I don't love you like I did yesterday

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E' sera.
Oggi pomeriggio è stato l'ultimo che avremmo potuto passare in spiaggia. Non ci posso credere, la gita è già finita. Tra piccioni, completini sexy, frittelle rosa glitterate, procioni e scopate qua e là con Gerard, siamo arrivati al penultimo giorno. Domattina dobbiamo partire presto, e i professori ci hanno detto di andare a letto presto, ma nessuno di noi ha intenzione di farlo: difatti sono tutti in salone, alla mega festa di Bob. Anche io mi sono imbucato: Gee oggi non si sentiva bene, gli ho dato un bacio di sfuggita, in corridoio, mentre nessuno passava, ma gli girava molto la testa e aveva i brividi. A cena non si è nemmeno presentato. Rimedieremo, in un modo o nell'altro. Dopotutto abbiamo comunque passato dei bei momenti, e io non pretendo certo che facciamo l'amore anche se sta male, anzi: darei qualsiasi cosa per rimanere accanto a lui, a curarlo e accarezzarlo, come se fossimo normali fidanzati. Ovviamente, però, purtroppo non posso. 
Beebo poi mi ha invitato comunque, dicendo che ci sarebbe stata musica forte e tutto il resto, e io non volevo stare chiuso in camera tutta la serata mente gli altri si divertivano, così ci sono andato comunque.

Adesso sono praticamente le dieci e mezzo, e ho bevuto abbastanza da andare in coma sul pavimento, mentre da lontano guardo Brendon farsi Ryan dietro una tenda messa lì a casaccio, che fa intravedere ogni cosa. Gli altri stanno facendo più o meno la stessa cosa, solo in modo più discreto.
Almeno cinque persone mi hanno chiesto di scopare, e ho rifiutato seccamente. Vorrei che Gee fosse qui.
Sbuffo, annoiato, senza alcuna compagnia, poi il mio telefono vibra magicamente.

Vieni nella sala da pranzo, amore mio. Ti aspetto, ho tanta voglia di te.
Xoxo Gee

Sorrido, improvvisamente illuminato, e cerco di non cadere per terra e allo stesso tempo di scansare un Brian arrapato dalla mia strada.
Una volta uscito dal caldo soffocante della sala, vado verso l'ascensore, barcollante. Le porte si aprono dopo pochi secondi, e sto per entrare quando intravedo una Alex praticamente in reggiseno e senza mutandine sopra una Sara praticamente nella stessa situazione che gemono abbastanza rumorosamente. Non ho capito chi ha le mani dove, ma non sembra una cosa molto innocente.
Entrambe urlano, spaventate, appena mi notano, poi la tipa della katana preme un bottone e a momenti ci lascio le mani. Per fortuna salto indietro appena in tempo per non rimanere incastrato tra le due porte.

Sospiro, poi mi rassegno a scendere le scale. Lo faccio velocemente, con il cuore che mi martella nel petto con movimenti veloci e fastidiosi.
Arrivo dopo pochi minuti davanti alla porta della sala nella quale mangiamo di solito, completamente al buio. Mi guardo intorno, poi la apro, tremante. Non mi annuncio ad alta voce: voglio fargli una sorpresa, baciarlo da dietro e poi dirgli "sono io, Frankie", e ridere con lui e spogliarlo lentamente.
Cammino lentamente, attento a non urtare i tavoli. Lo vedo: è girato di spalle, intento ad aprire una bottiglia di vino o qualcosa di simile.
Sorrido, beato, pensando al nostro primo vero appuntamento, e sono a pochi passi da lui quando sento la porta scricchiolare di nuovo.
Agile, salto dietro a un tavolino, nascondendomi alla vista di quella che probabilmente è una cameriera, data l'uniforme, poi rimango in silenzio, mentre Gerard si gira, stupito:

- Mi scusi, stavo solo... - comincia, imbarazzato e evidentemente ubriaco, mentre quella viene sempre più vicino a lui.

- Si risparmi le scuse. Ora deve metterla via - ha il viso in ombra, non la vedo.
Stringo i pugni.
Maledizione.

- Scusi, ma lei... - vedo il suo viso farsi avanti per cercare di riconoscerla, e subito dopo aprirsi in un sorriso a metà tra l'inebetito e il malizioso:

- Oh... ma sei tu.

Il mio cuore smette improvvisamente di battere.

- Ma certo, tesoro - la presunta inserviente fa un passo in avanti, e il viso di Lindsey si svela ai miei occhi.

Non riesco a capire cosa stia succedendo finché non la bacia.
Finché non mi viene in mente che il messaggio deve averlo inviato per sbaglio a due persone.
Mi viene il vomito. Tutto gira. E non è colpa dell'alcol.

Ma rimango.
Rimango solo per convicermi che è tutto vero, e che quello che avevo in mente era ben diverso dalla realtà.
Rimango per farmi del male e imparare, così, a lasciar andare le persone.

Rimango fino a che non la chiama amore.
Fino a che non la spoglia.
Fino a che non le dice che lei è tutto, qualsiasi altra cosa è un granello di polvere in confronto a lei.
Fino a che non le dice che è l'unica, l'unica ad avere tutto il suo cuore.
Fino a che non le tocca il seno, e poi la fa sdraiare su un tavolo.
Fino a che non gemono insieme.

Poi mi alzo.
Scappo.
Esattamente nell'istante in cui le dice che è così bello, fare l'amore con lei.

Corro.
Non mi importa se qualcuno mi sente, se qualcuno mi vede.

Finisco nel corridoio delle ragazze.
Vado alla porta di Jamia.
La bacio, forte, ma quando mi spinge sul letto non posso fare a meno di scappare di nuovo.
Corro in stanza e mi chiudo dentro, cominciando a piangere in un modo che non avevo mai creduto fosse possibile.
E mi accorgo che, nonostante non lo vorrei, fa male.
Fa male, cazzo.

Fa male.






















Angolo autrice:
Ehilá.

𝐬𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 • 𝒻𝓇𝑒𝓇𝒶𝓇𝒹  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora