Capitolo 13

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Ritorniamo dalla macchina dopo alcune ore trascorse lontani dai miei genitori.
Michael mi è rimasto accanto. La sua mano è rimasta sulla mia schiena finché non mi sono seduto sul sedile posteriore della macchina.

Mia mamma ci spia sospettosamente dallo specchietto retrovisore.
«Allora, ragazzi» esclama, attirando la nostra attenzione. «Cosa avete fatto?»

Aggrotto le sopracciglia e la guardo cautamente. «Cosa intendi?»

Lei ridacchia e non prova a nasconderlo. «Vi abbiamo lasciati soli per un po' di ore. Dovete aver fatto qualcosa. Qualche passeggiata? Vi siete arrampicati su degli alberi? Avete saltato sui ciottoli nel torrente?»

«Ho gettato la tua insalata di tonno sotto a un albero.» Faccio spallucce, accomodandomi sul sedile più vicino a Michael.

Mio papà ride dal sedile del passeggero. Michael sorride, prima di guardarmi con un sorriso timido sul viso.

«Mh, ora spiegami perché l'hai fatto?»

«Tutti nel raggio di 200 miglia sanno che odio il tonno, mamma» brontolo. Non riesco a credere che sto avendo di nuovo questa conversazione con lei.

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Appena la mamma parcheggia nel vialetto, Michael esce per primo e io lo seguo. Afferro la sua mano e lo trascino nel giardino di fronte, lungo il suo vialetto, e poi su per i gradini del portico davanti a casa sua. Sono quasi entrato dentro senza chiedergli se a lui va bene, quando mi blocco con la mano sulla maniglia della porta.

Non abbiamo più undici anni. Non posso più entrare come se questa sia casa mia.

Michael nota subito la mia esitazione. «Vai avanti. Apri la porta, sii intrusivo proprio come ai vecchi tempi» ride di gusto.

«Quello succedeva solo attraverso le finestre» sorrido impacciatamente.

Quando apro la porta ed entro in casa Clifford per la prima volta dopo cinque anni, tutto mi colpisce come un tempo. Sono già piuttosto distrutto a livello emotivo dopo aver ricevuto la telefonata di Ashton, e ora mi sento annegare da tanti ricordi che adoro.

«Michael, tesoro, sei tu?» sento la signora Clifford gridare dalla cucina. Non le ho ancora rivolto la parola da quando sono tornati.

«L'unico e il solo. C'è anche Luke» grida Michael di rimando. Io sto ancora stringendo la sua mano, ma lui non fa niente per lasciarla andare.

Mi trascina in cucina, e io qui lascio la sua mano, perché non voglio che sua mamma si faccia strane idee.

«Luke! Sei così cresciuto!» La signora Clifford mi stringe in un forte abbraccio. «L'altro giorno stavo proprio parlando con Mikey delle strane cose che voi due facevate di solito. Vi ricordate quando avete deciso di correre per tutta la casa nudi e coperti di fango? È stata davvero un'idea geniale...» Lei ride, ricordando quelle stupide cose che avevamo fatto. «Siete cresciuti da allora, entrambi.»

«Mamma» geme Michael. «Avevamo cinque anni. Certo che siamo cresciuti!»

«Io veramente ricordo che... Ci hai mandato fuori e ci hai spruzzato addosso il tubo per innaffiare» ridacchio nervosamente.

La mamma di Michael è sempre stata come una seconda mamma per me. Io e Michael non avevamo mai bisogno di una babysitter, a meno che entrambi i nostri genitori non dovessero uscire insieme, allora la babysitter doveva badare sia a Michael che a me per quattro ore. Loro poi l'avrebbero pagata bene, o almeno spero che lo abbiano fatto, perché noi due eravamo proprio una vera tortura.

Quando tornavo a casa da scuola e i miei genitori erano ancora a lavoro, Michael mi portava a casa sua, dove sua mamma ci dava degli spuntini e ci lasciava guardare la tv. Restavo lì la notte e lei mi rimboccava le coperte come se fossi figlio suo. È sempre significato molto per me avere qualcuno come lei nella mia vita.

«Io e Luke andiamo al piano di sopra, okay?» annuncia Michael.

Lo seguo nella sua stanza. Le pareti, sempre della stessa tonalità di blu, adesso sono tappezzate di poster di band e non più dei poster con i gattini che volevo comprargli ogni volta che li trovavo. Ci sono un sacco di libri e blocchi per gli appunti sparpagliati, mentre il letto è perfettamente fatto e non ci sono vestiti abbandonati in giro. Almeno questo lato di lui non è cambiato.

«Scrivi ancora?» chiedo, passando le dita sulla sua scrivania incasinata, l'unica cosa disordinata nella stanza.

«Mi diletto...»

«Diletto nel senso "scrivo un libro per bambini di 100 pagine in un linguaggio da seconda elementare", oppure "sto per completare un'avvincente saga entro dicembre"?»

«La seconda» dice Michael timidamente, sedendosi sul letto. Lo raggiungo, appoggiandomi contro la spalliera.

«Mi lascerai leggerne di nuovo un pezzo, un giorno?»

«Oh...? Umm» Michael si mordicchia nervosamente il labbro. «Forse... Non è così fantastica. I personaggi non sono ancora ben sviluppati, e non so per niente come terminarlo.»

«Stai zitto. Scommetto che, su chiunque e su qualunque cosa sia, sarà fantastica!»
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Ciao, people!!!!! Perdonatemi il piccolo ritardo, ma tra connessione semi assente ed altri impegni, sono riuscita solo oggi a postare il capitolo.
Che teneri che sono i muke in questa storia! Non lo trovate anche voi? In questo capitolo, poi, Michael mi assomiglia troppo: entrambi con la camera ordinata tranne che per la scrivania, piena di libri e di blocchi per gli appunti, e entrambi che scriviamo storie. Ahah Michael, siamo compatibili.
Avete visto che ho cambiato la copertina?? Bethany l'ha cambiata con questa, allora io ho fatto lo stesso, anche se temo di aver fatto prendere un mezzo infarto a qualcuno... xunpodipayne , scusami!!
Se il capitolo vi é piaciuto, fatemelo sapere con un voto e un commento, e non dimenticate di passare dalla mia storia.
Ciao, people!! A presto!! ❤️

Luke and the Boy Next Door | Muke (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora