You can't be sad if you're dead

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É un banalissimo freddo pomeriggio d'inverno.
Decido di rimanere solo con la mia amata chitarra, ed un solo un pensiero in mente.
Proprio in quel momento, mi torna in mente Brendon. Quel ragazzo mi aveva dato così tanto durante questi anni insieme, mi aveva letteralmente conquistato. Era impossibile evitare la questione ormai. Con quei sorrisi dolci e quel suo fare da bambino...
"Devo assolutamente salutarlo, non posso lasciarlo così", dissi tra me e me.
Prendo il telefono e lo chiamo. Digito il numero.
Neanche ho dovuto controllare in rubrica, lo so a memoria ormai.
Dopo pochi squilli risponde.
«pronto Ry?»
Faccio una pausa per lasciar spazio a un largo sorriso; non che potesse vederlo ovviamente.
«si eccomi... volevo chiederti se avessi voglia di passare da me per una birra.»
Faccio una pausa, mentre mi mordo il labbro nervosamente per paura di un possibile rifiuto.
«Tipo adesso.»
Risponde lui tutto allegro.
«certo sono da te in tre... due.. uno...».
Appena sento suonare il campanello, lui riattacca velocemente. Sorrido divertito dalla sua velocità e gli apro. "Probabilmente era nelle vicinanze", cerco di giustificarlo per avermi praticamente preso in parola.
Mi rattristo quando il mio pensiero sfiora quella ragazza con cui si vede da un mese ormai. È talmente carina... gli auguro tutta la felicità possibile, almeno per loro... almeno per Brendon. Lui se la merita.
Certo, non nego di esser davvero geloso di questa Sarah. Credo anche lo abbiano notato tutti.
Quando usciamo con la band e successivamente ci raggiunge Sarah, invento sempre una scusa per andarmene.
Mi dispiace comportarmi cosí, non è giusto, sia nei confronti di Sarah, che di Brendon, ma non ci riesco, davvero.
La guardo e lo vedo allontanarsi sempre più da me. Fa male.
Vengo risvegliato dai miei pensieri dall'entrata scenica di Brendon.
«Sempre il solito pagliaccio.»
Dico ridendo, è l'unico ormai che riesce a strapparmi una risata.
Passiamo tutto il pomeriggio insieme, ridendo e scherzando. Sempre con una birra in mano, non potevo desiderare di meglio in questo momento. Solo io e lui, per l'ultima volta.
Avrei voluto che questo non finisse mai.
Così presi la decisione. Era il momento, lo stavo rimandando da troppo ormai.
Lo abbraccio di colpo probabilmente sorprendendolo per il mio gesto inaspettato.
«E questo per cos'era?»
Mi chiede con uno di quei sorrisi che mi fecero innamorare.
«Per essere sempre stato con me, dopo tanto tempo. Per avermi sempre capito e mai giudicato.»
Questa volta sono io a sorridere, come non facevo da tanto tempo.
«Tu hai fatto lo stesso con me»
Mi sussurra in un orecchio, facendomi perdere un battito. Dopo qualche minuto di silenzio in cui siamo rimasti stetti nel nostro abbraccio, Brendon aggiunge
«posso vantarmene con gli amici?»
Rido di nuovo e piano sciogliamo l'abbraccio.
«Come vuoi, scemo.»
Rispondo con un sorriso.
Il tempo passa ed è arrivato il momento in cui doveva andar via. Si era fatto molto tardi, era quasi mezzanotte.
Ci salutiamo e mi accerto che fosse fuori di casa.
Entro in bagno e chiudo a chiave.
Passa qualche minuto in cui non faccio altro che stare in piedi vicino alla porta a pensare a cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
Scoppio a piangere al solo pensiero, ma silenziosamente, come avevo imparato a fare quando ero piccolo e mi sentivo solo, non amato.
A quanto pare, Brendon non è del tutto andato, poiché, dopo alcuni minuti, lo sento cercare di aprire la porta. Mi fa sussultare.
Questo è un bel problema. Non posso rimandare ancora. Ormai mi sono deciso, sono sicuro.
Non posso lasciare andare quest'opportunità.
Dopo  tutta quella birra deve entrare anche lui.
«Sei in bagno? Sono tornato perché me la sto facendo sotto!»
Prova ad aprire ancora la porta ma vede che è chiusa.
«Sì, dovevo farla anch'io.»
Provo a giustificarmi.
«RYAN! ANDIAMO, TI MUOVI? DEVO PISCIARE, ALMENO APRI COSÌ ENTRO ANCHE IO, NON MI DIRE CHE TI VERGONI ORA? L'HO VISTO GIÀ TANTE VOLTE QUEL GRAZIOSO COSINO CHE TI RITROVI»
Bussa.Bussa.Bussa. Martella la mano sulla porta, ma sta solo amplificando il mio mal di testa.
«ORA ESCO!»
Rispondo per farlo calmare.
Mi asciugo le lacrime dal viso e mi guardo allo specchio. Inevitabilmente scoppio di nuovo a piangere.
Mi accascio lungo la porta dove, poco prima, avevo sentito Brendon fare lo stesso.
Le mie lacrime sono salate e calde. Fa male. Sento come un macigno che preme sul cuore. Non so se per le troppe emozioni o per il dolore.
Stringo di nuovo quella maledetta lametta che avevo ripromesso a Brendon di buttare, ma che ovviamente, non ho avuto la forza di fare. Sono un debole, un incapace! Bastava solo un po' di forza di volontà.
«Esci di lì»
Lo sento parlare ancora a voce alta. Probabilmente era un po' brillo.
«ti stai per caso masturbando?»
Cerca di aprire la porta.
Eh no, Bren. È chiusa a chiave.
Finalmente trovo la forza.
Lì seduto, prendo la lettera che avevo temuto con me nelle tasche. Inizio a scrivere.

Promise me a place in your house of memories. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora