33. Scarlett

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Non pensavo esistesse qualcosa capace di sconvolgere Sean, né di fargli perdere quel suo atteggiamento strafottente. E invece esisteva eccome qualcosa capace di questo e molto altro. O meglio, qualcuno: Adam Meyers.
Non avevo capito granché di quello che si erano detti, ma l'espressione di Sean parlava da sé: era sconvolta, incredula, rabbiosa, quasi ferita e questo tutto nello stesso momento. Doveva essere una specie di record.
Lui e Adam rimasero a guardarsi negli occhi per un bel po', come se di colpo di fossero dimenticati dei cacciatori che se ne stavano lì a pochi passi da noi e che ci guardavano come se fossimo pazzi. Sembrava avessero escluso tutto il mondo per concentrarsi solo sulle iridi dell'altro.
«Ho bisogno di parlarti un attimo.» Disse Sean con voce fin troppo calma.
Senza aspettare una risposta, afferrò Adam per un braccio e lo trascinò lungo il corridoio verso la porta d'ingresso finché non furono abbastanza lontani perché nessuno, nemmeno io con i sensi acuiti dalla licantropia, riuscisse a sentirli.
Sia io che Matthew rimanemmo a guardarli senza avere la minima idea di cosa stesse succedendo. Cosa poteva aver detto Adam di così importante da spingere Sean ad abbassare la guardia di fronte ai cacciatori?
Lanciai un'occhiata di sottecchi a Colin: l'avevo riconosciuto subito, era il capo di quei pazzi, lo stesso uomo che mi aveva fatto una specie di interrogatorio dopo che mi avevano sparato. Anche quei due uomini mi erano familiari: erano i due che mi avevano gentilmente scortato dal loro capo e poi di nuovo nella cella. Nonostante adesso sembrassero inoffensivi e avessero ammesso la superiorità di Sean, ero comunque tesa e nervosa all'idea di averli così vicino.
Accanto a me, anche Matthew sembrava a disagio. Aveva le mani infilate nelle tasche dei jeans e stava ben attento a non incrociare lo sguardo di nessuno.
Il rumore di una porta che si apriva mi fece balzare subito all'erta. Mi voltai di scatto e vidi una sagoma avvicinarsi. Bastò che facesse pochi passi perché riuscissi a riconoscerla: Nathan, il biondino che aveva sorvegliato la mia cella e aveva contribuito alla mia cattura. Indossava dei jeans neri, una maglietta verde militare e una giacca di pelle. Aveva i capelli aggiustati con il gel il modo da sembrare spettinati. Al collo portava una collana con un ciondolo argentato. Dal colletto della maglia spuntava un livido violaceo e qualche graffio, probabilmente opera di Sean.
Affiancò i suoi compagni con aria disinvolta. «Si può sapere che state combinando? Mi sto annoiando di là da solo...» Si interruppe quando si accorse di me e Matthew. Ci studiò per qualche istante con gli occhi socchiusi poi sorrise. «Guarda chi si rivede. Ti sono mancato?»
Era ovvio che si riferisse a me, ma rimasi interdetta lo stesso. Mi ripresi abbastanza in fretta da incrociare le braccia al petto e replicare: «Quanto un proiettile in corpo.»
Il suo sorriso si spense e lui stinse le labbra. Non distolse lo sguardo, però, rimase a guardarmi mentre un'ombra gli attraversava gli occhi. Per la prima volta notai che erano di un marrone caldo e che sembravano sinceri, autentici. Osservandolo meglio mi resi conto che non poteva essere tanto più grande di me, doveva avere circa vent'anni.
Lanciò un'occhiata ad Adam e Sean, ancora impegnati con la loro discussione. «Abbiamo compagnia.» Si voltò verso Colin. «Che sta succedendo?»
Colin si passò una mano sul viso e improvvisamente mi sembrò molto stanco. «Non lo so. Niente di buono immagino, ma non ne sono sicuro.»
Samuel e Tristan si scambiarono un sguardo e scossero la testa. Evidentemente non erano d'accordo sull'idea di aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Avevo il sospetto che avrebbero preferito di gran lunga farci fuori e poi domandare cosa volevamo.
«Non vogliamo farvi male.» Mi sentii dire.
Nathan sollevò il viso e mi guardò con aria incuriosita. «Perché siete qui allora?»
Sospirai: avrei voluto saperlo anch'io. «Beh, per... controllare.»
Un sorrisetto beffardo comparve sulle labbra di Samuel. «Volevi essere sicura che ti avessimo lasciato un posto? Sta' tranquilla, la tua cella è ancora libera.»
Per un attimo fu come ritornare indietro nel tempo, nel momento in cui mi risbattevano in quella prigione buia e umida dopo l'incontro con Colin. Mi strinsi le braccia al petto e distolsi lo sguardo mordendomi il labbro. Era orribile anche solo ripensarci.
«Falla finita.» Mi sorprese parecchio sentire la voce di Nathan così dura e quasi arrabbiata. Ma la cosa più strana era il fatto che mi stesse difendendo. Proprio lui che aveva dato direttive a quei due gorilla perché mi trattassero come una specie di animale.
Gli lanciai un'occhiata di sottecchi: aveva la mascella contratta, lo sguardo di ghiaccio, i pugni stretti tanto che le nocche erano diventate bianche. Un po' mi ricordava Sean poco prima in auto, quando avevo chiesto di Isaiah.
«Difendi i parassiti adesso?» Sbottò Tristan. «Ti sei rammollito tutto insieme?»
Nathan fece per ribattere -qualcosa nella sua espressione mi disse che non sarebbe stato un bello spettacolo-, ma Colin lo interruppe sollevando una mano. «State zitti una buona volta. Non mi interessano i vostri battibecchi.» Guardò qualcosa dietro di me. «Ma i loro sì.»
Mi voltai e vidi Sean e Adam venirci incontro. Avevano entrambi un'aria seria e concentrata, ma sembravano anche piuttosto determinati. A dirla tutta, Sean era un po' contrariato, però cercava di non darlo a vedere.
«Alla buon'ora.» Borbottò Colin osservandoli con un certo interesse.
Sean si lasciò sfuggire una smorfia e incrociò le braccia al petto. «Non devo rendere conto a nessuno, di certo non a te.»
Adam rimase in silenzio, ma studiò Nathan con attenzione, come per cercare di capire il suo ruolo. Come al solito, il suo viso non lasciava trasparire nessuna emozione. Dovevo ammettere che un po' mi irritava vedere quanto controllo avesse di sé. Nonostante questo, ero felice di riaverlo al mio fianco.
«Quindi, qual è la vostra decisione?» Chiese Colin.
Con una certa riluttanza, Sean si costrinse a dire: «Vogliamo stringere un accordo con voi.»
Spalancai gli occhi, incredula: un accordo? Con... loro? Ma che gli era saltato in mente? Matthew sembrava pensarla come me, mentre Adam era calmo e potrei giurare di averlo visto scambiare un'occhiata d'intesa con Sean. Lo realizzai di colpo e mi mancò il fiato: era stata una sua idea.
Questo spiegava perché messo in mezzo tra Sean e Colin, perché la prima reazione di Sean era stata così rabbiosa e perché tutt'ora non sembrava convinto. Ma per quale motivo Adam avrebbe dovuto cercare un'alleanza con i cacciatori? Sapeva di cos'erano capaci, l'aveva visto con i suoi occhi su di me.
Tristan scoppiò a ridere. «Un accordo? Hai paura di noi, lupo?»
Gli occhi di Sean si accesero d'oro. «Se non mi ricordo male eri tu quello che urlava come una ragazzina quando sono entrato nella sala riunioni.» Alzò il mento in segno di sfida. «Correggimi se sbaglio, ma di solito ho una buona memoria.»
Nathan soffocò un sorriso mentre il viso di Tristan diventava così rosso da sembrare sul punto di esplodere.
«Che genere di accordo?» Domandò Colin ignorando quello scambio di frecciatine.
Sean lanciò un'occhiata ad Adam, quasi a volergli chiedere aiuto. Lui ricambiò lo sguardo prima di spostare la sua attenzione sul capo del cacciatori. «Una specie di alleanza che converrà a tutti e due.» Spiegò con voce calma.
«Certo, perché avete paura di scontrarvi di nuovo con noi, eh?» Questa volta era stato Samuel ad intervenire, ma ero piuttosto sicura che il trattamento non sarebbe stato diverso.
Sean ringhiò piano e fece per balzargli alla gola, ma Adam lo bloccò mettendogli una mano sul petto per trattenerlo. «Avevamo detto niente violenza.» Sibilò scoccandogli un'occhiataccia.
«Non ti ho promesso niente.» Borbottò Sean senza distogliere lo sguardo da Samuel.
Se fosse dipeso da lui avrebbe fatto piazza pulita dei cacciatori e la cosa sarebbe finita lì. Ma sapevo quanto Adam detestasse la violenza e se poteva fare qualcosa per evitarla l'avrebbe fatto, anche a costo di andare contro un licantropo.
«Invece sì. Hai preso un impegno.» Replicò Adam prima di lasciarlo e voltarsi verso Colin. «Possiamo parlarne in... privato?»
Probabilmente aveva intuito quanto fosse alta la tensione in quel corridoio: continuare lì la discussione sarebbe stato molto, molto pericoloso.
Colin annuì. «Sì, certo. Possiamo usare il mio ufficio.»
«Perfetto.» Convenne Adam. Poi sembrò ricordarsi che il nostro capo era un altro. «Cioè, sempre se va bene anche a te.» Aggiunse rivolto a Sean.
«Va bene.» Rispose secco lui senza perdere il suo atteggiamento scontroso.
«D'accordo.» Mormorò Colin. «Il mio ufficio è la porta in fondo al corridoio, vogliamo andare?»
Al cenno d'assenso di Sean, lui si voltò e cominciò a farci strada. Con mia grande sorpresa, Nathan mi affiancò. Dall'altro lato, accanto a me, avevo Adam, che sembrava troppo preso dai suoi pensieri per parlare. Anche Nathan rimase in silenzio. Si limitava a studiare le facce nuove tenendo le mani nelle tasche dei jeans; la sua espressione non tradiva niente se non curiosità e voglia di sapere.
Quando arrivammo di fronte alla porta dell'ufficio, sorse un nuovo problema: i cacciatori erano in maggioranza e questo non ci avrebbe garantito una giusta rappresentanza.
Fu Colin a proporre una soluzione. «Facciamo due dei tuoi e due dei miei?» Chiese guardando Sean.
Per la prima volta mi accorsi che lo trattava come un suo pari, e non come una creatura che credeva inferiore. Avrei pagato oro per vedere cos'era successo mentre Adam mi tirava fuori da quella dannata cella.
Sean annuì. «Sì, mi sembra giusto.»
«Bene.» Commentò Colin prima di aprire la porta.
Sean si voltò verso di noi e il suo sguardo andò subito ad Adam. Fece un cenno con il mento verso l'ufficio. «Andiamo.»
Avrei dovuto capirlo prima, ma lo realizzai solo in quel momento. «Aspetta un attimo.» Esclamai guadagnandomi parecchie occhiate sorprese. «E noi? Cioè, questa cosa ci coinvolge tutti.»
«Due licantropi, due cacciatori.» Replicò Sean con voce dura.
«Ma anche noi vogliamo sapere. Cos'è tutto questo mistero?» Chiesi guardando Adam: magari lui sarebbe stato più propenso a darmi qualche risposta. Nello stesso tempo realizzai che lui non era un licantropo, quindi noi saremmo stati rappresentati da un lupo e un umano. A quanto pareva, però, Sean voleva far credere ai cacciatori che avessero davanti quattro lupi mannari.
«Aspetterete. Non ci vorrà molto.» Dichiarò Sean con fare sbrigativo. Adam si lasciò sfuggire una smorfia che mi fece capire che non era d'accordo.
«Voi siete sistemati, quindi tocca noi.» Borbottò Colin più per sé che per noi. Fece scorrere lo sguardo sui suoi cacciatori studiandoli. Nathan aveva drizzato le spalle e aveva un luccichio impaziente negli occhi: si aspettava di essere scelto come secondo rappresentante dei cacciatori. Samuel e Tristan, invece, se ne stavano in disparte; avevano espressioni cupe e contrariate.
Dopo qualche istante, Colin sospirò. «Dovrò chiamare Brian.»
«Cosa? Perché lui?» Scattò Nathan guardando il suo capo con aria implorante.
Colin sembrò interdetto. «Perché mi serve un altro cacciatore.»
Nathan si indicò. «Ci sono io.»
Colin strinse le labbra e scosse la testa. «No, Nate.»
Il biondino apparve deluso, ma non disse niente. Fece un paio di passi indietro e chinò la testa. Dovevano essere abituati ad eseguire gli ordini di Colin, in fondo, lui era il capo lì dentro. Questo non significava che lo facessero sempre volentieri. E questo ci rendeva simili, in un certo senso: anche noi, in quanto branco improvvisato, dovevamo rispondere a Sean, però non sempre eravamo d'accordo con lui. Forse non eravamo poi così diversi, tranne per il fatto che noi non rapivamo o uccidevamo nessuno.
Colin si voltò verso Sean. «Cinque minuti e sarà qui.»
Sean annuì distrattamente. «Bene. Voglio risolvere in fretta questa cosa.» E lanciò un'occhiataccia ad Adam.
Colin fece un breve cenno d'assenso e si allontanò di qualche passo prendendo un cellulare dalla tasca dei pantaloni. Decisi di approfittare di quell'attimo di pausa per chiarire la situazione. Mi voltai verso Adam e cercai di comunicargli con lo sguardo la mia necessità di parlare. Sembrò capirmi, infatti mi fece un cenno di seguirlo verso l'uscita poco più su dell'ufficio. Ci accostammo alla porta, lontano da sguardi e orecchie indiscrete.
«Che cos'hai in mente?» Chiesi senza mezzi termini.
«Voglio proteggerti, Scar.» Rispose guardandomi negli occhi con espressione intensa e determinata. «Continuare questa faida tra lupi e cacciatori è dannoso. Non voglio che tu corra altri rischi.»
Mi venne voglia di abbracciarlo, ma mi trattenni. «Quindi? Che vuoi fare?»
Si morse il labbro inferiore. «Stringere un accordo, una qualche alleanza che ci garantisca una sorta di immunità.Colin ha detto che Sean li ha dimezzati e che hanno capito quanto siamo pericolosi. Neanche loro vogliono un'altra guerra. Sto solo sfruttando questo loro momento di debolezza.»
Rimasi senza parole dalla genialità di quel piano. Non riuscii a fare a meno di riconsiderarlo, di vederlo sotto una nuova luce: Adam era molto più scaltro di quanto non sembrasse. «Te l'hanno mai detto che potresti fare l'avvocato?» Mormorai ammirata.
«Di solito mi prendono per un futuro professore.» Replicò con un mezzo sorriso.
Mi avvicinai a lui abbastanza da sentire il suo respiro tiepido sfiorarmi la pelle. «Allora sbagliano. Hai l'intelligenza di un grande stratega.»
Scosse la testa e distolse lo sguardo. «Stai esagerando, Scar.»
«Sto solo dicendo la verità.» Sussurrai ritrovandomi ad osservare le sue labbra.
I suoi occhi blu incontrarono i miei. «Risolveremo questa cosa, okay? Farò in modo che nessun cacciatore possa più farti del male.»
Mi ci volle un notevole sforzo di volontà per non lasciarmi sfuggire qualche lacrima. Gli gettai le braccia al collo e lui ricambiò la stretta affondando il viso nei miei capelli. «Grazie.» Mormorai sinceramente riconoscente.
Si allontanò appena da me e mi diede un bacio sulla fronte. «Di nulla.»
«Adam.» Lo richiamò Sean con voce autoritaria.
Adam si morse il labbro e mi rivolse una sguardo come di scuse. «Devo andare.»
Mi sporsi verso di lui e gli sussurrai all'orecchio: «In bocca al lupo.»
Riuscii a strappargli un sorriso. Mi diede un bacio all'angolo della bocca prima di voltarsi e tornare da Sean. Accanto a lui c'era Colin, impegnato in una discussione con un nuovo arrivato.
Era un uomo alto, con le spalle larghe, i capelli ingrigiti, folte sopracciglia nere e lo sguardo gentile. Mi risultava difficile credere che fosse un cacciatore; più che altro sembrava un padre di famiglia. Indossava una camicia di flanella a quadri e dei pantaloni scuri. Non riuscivo proprio ad immaginarmelo con un fucile in mano, sembrava del tutto estraneo a qualunque tipo di violenza.
Mi avvicinai anch'io, titubante eppure curiosa. Matthew mi guardò riconoscente e sollevato da un'altra presenza amica, e abbozzò un sorriso. Samuel e Tristan parlottavano tra loro stando ben attenti a mantenersi a distanza da quello che evidentemente consideravano un tradimento. Nathan osservava la scena con quel suo sguardo curioso e l'espressione attenta.
Il nuovo arrivato si voltò verso Sean e gli tese la mano. «Io sono Brian.»
Sean continuò a tenere le braccia incrociate al petto e lo studiò con aria di sufficienza. «L'avevo intuito.»
Brian abbassò la mano, sorpreso. «Oh... D'accordo. Ho sentito che avete una proposta per noi.»
Sean guardò Adam con aria eloquente; sembrava dire "sì, per colpa sua." «Già. Possiamo cominciare o vogliamo fare una riunione di famiglia?»
«Cominciamo.» Borbottò Colin prima di aprire la porta. «Prego.»
Sean entrò senza esitare guardando dritto di fronte a sé. Adam lo seguì dopo avermi lanciato un'occhiata. Brian fece un cenno di saluto a Nathan e varcò la soglia. Colin gli andò dietro aiutandosi con la stampella e si chiuse la porta alle spalle.
Distolsi lo sguardo con un sospiro: si prospettava una lunga attesa. E quel corridoio mi sembrava fin troppo claustrofobico. Per non parlare di Samuel e Tristan che sembravano complottare contro di noi dal loro angolino buio.
«Vado a prendere un po' d'aria.» Annunciai senza riferirmi a nessuno in particolare.
Tornai alla porta vicino alla quale avevo parlato con Adam e uscii. Mi ritrovai sul retro dell'edificio con un parcheggio vuoto di fronte a me. Il cemento del marciapiede era crepato e pieno di erbacce. Era piuttosto deprimente come posto. E pensare che ci ero quasi morta...
Mi appoggiai al muro con la schiena e mi strinsi le braccia al petto. Era una situazione complicata e molto strana: chi l'avrebbe mai detto che licantropi e cacciatori sarebbero giunti ad un qualche tipo di accordo? O meglio, che ci avrebbero provato? In fondo, ancora non c'era niente di deciso. Per come stavano le cose adesso non era detto che saremmo usciti tutti vivi da quel posto.
«Oh, sei qui.» Disse una voce facendomi sobbalzare. Mi voltai di scatto, i muscoli in tensione, e mi ritrovai davanti Nathan. Si stava affacciando dalla porta, ma quando mi vide uscì chiudendosela alle spalle. Infilò le mani nelle tasche dei jeans guardandomi di sottecchi.
Ricambiai l'occhiata inarcando un sopracciglio. «Che vuoi?»
«Uhm, niente.» Rispose dando un calcio ad un sassolino. «Solo... ecco, volevo chiederti scusa.»
Spalancai gli occhi, sorpresa. «Cosa?»
«Sì, insomma, non abbiamo cominciato col piede giusto.» Replicò osservando il marciapiede.
«Tu dici?» Chiesi ironica. «Quel pazzo del tuo amico mi ha sparato.»
Chinò la testa. «Beh... In effetti non è stato carino da parte sua.»
Allargai le braccia, incredula. «Questo è il più grande eufemismo del secolo.»
Sollevò lo sguardo su di me e quello che lessi nei suoi occhi fu dolore e rimorso. «Lo so. E anche se non hai motivo di credermi, ti giuro che... odio quello che ti hanno fatto.»
«Hai partecipato anche tu.» Mormorai.
Chiuse gli occhi per un attimo e si morse il labbro. «Sì. È solo dopo che ho capito quant'è sbagliato. Non abbiamo il diritto di fare quello che facciamo. Cavolo, siete umani come noi. Okay, forse non esattamente come noi, ma di sicuro meno bestie di come vi descrivevano.»
«È... Non lo so. Credevo che ne fossi convinto anche tu. Della nostra fantomatica natura diabolica, intendo. Non è quello che vi insegnano?» Domandai senza riuscire a distogliere lo sguardo da lui.
Annuì aggrottando la fronte. «È così. C'è un addestramento, ti fanno credere le peggiori cose sui licantropi, ti insegnano a temerli. Ma... dopo aver visto te e il tuo branco ho capito che non siete mostri come vi dipingono, tutt'altro.»
