Addio

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Le nuvole minacciavano scure all'orizzonte, un groviglio di lampi e tuoni che vi si nascondevano all'interno, l'aria carica di elettricità. Malia poteva già sentire l'odore acre e pungente della pioggia trasportata dal vento freddo. Lo sentiva contro la pelle, mentre lentamente le stava asciugando il viso leggermente bagnato dalle lacrime salate. Lo sentiva soffiare senza tregua, infilandosi fra i suoi capelli e fra la maglia, congelandolo il corpo.

Malia però non sentiva freddo. Non sentiva più niente. Guardava i bagliori del cielo, circondata dalle tende di cotone bianco che le svolazzavano intorno, inerme. Immobile, piangeva silenziosamente, arrabbiata con se stessa. Si voleva punire, punire disperatamente, maledicendo il giorno in cui era nata. Si era fatta male, molto male. Si era graffiata talmente forte e con tanto ardore che le braccia erano ricoperte dal suo sangue raggrumato ormai da ore.

Ma non era servito a niente. Il dolore e il vuoto che la riempivano da mesi era ancora lì, costantemente presente in ogni minuto della sua inutile esistenza. Si detestava. Detestava se stessa, il suo corpo, il suo carattere, tutto ciò che era parte di lei.

Escluso Stiles.

Il moro dalla pelle bianca e chiara faceva parte di lei, parte del suo cuore. I suoi occhi tormentavano il suo sonno, tutte le notti, facendola svegliare di soprassalto, col cuore che batteva impazzito. Continuava a sognare il suo profumo, l'unico odore umano che la faceva sentire protetta, a casa. E come poter dimenticare le sue carezze, le dita magre ed affusolate che le circondavano il viso ogni volta che la stava per baciare, il suo calore.

I suoi occhi. Quell'occhi color nocciola screziati di verde, contornati da lunghe ciglia scure, erano scolpiti nella sua memoria.
Si ricordava il modo in cui l'avevano osservata, quella notte senza luna.

Raggiunse in pochi minuti la casa degli Stilinski, immersi in un buio spettrale. Lo sceriffo dormiva da un pezzo, i sonniferi prescritti dal medico per stemperare la tristezza svolgevano il loro dovere. Le prime grosse gocce di pioggia rimbalzarono sul parabrezza della Jeep argento, costringendo Malia ad accelerare il passo. La pioggia scivolava gelida lungo le braccia e il volto, ma lei non la sentiva. Nei suoi polmoni c'era solo la scia del respiro di Stiles che dormiva a pochi passi da lei.

Lui non l'avrebbe abbandonata, mai.

Sarebbe rimasto  sempre lì, nel suo cuore e nella sua mente.

Entrò nella stanza del moro e chiuse il mondo oltre la finestra della camera.
Stiles si svegliò, guardando il viso sofferente e bisognoso di Malia e non ci fu bisogno di dire nulla.

Si liberarono delle ferite del passato, del tempo, dei ricordi; li abbandonarono nel cumulo di abiti ai piedi del letto, in cerca di una soluzione a un ' angoscia che non lasciava il respiro. Malia si lasciò alle spalle il fantasma di sua madre, e per il breve intervallo di una notte si concesse di essere soltanto Malia; nella sua pelle ambrata c'erano soltanto Stiles e le infinite possibilità di un'alba al suo fianco.

Una vita insieme, una casa , dei bambini; magari anche un pesce rosso.
L'orsacchiotto  di peluche di sua sorella in mezzo ai cuscini del suo letto matrimoniale, a ricordo delle creatura che li aveva fatti incontrare dall'aldilà. Le domeniche da trascorrere nel bosco e il giardino innevato da gustarsi seduti davanti al fuoco del camino, sulle gambe la coperta patchwork che tanto aveva amato.

Stiles aveva atteso che fosse lei a raccontarsi, ma gli fu bastato lasciare la porta dell'anima appena socchiusa per vederla entrare e non andarsene più.

E lei era nel suo letto.

Stiles sentiva il corpo forte e vigoroso muoversi sotto di lui, sciogliersi fra le sue dita.

" Ti amo" sussurrò prendendole il viso tra le mani, buttando fuori le parole con l'urgenza disperata di chi non sa se avrà una seconda possibilità. Con Malia la vita era sempre troppo breve per fermarsi a pensare. Lui non voleva partire. Sarebbe rimasto. Per lei. La sua ancora di vita.

Glielo ripeté, guardandola dritto negli occhi, calandosi dentro di lei fino a sentire il calore vivo del sangue. Si era presa tutto, tutto di lui. Era suo, completamente.

" Non dirmelo" rispose lei con gli occhi pieni di rimpianti.

" Non dirmelo" ripeté prima di lasciarsi andare alla deriva, lontano da se stessa e dal suo passato.

Le lancette del tempo si sfaldarono nei sospiri, e le mani si intrecciavano in una promessa nuova, che non si sarebbe mantenuta, unite nell'abbraccio di due isole lontane. Lo scontro fra i loro corpi liberò nell'aria un calore inaspettato, ma non appena il magma rovente del loro amplesso si acquietò non rimase che il silenzio a separarli.

La luce azzurrina dell'alba disegnò uno squarcio sulla guancia di Malia e Stiles. Lei aprì gli occhi, riemergendo senza fiato da un sogno finito di colpo.

Si sedette sul bordo del letto accanto a Stiles. Non avrebbe potuto dimenticare quella notte, mai. Portava impresso sulla pelle il ricordo della sua schiena nuda, delle cicatrici sul suo corpo, delle scie dei baci roventi. Avrebbe potuto ricostruire a occhi chiusi la mappatura di tutti i suoi nei, se avesse voluto, e ricordare il numero esatto delle pieghe intorno agli occhi quando sorrideva.
Ma non c'era posto per lei. Non accanto a Stiles, non a Beacon Hills. Doveva lasciare che il moro potesse riuscire a rifarsi una vita, lontano da lei, dal mostro.
La lupa del Deserto e sua sorella di aggiravano ancora come fantasmi fra i suoi ricordi . Non avrebbe mai smesso di odiarsi per questo.

Lei e Stiles non erano stati insieme a lungo, forse troppo poco, eppure quei dettagli erano inciso nella sua mente, e non avrebbe potuto cancellarli nemmeno volendo; erano tutti archiviati nella sua memoria, registrati nelle linee discontinue dei polpastrelli.

Sorrise, sfiorando con una carezza i suoi capelli corti.
Stiles la stava guardando. La stava supplicando di tornare indietro, di tornare da lui, che poteva rimanere, restare, annullare quella partenza disperata, per scappare dalla realtà di una vita senza Malia.

" Resta. Non andartene. Resta con me. "  soffiò lui sul viso di lei.

Un'ultima supplica.

" Non posso " sussurrò.

Stiles capì. Si rassegnò alla dura realtà. Non riusciva a non darsi  la colpa, aveva fallito. Non era riuscito ad amare abbastanza per tutti e due.

Avrebbe dovuto imparare a conviverci, ma aveva bisogno di distanza per farlo.
Allontanarsi dai sentieri conosciuti, esplorare un nuovo Stiles e chiudere i conti col passato e Beacon Hills. Se si guardava indietro vedeva ancora troppe porte aperte alle sue spalle, stanze che doveva visitare per volare via.

Aveva bisogno di respirare lontano da lì, di ricominciare altrove. Riacciuffò i vestiti da terra, le mani ancorate alla testiera del letto.

" Non ti ho mai avuta davvero, giusto?" le aveva chiesto prima di vederla saltare giù, nel buio della notte.

Malia aprì di nuovo gli occhi, il respiro affannato, il cuore spezzato e martoriato da quel ricordo. Si avvicinò al bordo del davanzale, la maglietta di Stiles ancora profumata si stava appiccicando al suo corpo. Se ne stava là, in bilico, scalza. La pistola contenente un'unica pallottola di strozzalupo luccicava mentre le dita della mano destra la stringevano.

Se la portò al petto, al centro preciso del suo cuore, dove albergava il suo amore più profondo.

Con gli occhi fissi davanti a sé, si immaginò quelli di lui.

Occhi innamorati, che lei amava a sua volta.

Occhi bagnati di pioggia, dei mille inverni che sarebbero venuti e che avrebbero potuto vivere insieme.

Occhi di Stiles, così ferocemente calmi e simili ad un cuore che Malia aveva cercato nel tempo, e un dubbio che non voleva lasciarla.

Un lungo battito, l'ombra di un sorriso, un passo avanti  e il rumore di uno sparo che sfidava il rombo dei tuoni.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 25, 2016 ⏰

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