«Entro ed esco quando mi pare!»

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Già la sera prima Sam si era sentito strano ma quando si svegliò con mal di testa e un po' di nausea, capì di essersi beccato l'influenza. "Questa non ci voleva! Proprio oggi che ho una causa."
In più sarebbe stata la prima senza rete di sicurezza, ovvero sarebbe stato solo in aula. Forse era solo una febbre psicosomatica, la famosa ansia da palcoscenico.
Si rese conto che non ce l'avrebbe fatta a recarsi al lavoro in motorino, perciò chiamò un taxi.


Entrò nel suo ufficio, cioè quello di Charlie, si sedette alla scrivania e tentò di ripassare l'arringa che avrebbe dovuto pronunciare ma le lettere continuavano a confondersi davanti ai suoi occhi. Quando vide che era quasi ora di andare, tentò di alzarsi ma ebbe un capogiro e si risedette di colpo.
Charlie alzò la testa dalla tastiera. «Qualcosa non va, Sam?»
«No, sto bene.» "Devo farcela! Fra cinque minuti ci riprovo."
«A me non sembra» disse avvicinandosi a lui e guardandolo meglio. «Sei venuto qui di corsa?»
«No, perché me lo chiedi?»
«Sembri accaldato...» Prese il cellulare. «Gabe? Credo che Sam non stia bene... Sì, è nel mio... Gabe?... È caduta la linea...»
La porta si spalancò. «Pasticcino, che ti succede?» chiese Gabriel preoccupato e corse da Sam. «Senti come sei caldo!» disse, tirandolo contro di sé e appoggiandogli le labbra sulla fronte. «Cioè sei più caldo del solito. Non dirmi che sei venuto in motorino.»
«No, ho preso un taxi.» Strano, adesso cominciava ad aver freddo... ma Gabriel e Charlie non erano imbaccuccati...
«Sarebbe stato meglio se fossi rimasto a casa» esclamò Gabriel scuotendo la testa.
«Devo andare all'udienza...» disse Sam, cercando nuovamente di alzarsi ma l'avvocato lo risospinse verso la sedia.
«Al diavolo l'udienza!» esclamò. «Tu resti qui in ufficio, vado io al dibattimento... Il caso è quello di quei ragazzi denunciati da una maestra bigotta, vero?»
«Proprio loro... Mi dispiace di essermi ammalato proprio oggi» mormorò Sam.
«È tutto ok, pasticcino. Cerca di riposare» gli disse, baciandolo in fronte.
Sam appoggiò la testa alla scrivania, così sentiva meno la nausea e chiuse gli occhi. Sentendosi accarezzare i capelli, aprì gli occhi e vide Gabriel che lo fissava con tenerezza.
«Devo essermi addormentato... Com'è andata?» biascicò.
«Avresti dovuto esserci, Sammy! Avresti sentito una delle più appassionate arringhe che siano mai state pronunciate in un aula di tribunale... peccato che non fosse la mia. L'avvocato della controparte ha riesumato lo spirito costituente dei padri pellegrini e altre amenità del genere... e quel vecchio barbogio del giudice non se l'è sentita di spedire in soffitta una legge stupida e obsoleta... ma tu guarda se due cani non possono accoppiarsi davanti a una scuola(1)... Vieni che ti porto a casa.»
«Non so se posso...»
«Certo che puoi! Ti autorizzo io, a che serve essere socio maggioritario se non puoi approfittarne?» Gli passò il braccio intorno alla vita e lo aiutò ad alzarsi. Si rese conto però che Sam sembrava lì lì per svenire e, cosa peggiore, era troppo pesante perché lui potesse farcela da solo. Fu uno dei pochi momenti in cui detestò essere più basso del suo ragazzo.
Si girò verso Charlie. «È inutile... da solo non ce la faccio... Dolcezza...?»
Non aveva neanche finito di formulare la frase che Charlie si era già posizionata dall'altro lato di Sam per aiutare Gabriel.
Nell'atrio c'era Raphael che faceva delle fotocopie. «Che sta succedendo?» chiese fissando quell'insolito trio.
«Samuel non si sente bene, così lo accompagno a casa.»
«Vedo che qui si entra e si esce quando se ne ha voglia» replicò freddamente.
«Entro ed esco quando mi pare e sai perché posso farlo? Perché da quando sono arrivato, mi son sempre dato da fare. Non passo il mio tempo a insultare i potenziali clienti o a rimuginare sulla mia squallida vita. Se vuoi darci una mano, te ne sarò grato, altrimenti porta altrove le tue inutili chiappe!»
«Ho del lavoro importante da svolgere, io!» e rientrò nel suo ufficio.
«Cos'è, hai paura di essere infettato da noi pervertiti?» gli urlò dietro Gabriel furioso.
«Lascialo perdere, Gabe» disse Charlie.


«Ma Gabriel! Questa è casa tua!» disse Sam aprendo gli occhi, quando sentì che Gabriel lo stava scuotendo per una spalla. Doveva essersi addormentato in macchina...
«Te l'avevo detto che ti avrei portato a casa, solo che non ho specificato in quale» ridacchiò. «Ce la fai a camminare?»
Charlie, dopo aver aiutato Gabriel ad accompagnare Sam al pickup, era tornata in ufficio ma per fortuna sembrava che il pisolino avesse giovato un po' al ragazzo che riuscì, con l'aiuto del fidanzato, a raggiungere il lettone e a sdraiarsi.
«Sai, trovo un po' strana questa situazione: metterti a letto, spogliarti e poi non fare sesso con te» ridacchiò Gabriel, mentre gli toglieva la giacca e gli sbottonava la camicia.
«Mi dispiace averti recato questo fastidio...» Si sentiva tutto intontito.
«Non dire sciocchezze! Stiamo parlando della tua salute, sai quanto tengo a te...»
Quando Sam rimase solo in canotta e boxer e si fu infilato sotto le lenzuola, Gabriel prese il telefonino e compose un numero: «Cassy? Credo che Sammy abbia l'influenza, potresti venire qui a controllarlo?... Senti, mi fido più di te che di 10 dottori messi insieme. Per entrare usa la tua chiave, io sarò al lavoro... Certo che l'ho messo a letto, anzi è la prima cosa che ho fatto dopo averlo spogliato" disse girandosi verso Sam e facendogli l'occhiolino. «Sei un angelo!... Sì, vabbeh hai solo il nome di un angelo» sbuffò divertito e riattaccò. Prese la pila di libri che era sul comodino e la posò sul pavimento, poi uscì dalla stanza e tornò qualche minuto dopo con un vassoio pieno di biscotti e un succo di arancia che posò sul comodino. «Rimarrei molto volentieri qui a giocare al dottore e all'ammalato» disse accarezzandogli il viso e guardandolo malizioso, «ma purtroppo devo tornare in ufficio, prima che loro ne approfittino per buttarmi fuori.»
«Non ti preoccupare, vai pure. Adesso mi sento molto meglio» rispose Sam sedendosi, si protese verso di lui per baciarlo ma dovette voltarsi velocemente per non starnutirgli addosso.
«E meno male che stavi meglio! Castiel arriverà presto...» Aprì il primo cassetto del comodino, rovistò un po' al suo interno e tirò fuori un pacchetto di fazzoletti di carta. «To' usa questi, i biscotti se ti viene fame. Ci vediamo stasera, pasticcino!»

*****


1) Vera! In California esiste una legge caduta in disuso ma mai abolita che dice che gli animali non possono accoppiarsi in pubblico, a una distanza inferiore ai 1500 piedi da scuole, locali pubblici o luoghi di lavoro.


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