<< L'altra notte l'ho visto. Era lì, che mi spiava aldilà del vetro della camera di Adam. Ne sono certa. >>
<< No Alice. Io sono certa del fatto che la tua fosse solamente stata una visione provocata dall'esperienza della sera precedente. Forse era solo un incubo. >>
Rigirai il mio insulso caffè annacquato con il cucchiaino. Era la prima volta che lo bevevo da quando ero arrivata in America, non lo avevo mai acquistato prima d'ora.
<< E se fosse tornato a cercarmi? >>
<< Ma cosa stai dicendo? Alice, sei al sicuro. Hai detto che è stato arrestato, no? >>Quel mercoledì mattina Starbucks non era per nulla affollato. Oltre a noi altri due ragazzi del mio corso di letteratura avevano occupato un posto situato quattro tavolini più in là, mentre un signore dall'aspetto losco leggeva il New York Times mentre si fumava tranquillamente la sua pipa stando seduto al bancone.
Per la prima volta trovavo quel locale squallido. Nonostante i tavoli fossero ben lucidati notai che erano verniciati di un orribile colore che virava tra il verde rospo e il marrone. Era una sorta di color fogna.
Il bancone era vuoto, tra le lastre di vetro stavano adagiati al massimo tre o quattro dolcetti di diversa tipologia, due dei quali, i muffin ai mirtilli, sembravano rinsecchiti e induriti a un primo colpo d'occhio.
Una sola commessa, una ragazza dalla pelle chiara e dai capelli neri raccolti in uno chignon sulla nuca, piena zeppa di piercing al labbro, al naso e alle orecchie, si stava occupando di tutte le ordinazioni. Sembrava concentratissima nel fare al meglio il suo lavoro, o forse se ne stava solamente zitta perché non vi era nessun'altra commessa con cui comunicare.
Una lampada delle tre appese al muro dipinto di nero non funzionava più e gli altoparlanti trasmettevano uno sconosciuto canale radio che stava mandando in onda al momento una canzone di almeno dieci anni di età.
Fuori dalle vetrate che prendevano il posto di gran parte dei muri del locale riuscivo solo a intravedere un cielo grigio coperto da nuvoloni altrettanto grigi. Sulla strada la neve di marzo si stava ormai sciogliendo, formando una specie di poltiglia color beige e marrone sul marciapiede. Le finestre dei grattacieli non riflettevano alcuna luce, tanto che nel loro insieme parevano opachi.
Non capivo se il tempo volesse reggere o cedere da un momento all'altro. Fatto sta che molte persone camminavano sul ciglio della strada ingiubbottate dal mento alle caviglie senza aver portato con sé un ombrello; tutte le altre persone forse avevano optato per un taxi, pensai.
I taxi gialli erano tutto ciò che in quella vuota mattinata davano un po' di colore. Per il resto, vedevo solo solitudine e malinconia. Tutto, dal locale, alle persone, alla strada, esprimeva malinconia.
<< Fa davvero schifo questo caffè. >>
<< E la commessa non ha ancora imparato a scrivere il mio nome. >>
<< Cosa ha scritto? >>
<< Orella. >>
Scoppiai a ridere, e con me anche Aurora.
Cercai di coprire quel retrogusto vomitevole del caffè iniziando ad aprire e a versarvi una bustina di zucchero dopo l'altra, mentre tra me e la bionda si consumava il silenzio.
Dopo essermi portata il gigantesco bicchiere di carta alla bocca, il mio volto si corrugò in una smorfia di disgusto.
<< Fa ancora più schifo di prima. Vado a prendere un muffin al cioccolato, per consolarmi. È l'unico ad avere un aspetto decente. >>
Dopo essermi spostata davanti al bancone per effettuare l'ordinazione tornai a sedermi di fronte ad Aurora.
<< Dunque, cosa mi consiglieresti di fare per... Quella faccenda? >> ripresi il discorso lasciato a metà precedentemente.
<< Secondo me devi solo stare tranquilla. Passerà, vedrai. Non pensavo che Tristan fosse così un pazzo scatenato. >>
<< Nemmeno io me lo aspettavo. >> le risposi, iniziando a pizzicare le gocce di cioccolato che si trovavano sopra il mio muffin. Non sapevo più che dire, ma sapevo che parlare con qualcuno mi avrebbe aiutata moltissimo.
<< Non devi temere. Sei sotto la protezione di Adam. >>
Non le risposi, mi limitai ad annuire.
Finii silenziosamente la colazione sopraffatta dai miei pensieri, dopodiché camminammo insieme verso l'università.<< Adam... Sai qualcosa riguardo a quella faccenda? >>
<< Non ancora. Ma trattandosi di un reato minore non credo che finirà male per lui. >>
Al sentire quelle parole percepii un brivido salirmi lungo la spina dorsale, fino a provocarmi la pelle d'oca. Iniziai a tremare, non di freddo.
<< Ho paura. >>
Incrociai le braccia e tuffai il viso sul petto di Adam. Inzuppai la sua felpa color grigio delle mie lacrime salate, ancora una volta.
Avevo perso il conto di tutte le volte che gli avevo pianto addosso da quando ci eravamo conosciuti, ormai. Mi chiedevo come facesse a sopportarlo, doveva davvero essere pesante. Dovevo davvero essere pesante.
Il suo profumo, un profumo dolce, fresco e delicato di bagnoschiuma appena utilizzato, era l'unica cosa che riusciva a confortarmi.
<< Non devi avere paura. Ti proteggerò io, ad ogni costo. >>
Strinse il braccio attorno alle mie spalle. Il calore umano, l'affetto, il sostegno, era tutto ciò di cui avevo bisogno ora.
<< Vorrei non essere mai arrivata in America. Finora è andato tutto storto. >> singhiozzai in una maniera davvero poco comprensibile, la mia guancia poggiata sul suo petto.
Sentii Adam irrigidirsi. Anche se stavo fissando il vuoto più assoluto riuscivo a percepire con la coda dell'occhio che il suo sguardo si era fatto d'un tratto più cupo.
<< Non devi dirlo. >>
<< E perché? È vero. >>
<< Sistemeremo tutto. >>
<< Non voglio essere coinvolta in cause legali. >>
<< Sistemeremo tutto. >> ripeté in uno sbuffo, iniziando ad accarezzarmi i capelli.
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Teal and Orange (sospeso)
RomanceNon mi sarei mai immaginata di imbattermi in un'insidia simile. Non mi sarei mai immaginata di venire notata da qualcuno. Non mi sarei mai immaginata di essere stata oggetto di così tanto amore e di così tanto odio. Non mi sarei mai immaginata di in...