Capitolo 1

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Quella notte il vento soffiava leggero trasportando tra i rami dei pini ,in un dolce sussurro, gelidi fiocchi di neve che risplendevano alla luce della grande Luna. Per noi il suo suono e i riflessi erano come una melodia che ci avrebbe trasportato in breve tempo nel mondo dei sogni popolato da enormi distese di prati verdi e ruscelli cristallini che emettevano luccichii accecanti ma allo stesso tempo impossibili da non ammirare. A contribuire alla vicinanza del mondo di Orfeo ci pensò la lunga battuta di caccia che ci riempì lo stomaco e donò quella sonnolenza appagante che solo un buon pasto era in grado di dare.

A migliorare la mia serata fu una grande soddisfazione che mi permise di entrare a tutti gli effetti nel branco dell'Ara Bianca, un branco che dominava incontrastato migliaia di ettari di bosco innevato. Il bosco della selvaggia Alaska.

L'Inverno ormai inoltrato mi aveva messa a dura sopravvivenza e se la Luna non avesse guardato su di me, a quest'ora il mio corpo si ritroverebbe sotto metri di neve soffice ma fatale e la mia anima nei Campi del Sud dove mi sarei ricongiunta a tutti gli antenati della nostra stirpe. Ma questo non accadde e un giorno mi ritrovai fortunatamente o sfortunatamente, dipende dai punti di vista, nel bel mezzo di una battuta di caccia del branco di cui ora faccio parte.

Se dicessi che venni accolta in modo immediato e benevole mentirei a tutti.

Ma come biasimarli. Era la prima e forse l'ultima volta che videro un licantropo femmina, uno scherzo della natura se così si può definire. I licantropi erano per natura maschi, dati dall'unione di uno di loro e una donna umana a tutti gli effetti. Eppure con me qualcosa era andato storto.

Mi ritenni molto fortunata per il modo in cui reagirono. Sarei potuta benissimo venir sbranata, loro erano in sette, cosa avrei potuta fare essendo a corto di numero e mole?

Invece dopo i primi legittimi attimi di stupore iniziarono a soffocarmi di domande su chi fossi, da dove venissi e domanda più importante come mai ero una ragazza. La confusione era tale che mi era impossibile rispondere a una domanda senza essere schiacciata da decine di nuove. All'improvviso da dietro alle mie spalle nacque un ruggito, prima sommesso e poi sempre profondo ma potente fino a sovrastare tutte le voci e a farmi tremare le ossa.

Mi voltai nella sua direzione in parte per timore ma anche per curiosità e colui che mi trovai davanti fu lo stereotipo tipo del maschio Alpha: testa alta, così come la coda e le orecchie, muscolatura massiccia e sguardo fiero, quasi narcisista, come se esaltando il suo ruolo di capo riuscisse ad acquistare ancor più potere. Nonostante ciò non potei dire di non essere rimasta affascinata dal suo comportamento regale, il folto pelo era del colore che la nebbia assumeva alle prime luci dell'alba, quando ancora il cielo non si era tinto di note rossastre, sembrava grigio ma era molto più lucido, più intenso.

Poi prese parola, risvegliandomi da uno stato di trans.

<Mi chiamo Draco e sono il capobranco di questo territorio. Ora vorrei sapere il motivo del tuo passaggio in questo territorio e conoscere anche il tuo nome>

Rimasi per qualche secondo in silenzio. Riflettei su quello che sarebbe stato più conveniente dire, e decisi di raccontare la verità e quindi il motivo per cui stavo vagando alla cieca in territori marcati.

<Mi chiamo Lux, Luce se preferite. Ho 18 anni, cioè tra pochi mesi ne avrò, ora sono ancora diciasettenne. Mi dispiace di avervi interrotti durante una battuta di caccia ma non sapevo di trovarmi in un territorio occupato.>

Ecco avevo già detto la prima stupidaggine, i confini contrassegnati del branco si potevano odorare a centinaia di metri di distanza e io non mi ero accorta di essere entrata in pieno territorio. Mi tirai uno schiaffo mentalmente. Fortunatamente Draco non diede peso a quello che avevo detto e mi lasciò proseguire.

Figlia della lunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora