Prologo

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Nella mia piccola cittadina, una tra le più piccole città del mondo probabilmente, era un normale giorno come tutti gli altri ed io, una studentessa normale, con dei voti nella media, mi appresto ad andare a scuola con i miei due migliori amici: John Ruush e Chris Halloway.

Arrivati alla nostra dolce scuola, ovviamente la campanella è già suonata: un altro ritardo. Entriamo in classe, un'altra lezione di biologia. Altre due ore di chimica. Ma poi, nell'ora di matematica, l'inaspettato. Il mio migliore amico, Chris, sviene, esattamente affianco a me.

- CHRIS!! - grido, cercando di prendere al volo il corpo del mio amico.

Tutti si voltano nella nostra direzione, professore compreso. Tutto quanto diventa silenzioso, tutto diventa immobile per qualche istante. Poi il professore si getta sul suo telefonino, chiamando l'ambulanza, mentre John ed io tentiamo di mettere Chris in una posizione un po' più sicura di quella di prima.

Dopo 5 minuti, arriva l'ambulanza, e tre paramedici irrompono nella classe, portando via il corpo immobile di Chris.

E la lezione riprende.

Tutto torna come prima, come se nulla fosse accaduto. Ma io sapevo che non era così. Fin da stamattina mi sembrava che qualcosa non andasse in lui. Era più tranquillo del solito. Si, Chris è sempre stato il ragazzo che fa fatica a relazionarsi, quello timido, che sta sempre in disparte, ma mai prima d'ora è stato così silenzioso con me e John. Mi è sembrato come se qualcosa stesse cambiando in lui.

A fine lezione, John arriva da me, poggiandomi una mano sulla spalla:

- Ehy, simpaticona! Ti va di mangiare con me oggi?

Accenno ad un sorriso. John è il classico ragazzo con i capelli neri e la frangetta che copre mezzo occhio. Ma è molto simpatico, mi è sempre piaciuto parlare con lui.

- Magari un altro giorno. John. Pensavo di passare da Chris ora.

- Uffh, ookay. Allora non posso far altro che venire con te.

- Va bene, rompiscatole.

Insieme usciamo dalla scuola e ci dirigiamo all'ospedale St. Marie Rose. Intanto chiamo mia madre, per dirle quello che è successo e che non avrei pranzato a casa oggi.

Arrivata all'ospedale, ci dirigiamo verso la segreteria. La segretaria, da dietro una lastra di plexiglass ci chiede il nome del paziente che siamo venuti a visitare.

- Ehm... Halloway. Chris Halloway.

- Ci dispiace, ma al momento il signor Halloway è in quarantena.

- In quarantena?! - guardo John, perplessa.

- Ecco, chiedete al signor Duster. Lui saprà spiegarvi meglio di me. Ora dovrebbe essere alla sua ultima visita, secondo piano, stanza 328. Aspettate fuori e dite che vi ho mandato io. Sono la signorina Helena.

Allora ci incamminiamo verso il secondo piano, cercando la stanza 328. Quando l'abbiamo finalmente trovata, aspettiamo nervosamente che il dottore esca.

- Non posso crederci - dico a John - Chris in quarantena?! Ma dico, che ha?!-

- non lo so neanche io, ma qualcosa di grave di sicuro. Non mettono pazienti in camere sigillate senza un valido motivo.

Dopo circa 10 minuti, un signore alto, robusto e con i capelli bianchi esce dallo studio.

- ehm, scusi, è lei il signor Duster? La signorina Helena ci ha chiesto di venire qua da lei per chiederle a proposito di Chris Halloway.

- Halloway? Ah si, quel povero ragazzo. Venite con me, vorrete vederlo immagino.

Andiamo verso delle scale, cominciamo a scendere, e scendere, e... scendere.

- mi scusi... dove stiamo andand-

- Arrivati! - grida il signor Duster - questa è la parte di ospedale dove teniamo i pazienti in quarantena.

- bello. Quindi... che ha Chris?-

- Dunque, ve lo spego nella maniera più semplice che mi viene in mente. Di solito chi sviene viene portato al pronto soccorso per delle analisi. Perciò si fanno dei prelievi del sangue, e si analizzano. E così abbiamo fatto anche per Chris. Solo che, per qualche strano motivo, il suo sangue è ALTAMENTE RADIOATTIVO. Non si sa nemmeno come il suo corpo possa ancora resistere a quel liquido corrosivo. La sua pelle si sta macchiando, si sta corrodendo. È pieno di lividi, non parla nemmeno più. Ha sempre gli occhi chiusi, non mangia. Penso che stia concentrando tutte le sue ultime forze per cercare di combattere contro la radioattività. Penso che i suoi organi stiano per cedere.

- lei sta dicendo che...

- esatto. Chris sta per morire.

Cado a terra. Non mi muovo.

Chris. IL MIO CHRIS. Sta per morire.

NO, NON LO ACCETTO!

- senta, non c'è proprio nulla che si possa fare? - chiedo singhiozzando al dottore.

- temo proprio di no. Mi dispiace.

Tutt'ad un tratto l'allarme. Luci rosse cominciano a lampeggiare.

- Signore! Dottor Duster! Emergenza! Il paziente B-19 non ha più battito cardiaco!

Successe tutto in un attimo. Corremmo. Ci affacciammo alla teca di vetro. Eccolo, il corpo oramai esanime del nostro migliore amico. Le braccia e la faccia completamente sfigurate da quella sostanza che gli circola nelle vene. La pelle livida e scura. Il nostro Chris.

Mi cedono le gambe, e cado addosso a John. Lui mi prende, mi stringe forte. Niente, nessuna parola.

Mentre gli infermieri portano via il suo corpo, noi osserviamo quello che rimane del nostro caro amico. I capelli color rame ora non hanno più quella lucentezza che avevano prima. Attorno ai suoi occhi chiusi le vene sono praticamente scoperte. Le labbra secche, anch'esse livide. Alcuni tagli sul volto.

Appoggio la faccia al petto di John, e non trattengo più le lacrime.

Sono Alexia Sharp, ho diciassette anni. Vivo in una piccola città statunitense, con mia madre, una cocainomane sempre ubriaca, che non mi aiuta mai con niente. Mio padre se ne andò molto tempo fa, e da un certo lato lo capisco. Tutto quello che mi era rimasto di caro erano John e Chris, ed ho appena perso uno di loro.

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Ehy! Spero che la prima parte di questa storia ti sia piaciuta, a me sinceramente non dispiace. Fammi sapere cosa ne pensi nei commenti,

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2016 ⏰

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