La nave fantasma solcava le oscure acque del nord, una fredda notte d'inverno polare.
Si muoveva sospinta dal vento e il suo nero profilo si stagliava contro un'immensa luna, troppo grande per essere riconosciuta dai numerosi astronomi che studiavano gli astri celesti. Una luna vecchia, al tramonto della sua vita.
Le vele della grande nave erano tutte rotte e i frammenti che ancora pendevano erano irrigiditi dalla nebbia che aleggiava tutt'attorno. Non aveva nessuna destinazione, e nessuna destinazione voleva avere, la nave fantasma.
Non aveva un equipaggio, nessuno che la manovrasse. Eppure qualcuno la manovrava, poiché quando la prua o la fiancata si avvicinava pericolosamente agli scogli, il timone virava, e la nave cambiava direzione.
La nave fantasma non navigava mai di giorno, se non nelle giornate nebbiose e in quelle in cui grossi nuvoloni, minacciosi, carichi di pioggia, oscuravano il pallido sole. Forse la nave fantasma si vergognava. Si vergognava delle vele distrutte da anni ed anni di peregrinazione, si vergognava delle assi marcescenti e rotte in più punti che la componevano. Eppure la vergogna è un sentimento umano; e di umano, forse, la nave fantasma non aveva nulla.
Dove trovava rifugio, però, quando essa navigava le impetuose acque del nord? Era una caverna piena zeppa di pipistrelli ed altre creature della notte, quella in cui la nave si nascondeva? O si inabissava forse nelle profondità marine e, avvolgendosi di alghe e molluschi, si nascondeva da tutto e da tutti, fungendo da rifugio a squali ed altri cetacei?
Nessuno lo può dire, nessuno può conoscere i segreti della nave fantasma. Nessuno può capire la tristezza e la nostalgia che la nave prova, quando nelle solitarie notti di veglia essa rimembra i tempi perduti in cui un equipaggio di lupi di mare la governava. Nessuno può capire quanto la nave vorrebbe tornare indietro, ai tempi in cui i marinai si ubriacavano di rum sulla plancia, ed il capitano bestemmiando li rimandava sotto coperta. Nessuno può capire quanto la nave fantasma vorrebbe che le torce ormai marcite illuminassero ancora, nelle notti oscure in cui essa viaggia, e quanto vorrebbe che qualcuno la aiutasse a virare quando ondate violente la colpiscono, nelle notti di tempesta, rischiando di mandarla a sbattere rovinosamente sugli scogli.
Ma a nessuno importa più. Essa popola le leggende più fantasiose che si raccontano nelle peggiori bettole in cui i marinai si ritrovano, ma nessuno la vuole incontrare. Essa non porta un tesoro nel cuore. Essa è abbandonata a sé stessa. C'è solo uno scheletro a farle compagnia, uno scheletro che pende dal pennone, dove l'uomo si è impiccato quella calda mattinata di primavera.
La nave ancora si chiede il perché delle sue infinite peregrinazioni, prima di ricordarsi che è solo una nave. Essa fa ciò per cui è stata costruita, l'unico scopo nella sua esistenza. Essa continuerà a navigare finché anche l'ultima asse che la compone non crollerà sotto il peso della muffa e della polvere. Continuerà a navigare per sempre, se necessario. Perché questo è ciò che è giusto.
La nave fantasma solca le oscure acque del nord, in questa fredda notte di inverno polare.
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La nave fantasma
Short StoryLa nave fantasma - racconto breve tratto dal libro 'Vita, morte e la gioia del grottesco' - ottobre 2015