Non riuscivo a credere a quello che sentivo: un cacciatore mi stava chiedendo scusa? E ammetteva di essersi sbagliato? «Non ti capisco. Pensavo che tu fossi... che fosse una certezza per voi considerarci i cattivi. Che non ci fosse spazio per i ripensamenti.»
Una smorfia gli arricciò le labbra. «Già... Beh, l'addestramento inizia fin da piccoli, ti inculcano tutte quelle cavolate non appena inizi a parlare. Se a te raccontavano la favola di Cenerentola, a noi facevano resoconti delle missioni.»
Incrociai le braccia al petto. «Un buon modo per conciliare il sonno parlare di come avevo ucciso dei licantropi, sì.» Lo vidi incassare il colpo incurvando le spalle e decisi di approfittare del suo improvviso rimorso per indagare. «Come facevate a sapere cos'ero? E dove ero?»
«Noah, il ragazzo che ti ha sparato, si occupa delle ricerche. È una specie di hacker. Seguendo degli indizi base, coincidenze comuni a tutti i licantropi, restringiamo il campo fino a tirarne fuori un nome.» Teneva lo sguardo basso e le mani affondate nelle tasche dei pantaloni. Sembrava un bambino che viene rimproverato dalla madre.
Ero ancora scettica, mio malgrado: il rimorso nei suoi occhi era sincero, lo sapevo, eppure non riuscivo a fidarmi. «Quindi una volta che avete trovato un licantropo organizzate una squadra ed andate ad ucciderlo?»
«Di solito lo catturiamo prima.» Mormorò. «Sai, per interrogarlo.»
«Sì... so bene di cosa parli.» Borbottai stringendomi le braccia al petto. «Quella bambina... Denise, che ci fa qui?»
Un sorriso inconsapevole gli sfiorò le labbra nel sentirla nominare. «È la figlia del capo. Non è una cacciatrice, e non lo sarà mai. Non dopo che la madre ha scoperto il lavoro del padre.»
«Sono separati, giusto?» Chiesi.
«Sì, lei ha chiesto il divorzio quando è venuto fuori che Colin è un cacciatore di licantropi. Karen non voleva che la figlia seguisse le orme del padre così lo ha mollato e adesso è in corso una battaglia legale per l'affidamento della figlia.» Rispose stringendosi nelle spalle.
«Oh... Colin voleva fare di lei una cacciatrice?» Domandai osservandolo.
«Forse, non ha avuto il tempo di pensarci, credo.» Replicò.
Inclinai la testa di lato, sorpresa. Mi stava dando delle informazioni di sua spontanea volontà, stava rivelando al nemico dettagli preziosi. Ma l'unica cosa che sembrava provare erano sensi di colpa. «A che età comincia l'addestramento di cui parlavi prima?»
Trasse un respiro profondo. «Dipende. La maggior parte dei bambini che si uniscono a noi nascono in famiglie di cacciatori quindi il loro addestramento comincia subito. Sai, vedere tuo padre che sparisce nelle notti di luna piena e torna il giorno dopo diventa normale dopo un po'. E quando ti ritengono grande abbastanza comincia l'allenamento vero e proprio. Nel frattempo continuano a ripeterti quanto siano pericolosi e malvagi i licantropi e che sono stati mandati dal diavolo o roba del genere.»
«Ah però, sono parecchio fantasiosi.» Borbottai spostando lo sguardo sulla strada.
«In realtà, dopo aver visto voi mi sembrano solo stupidaggini.» Ammise.
Spalancai gli occhi e lo guardai, incredula. «Non vorrei essere ripetitiva, ma... cosa? Stupidaggini? Solo qualche giorno fa mi sembravi più che convinto di quello che facevi.»
Si incupì di colpo, ma sembrava che ce l'avesse con se stesso più che con me. «Hai... hai perfettamente ragione. Avrei voluto accorgermi prima di quanto fossero infondate le convinzioni dei cacciatori. Voi non meritare niente di tutto questo. Non siamo tanto diversi dalle bestie che pensiamo di cacciare se ci comportiamo così.»
Senza rendermene veramente conto, allungai una mano e gliela posai sul braccio. «Nathan...»
Mi bloccai, sorpresa dal mio stesso gesto. Guardammo entrambi la mia mano come se fosse stata chissà qualche strana creatura. Imprecai mentalmente contro quella mia mancanza d'attenzione e ritirai il braccio, imbarazzata. Che mi era venuto in mente? Lui era un cacciatore, il nemico... No, non più. O meglio, non lui in particolare. Magari gli altri cacciatori sì, ma lui sembrava sinceramente pentito di ciò che aveva fatto.
«Non so come ti chiami.» Sussurrò lui fissando il marciapiede.
Tornò a sembrarmi un bambino e provai una strana empatia per lui. «Scarlett. Mi chiamo Scarlett.»
«È... è un bel nome.» Fece per aggiungere qualcosa, ma ci ripensò. Alla fine, si decise a dire: «Senti, secondo te possiamo ricominciare da capo? Non voglio che ci siano rancori.»
Inarcai un sopracciglio. «Scusa se te lo faccio notare, ma tu sei uno di quelli che mi ha catturata, che mi ha sparato e poi chiuso in una dannata cella: davvero pensi che basti dire "ricominciamo da capo" per cancellare tutto questo?»
Lo vidi deglutire con fare nervoso. «Sì, immagino che sia stato stupido da parte mia pensare che avresti trascurato questi dettagli, eh?»
Incrociai le braccia al petto guardandolo con fare eloquente. Lui annuì tra sé e sé prima di sollevare lo sguardo sul cielo.
Sembrava di colpo più pensieroso e cupo e questo stonava con la sua aria giovanile. Nonostante questo, adesso che potevo osservarlo più da vicino, notai che c'erano dei tratti in lui che ne sottolineavano anche un certo distacco dall'adolescenza: aveva la linea della mascella affilata, una barba appena accennata di un biondo dorato sulle guance, lo sguardo attento di un soldato, le spalle ampie e muscolose. Non era esattamente adulto, ma nemmeno un ragazzino. E probabilmente quello che aveva vissuto come cacciatore aveva contribuito a renderlo più maturo e meno avventato.
«Comunque...» Esordì riportandomi sull'attenti. «Non ci siamo presentati come si deve.»
Una parte di me voleva tirargli un pugno sul naso, l'altra era curiosa di vedere dove sarebbe andato a parare. «Mmh.»
Mi tese la mano. «Piacere di conoscerti. Sono Nathan Evans.»
«Quando hai detto ricominciare intendevi proprio dall'inizio, eh?» Borbottai vagamente divertita.
Lui però non rispose, rimase in attesa, gli occhi nocciola che mi studiavano con una certa impazienza. Dopo qualche secondo, sospirai e gli strinsi la mano. «Scarlett Dawson.»
«Beh, Scarlett, immagino che questa sia la più grande stranezza del secolo: un cacciatore che stringe la mano ad un licantropo. Una follia.» Commentò. Ed era assolutamente vero.
Avrei dovuto odiarlo, fuggire qualunque tipo di contatto con lui, eppure ero lì. Quando lasciò la presa tornai a stringermi le braccia al petto quasi senza rendermene conto, ma non mi sentivo sporca, impaurita o arrabbiata.
«Ogni tanto i cambiamenti sono necessari, no?» Dissi con un sorriso appena accennato.
Lui sembrò sorpreso, ma anche felice di vedere che l'ostilità si stava appianando. «Soprattutto quello che ci fanno più paura.»



SPAZIO AUTRICE: Ehilà!
Lo so, sono una pessima autrice, ho aggiornato in super ritardo e vi chiedo scusa. Devo anche rispondere alle recensioni >.>
Btw, ve l'avevo detto di tenere d'occhio uno dei cacciatori perché vi avrebbe sorpreso, giusto? E infatti eccolo lì, Nathan Evans, addestrato ad uccidere ma non convinto di ciò che i cacciatori rappresentano. Che ne pensate di lui?
Abbiamo anche visto che Sean sembra disposto a tentare un accordo con i cacciatori, ma avrà la pazienza di arrivare fino in fondo o mollerà la strada più pacifica e farà di testa sua? Sì, mi piace riempirvi di domande perché sono curiosa.
Bien, mi scusco ancora per questo ritardo immenso e prometto che la prossima volta sarò puntuale ^^
Un bacio <3

TimeFlies

Under a Paper Moon (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora