrebbe mai detto ma sua sorella era un vero genio. Nella foga del momento aveva rimosso l'esistenza di un cugino trasferitosi a New York per lavoro un paio di anni addietro, con il quale era praticamente cresciuto e con cui aveva ancora ottimi rapporti. Sorrise: il primo barlume di speranza in quel grigiore, il primo segno di cambiamento.

"Hai ragione, adesso lo chiamo."

"Abbi cura di te, Lili."

"Ci proverò."

"Non posso ancora crederci Liam! Tu sei qui! Geniale!" esclamò Ted mentre salivano le scale verso il suo appartamento. Il complesso in cui si trovava l'abitazione di suo cugino era al centro di Brooklyn, a poca distanza dalle maggiori attrazioni della città che non dorme mai. Liam stava già pianificando cosa avrebbe fatto l'indomani – quella giornata voleva passarla a dormire .

"Ecco, la mia modesta dimora."

Fece Ted inoltrandosi nell'appartamento: era piccolo ma confortevole. Aveva una zona giorno molto grande, una cucina modesta, un bagno con doccia e due camere da letto. Tutto arredato nello stile eccentrico del cugino: Ted era sempre stato un tipo stravagante, sin da quando era piccolo. Quando aveva ricevuto un'offerta di lavoro che consisteva nel curare le pubbliche relazioni di alcuni fra i più importanti locali di New York, non aveva esitato neanche un secondo e aveva preso il primo volo diretto che l' America Interline offriva. Ad aumentare il suo punteggio era anche la sua omosessualità.

"Sistemati pure qui, io vado a prepararti una tisana e poi mi racconti tutto."

Liam gli sorrise grato: era davvero importante avere il sostegno di una persona come Ted. Ed era tanto grato anche a Ruth per essere stata lei, sta volta, la fonte della sua ormai celebre ragionevolezza. Sistemò la poca roba che si era portato dietro, poi raggiunse il cugino nel salone.

"Tisana mango e mela: è il miglior calmante naturale, credimi." Fece Ted passando la tazza al cugino. "Vuoi parlarmene?"

Ted aveva sempre avuto una certa predisposizione ad ascoltare la gente, soprattutto quando si trattava di problemi di cuore. Gli era bastato giusto uno sguardo per capire che la visita di Liam non era occasionale, che si trattasse piuttosto di una fuga. Liam sospirò. Ted era Ted, doveva dirglielo.

"Nicholas mi ha tradito ... con" prese una pausa: era così difficile pronunciare quelle parole "Con Andy."

"Cosa?" squittì il ragazzo, tossendo leggermente. "Stai scherzando?"

"Ho la faccia di uno che scherza?" chiese, retoricamente, Liam.

"Gran figlio di puttana!" esclamò "Con Andy, per giunta!"

"S- sì, Ted. Non ... non ricordarmelo ulteriormente." Sussurrò il cugino. Ted si scusò: non voleva affondare il coltello nella piaga e allargarla maggiormente.

"Comunque hai fatto benissimo a venire qui! New York ha un potere lenitivo, è il miglio diversivo mai creato e non vorrai più lasciarla e ..." il ragazzo iniziò a parlare a raffica non accorgendosi delle lacrime che scorrevano lente e dolorose sull'innocente volto del biondino.

"E tutto così colorato e la gente non è per niente scorbutica e ... Oh, cristo Liam. Sono pessimo." Sussurrò notando la disperazione del ragazzo.

Le lacrime danzavano liberamente sul viso del ragazzo, era la prima volta che piangeva in tutto quel trambusto. Era come se non avesse avuto il tempo di occuparsi delle sue lacrime. Voleva semplicemente fare il forte, come se quel tradimento non l'aveva minimamente sfiorato. Peccato che Liam fosse l'esatto contrario, il suo cuore cedeva troppo facilmente.

"I- io lo amo ..." sussurrò a se stesso, come a volersi spiegare il motivo, la ragione di ciò che stava accadendo, a cercare di trovare la colpa: magari era stato lui a non dargli abbastanza attenzioni? A non amarlo a dovere? A farlo stancare?

Sentì la mano di Ted premergli sul collo e poco dopo le sue gote poggiare sul suo petto.

"Sfogati Payne, liberati ci sono qui io."

E dopo un pianto sconnesso, fatto di silenzi e singhiozzi, Liam si addormentò. Il jet lag lo aveva fatto dormire per un giorno intero, si ritrovò sul divano del salotto di Ted colpito dalla luce dei primi raggi mattutini. Alzandosi notò, oltre il silenzio che vigeva sovrano, un biglietto color arancione fluo – segno di riconoscimento dello stravagante cugino - che sostava sul tavolo della stanza.

" Sono rientrato alle cinque di stamattina, questa è New York baby! Ci sono delle uova e del succo in frigorifero, buona giornata Payne! xxx Ted."

Sorrise leggendo il biglietto, poi guardò l'orario: le sei del mattino, wow. Seguì il consiglio del cugino: fece velocemente una colazione inglese e poi si preparò. Quando uscì in strada l'aria fresca del mattino lo avvolse in uno strano abbraccio rassicurante: se era a quello il benvenuto che gli stava riservando New York, allora Ted non aveva torto. Piegò a sinistra e si inoltrò tra la folla della metropolitana.

Central Park lo stava aspettando.


AGGIORNATO (1263 parole)


Take Care. |Ziam Mayne|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora