A metà tra il crepuscolo ed il mattino

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Vorrei sapere chi ha creato
l'uomo con quei ritmi biologici,
chi ha osato farci tale dispetto,
chi ci ha mancato sì di rispetto
da regalarci una mente che va oltre, che marcia avanti senza freni alcuni, che procede per momenti illogici disperdendo dei limiti la coltre,
ma ci ha gettato in un corpo stretto, che sa camminare sopra le funi
per poi perdere poco dopo il fiato, che fugge il caldo così come il freddo, che per vedere il cielo vuole un tetto.

È un peccato,è un peccato enorme, perché siamo creature diurne
e di notte siamo del dio Morfeo, che con i suoi incantesimi e forme ci seda e ci trasforma in suo trofeo. Eppure son proprio le ore notturne a svegliare l'animo maledetto,
a predisporlo al bello ed al sublime, ponendogli una domanda crudele: "Conosci, di notte, il termine "fine"?" Mentre il cuore cerca di rispondere, il corpo è voluto andare a dormire, in modo che il cuore oserei dire
ad uno strano fuso orario incline.

No, non esiste la parola fine
in una notte, di cui già gli estremi sono sfumati con i loro temi,
che uniscono musica e colori.
Il tramonto come il rotto confine,
che l'orizzonte prova a ricucire;
l'alba come la tela dei pittori,
su cui i rosa ed i bianchi trovan posto: insieme a contenere il non finire.
Il mio pensiero corre alle stelle, incastonate nel blu opposto al mare, a metà tra il crepuscolo e il mattino,
a metà della loro vita eterna
da lucciola a focolare a lanterna,
solo all'inizio del mio cammino.

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