Prima prova

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1943

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1943. Seconda Guerra Mondiale. Sicilia.

Cadevano. Corpi vuoti, privi di vita, si accasciavano al suolo accompagnti dal frastornante suono di spari ed esplosioni.
Avevo paura. Paura d'essere ucciso senza pietà, come molti dei miei compagni.
Paura d'uccidere senza pietà, come molti dei miei compagni.
Ogni secondo che passava, si udivano, tra i vari frastuoni della guerra, urla, grida strazianti e richieste disperate d'aiuto.
"Perchè accade tutto ciò? Uccidiamo persone che uccidono altre persone. Gente innocente. Siamo tutti vittime di qualcosa di più grande di noi: la stupidità umana." pensai.
"Finchè a comandare ci saranno solo e sempre stolti, la storia dell'umanità resterà sempre la stessa, monotona nelle sue atrocità: Guerra, guerra e ancora guerra.
La storia dell'uomo è un mattatoio! Mi vergogno a far parte di questo inutile massacro."
Non mi sarei mai arruolato volontariamente. Mai! Fui costretto.
Ricordo il giorno in cui arrivò quella maledetta lettera...

«John, ti prego non andare! Non farlo!» urlò mia madre singhiozzando.
«Non ho scelta mamma, lo sai bene.» dissi con respiro affannoso. Respirai a fondo cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime. Dovevo sembrare forte agli occhi di mia madre.
«John per l'amor del cielo non farlo! Ho già perso tuo padre vent'anni fa per questa maledetta guerra! Perchè sono quelli come noi a dover andare in guerra? Quelli al potere sanno solo parlare alle folle e plagiare le menti! Mentre i nostri cari muoiono in battaglia!»
disse mia madre asciugandosi le lacrime.
«Mi dispiace mamma, non c'è via di fuga dalla guerra. Sappi che se tornerò, metterò fine a tutto questo. Combatterò con le unghie e con i denti per far si che i miei figli un giorno possano dire: "Papà che cos'ERA la guerra?"»Mentre pronunciavo quelle parole, una lacrima sfuggì al mio controllo e percorse tutta la guancia destra, raggiungendo il mento.
«Non preoccuparti mamma, tornerò!»
«D'accordo.» disse mia madre guardandomi negli occhi.
«Richard, vieni qui! John parte, corri a salutarlo!» gridò mia madre.
Qualche secondo dopo dalle scale scese il mio cuginetto, Richard, di soli sette anni. Lo presi in braccio e lo strinsi forte.
«Tieni John, questi sono per te!» disse Richard ponendomi un mazzolino di fiori. «Gli ho colti io personalmente! Sono delle margherite, le mie preferite!» 
«Grazie piccolo! Aspetta anche io ho qualcosa per te.»Infilai la mano nella tasca destra ed estrassi uno degli oggetti a me più cari: la bussola d'argento di mio padre.
«Tieni Rich, ora questa è tua! Miraccomando, custodiscila per bene!»
«Ciao, mamma...»

«John! John Reed! Sveglia, andiamo!» l'urlo di un soldato mi riportò alla realtà.
Era Luca, un ragazzo sulla trentina che conobbi in esercito. Anche lui veniva da Roma.
«Seguimi, presto!» corremmo per qualche metro e ci riparammo dietro un carro armato.
«Cazzo, John! Vuoi tornare sano e salvo a casa, giusto? Non restare più fermo in quel modo! Sei un bersaglio facile!»
«Non ci riesco, Luca. Non riesco a guardare tutte queste atrocità. Non ha senso! Non dovrebbe accadere tutto ciò! La guerra non dovrebbe...»
«Lo so, John.» mi interruppe Luca «Credi di essere l'unico a pensarla così? La maggior parte dei soldati non vuole combattere, non vuole uccidere e soprattutto non vuole morire!»
«Ma allora perchè combattono? Perchè?»
«Molti sono stati costretti. Altri vogliono difendere la propria patria, il loro paese.»
«E noi Luca che facciamo? Siamo gli attaccanti o i difensori? Siamo i buoni o i cattivi?»
«Non lo so John. Non ho capito nulla di questa guerra e mai lo capirò. Voglio solo tornare dalla mia famiglia, dormire nel mio letto, pranzare seduto su un tavolo. Solo quando ti mancano quelle piccole cose, capisci il loro reale valore. Voglio tornare a casa John, come te! E se per farlo dovrò uccidere qualche pezzo di merda che vuole invadere il nostro paese, lo farò!»
Luca si rimboccò le maniche, scoprendo le braccia tatuate. Tra tutte quelle immagini colorate, spiaccava il disegno di uno scarabeo azzurro. Mi raccontò che era molto legato a quel tatuaggio, poichè suo padre ne aveva uno identico. Anche lui vittima del primo grande massacro di massa, proprio come il mio.
Dopo aver raccolto il suo Carcano Mod. 91, uscì allo scoperto sparando e uralndo all'impazzata.
«Andateve, bastardi!» gridò Luca. Riconobbi la sua voce. «Andate via dal nostr...»Luca s'interruppe. Non vidi cos'era successo da dietro il carro armato. Poi mi feci coraggio e uscì anch'io allo scoperto.
Fu in quel momento che lo vidi accasciarsi lentamente al suolo a qualche metro di distanza da me. Corsi subito verso di lui. Sapevo che era stato colpito da qualche pallottola. Quando fui a qualche passo di distanza, sentì un boato frastornante e si alzò un grande polverone.
L'aria divenne irrespirabile.
Un dolore lancinante mi trafisse la spalla. Era insopportabile.
Caddì per terra sbattendo la testa.
Poi il vuoto.

Quando riaprii gli occhi ero disteso su qualcosa di morbido, comodo. Mi guardai attorno, restando sdraiato. Non ero più sul campo di battaglia.
Mi fischiavano le orecchie. C'era un grande silenzio in quella stanza.
"Ah il silenzio...finalmente pace. Ma come sono finito qui?"
In quel momento ripensai a Luca e all'esplosione. Chissà cos'era accaduto a quel povero ragazzo.
Girai la testa verso sinistra e notai che non ero solo nella stanza: accanto a me c'erano due letti, occupati da dei soldati feriti.
Cercai di mettermi seduto ma un dolore lancinante alla spalla me lo impediva.
Sentii il rumore di una porta che si apriva. Qualche secondo dopo, di fronte a me comparve una strana figura. Inizialmente la scambiai per una suora ma quando si avvicinò capii che era una crocerossina.
«Dove mi trovo? Che cosa è successo?» domandai.
«Signor John Reed, è stato colpito con un arma da fuoco alla spalla, sul lato destro ed ha riportato alcune ferite alla testa. Cerchi di non agitarsi molto. Si trova in ospedale, a Gela.»
«Sa dirmi cos'è successo a Luca Rinaldi? Era con me poco prima dell'esplosione.»
«Il signor Luca è sdraiato in quel letto, proprio accanto al suo.»
Mi voltai nuovamente verso sinistra e vidi il suo volto. Era fasciato dalla testa ai piedi ma riconobbi i suoi occhi verdi.
«Ce l'abbiamo fatta amico! Ora si torna a casa!» disse Luca con un filo di voce.
Era vivo!
«Si... Si torna a casa, amico mio!»


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