La luce ormai alta del sole penetrava tra i piccoli spazi della serranda, proiettando un'ombra strana sulla parete opposta alla finestra.
La sveglia di Elena suonava a ritmo della sua canzone preferita, lei riteneva importante che almeno fosse un qualcosa di piacevole sennò si sarebbe svegliata molto più che di mal umore, soltanto che erano così dolci e calme che non appena smise sentì gli occhi pesanti e si appisolò di nuovo.
-Elena svegliati, dai muoviti o facciamo tardi. Ele mi senti? Allora dai, Elena!!!!-il fratello alla fine dovette urlare, e lei si mise immediatamente eretta sul letto come una molla appena scattata, aprì gli occhi di scatto e non appena mise a fuoco il ragazzo, gli saltò addosso:-Ma che cazzo ti urli!?-
-Non ti svegliavi, sono stato obbligato a farlo-fece spallucce, poi la prese di peso e la portò in bagno. Quando poggiò i piedi sul pavimento freddo, i brividi le percorsero i nervi e poi il ragazzo uscì, chiudendo la porta.
-Spero che pisciando non ti addormenti-urlò da fuori, lei ancora presa dal sonno riuscì solo ad annuire, come se lui potesse vederla e come se fosse una risposta sensata.Si sciacquò la faccia, si sistemò la massa di capelli che durante la notte si era aggrovigliata formando un cespuglio tutto nodoso e poi si diresse verso la cucina.
-Buongiorno principessa, dormito bene?-il papà le rivolse uno sguardo pieno di affetto, voleva un gran bene alla figlia.
-Se dormivo un poco più si-rispose con voce un poco impastata dal recente risveglio, e li diede un bacio sulla guancia sinistra. Vide che stava preparando il caffè senza zucchero come le piaceva con delle fette biscottate e Nutella per lei. Si mise a sedere a tavola, trascinando la sedia non riuscendo a sollevarla e dall'altra parte c'era il fratello che stava col cellulare nella mano destra e con un bicchiere di latte che ancora non aveva toccato nella sinistra.
-Posa il cellulare, a tavolo non si tiene-il fratello sembrava non darle ascolto e lei si sporse in avanti per poter vedere con chi chattava impazientemente, non riuscendoci lo ripeté, ma continuava ad ignorarla, guardò il padre con un gran punto interrogativo in faccia e le sorrise divertito:-Mi sa che qui il giovanotto ha trovato la ragazza-.
Alessandro improvvisamente si tinse di rosso, il padre aveva ragione e la sorella non poté fare a meno di stuzzicarlo, fece domande su domande, ma lui continuava a negare a tutto quello a cui Elena contrariamente affermava, le piaceva vederlo in questo modo, confuso, disorientato, ma con un sorriso che non riusciva a nascondere, come se non sapesse dove il suo cuore puntava anche se sapeva che era diretto verso qualcosa di grande, qualcosa che non riusciva a spiegare a pieno, l'Amore.
Elena pensava ai romanzi che leggeva, alle canzoni che ascoltava, ai film che vedeva e gli sembrava qualcosa di forte e potente, che è in grado di farti vivere sentendoti piena e felice, ma può anche distruggerti in pochissimo tempo. Alla ragazza faceva paura questo, perché per quanto ti possa farti stare bene, può farti male, ed il male è molto più forte del bene, (nonostante si dica che trionfi sempre), dal male è difficile rialzarsi, il bene ti fa solo illudere che possa continuare tutto liscio, questo suo pensiero la preoccupò per il fratello, ma sapeva che, se quella che si ipotizza sia la sua quasi ragazza (come sia possibile non lo sa) gli avrebbe fatto del male, lei sarebbe andata dalla tizia, l'avrebbe pestata e sarebbe tornata da lui per cercare di riaggiustare quello che si dice sia un cuore infranto.Dopo aver fatto colazione, ed essersi fatta una rapida doccia, andò in camera con l'accappatoio addosso e aprì il cassetto per prendere l'intimo e poi le ante dell'armadio alla ricerca di quello che quel giorno la attirava di più, prese dei jeans chiari attillati e un maglione di qualche taglia in più di color nero, poi si infilò le scarpe e si truccò leggermente, un poco di fondotinta per ritoccare qualche imperfezione e far sembrare la pelle omogenea, un filo di matita ed infine si specchiò con la fotocamera del cellulare. Appena finito prese le sue cuffie e le infilò nelle orecchie, per poi mettere casuale e far scorrere le note dentro di se. Vicino alla porta d'ingresso c'erano già suo padre in tenuta d'ufficio e suo fratello con una polo bianca e i jeans neri.
Quando uscirono una ventata d'aria fresca colpì il loro viso, pur essendo i primi giorni di settembre il vento tirava forte. La sua scuola e la vecchia di Alessandro, era piuttosto vicino al loro appartamento, lei l'aveva scelta per questo, non aveva voglia di svegliarsi presto, prendere i mezzi e andare chissà dove, poi era scientifico e la ragazza se la cavava.I maschi avevano un passo svelto rispetto al suo, lei assaporava tutto quello che le era intorno e la studiava, la esaminava e ne faceva tesoro. Prese un gran respiro ma tossì, l'aria era stata manomessa da un autobus appena passato.
Si chiese perché le avessero chiesto di andare con loro, quando i due erano ormai distanti e sparlottavano tra loro. Prese una delle sue sigarette, sperando che il padre continuasse per la sua strada, e la accese, inspirò e buttò giù il catrame lentamente, rallentò ancora di più i suoi passi, ed iniziò ad osservare.
Era mattina e le strade erano ancora vuote, ma tra meno di un'ora sarebbero state sicuro affollate, le strade della grande città d'Italia, Roma. Le macchine percorrevano in modo tranquillo, era tutto molto quieto, in contrasto alla canzone dei Queen che in quel momento ascoltava e la cambiò. Appena alzò lo sguardo vide che era già arrivata, buttò la sigaretta a terra e la schiacciò, percorse il corridoio della scuola e notò subito che erano stati fatti dei cambiamenti anche a livello strutturale, prima si poteva dire che da un momento all'altro sarebbe caduta a pezzi, i graffiti erano stati coperti e tutto appariva nuovo e pulito. Si diresse verso suo fratello e suo padre che era chino sulla scrivania della segretaria intento a firmare dei fogli, discussero per un po', ma Elena non ascoltò nulla, era intrappolata nelle parole di un testo e sinceramente preferiva rimanere in quella gabbia piuttosto che vivere quello che la vita le "offriva".
Appena smisero di parlare il padre iniziò a camminare molto in fretta e farfugliò qualcosa in modo molto veloce a suo fratello, diede un bacio sulla fronte della ragazza e in pochi secondi era già fuori dal cancello.
-Papà sta facendo tardi al lavoro, se ti va di fare in giro vai, ma torna per pranzo, capito signorina?-
-E tu?-
-Io devo andare da una parte-disse tenendo lo sguardo in basso e quasi soffocando le parole, allora Elena intuì subito.
-Si tratta di quella là della chat, vero? Mi dici almeno come si chiama?-
-Veronica, ecco si chiama così, ora non mi assillare più, io devo andare-
Insieme uscirono dal cancello principale e divisero le loro strade, Elena non sapeva dove andare e si fermò un attimo guardandosi in giro in cerca di qualche inspirazione che le desse un' idea per dove proseguire.
Poi un ragazzo dalla chioma rossa la salutò, frequentavano la stessa classe.
-Ciao Elena, come va?-
-Bene, te?-la ragazza lo chiese con sincera preoccupazione, era a corrente della malattia di cui soffriva, anche perché durante una lezione lui iniziò a tossire e poi smise di respirare, chiamarono l'ambulanza e in pochi minuti lui era già li. Poi vide che dietro di lui, si stava avvicinando un ragazzo dai capelli neri e gli occhi blu, Elena si perse in quei occhi meravigliosi, poi però lui fece un piccolo ghigno, come se sapesse quello a cui pensava e distolse immediatamente lo sguardo.
-Bene, lui è un mio amico, Christian- poi si rivolse verso il ragazzo-lei è Elena, siamo nella stessa classe.
-Piacere Elena-lui le porse la mano e lei la strinse con riluttanza e deglutendo a fatica, continuando a non voler distogliere lo sguardo da quelle due pietre preziose incastonate nei suoi occhi.
-Piacere Christian.
Poi però gli occhi del ragazzo puntarono dietro di lei, si girò per curiosità e vide una ragazza che non aveva bisogno di vestiti, così sembrava. Game over,battaglia persa.
Lui si leccò il labbro superiore e anche se lo trovava dannatamente attraente doveva farla finita, non poteva "innamorarsi" o almeno solo conoscere una persona del genere. Salutò educatamente Federico e improvvisamente non aveva più voglia di stare in giro e decise di tornare a casa, anche se stabilì di seguire il tragitto lungo.
Mentre cercava qualcosa di appagante per le sue orecchie tra le centinaia di canzoni che aveva, andò a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno, fece per perdere l'equilibrio, ma due braccia forti la serrarono saldamente e riuscì a rimettersi in piedi.
Alzò lo sguardo dai suoi piedi come per paura che scappassero via senza il suo corpo e vide una chioma ribelle castana con dei bellissimi occhi verdi che andavano sul grigio.
-Scusami, colpa mia non vedevo dove mettevo i piedi-
-Tranquilla, ti sei fatta male?-la sua voce era calda e socievole.
-Nono, grazie, anzi vorrei offrirti qualcosa se ti va-la ragazza appena si rese conto di quello che aveva detto si morse la lingua tra i denti, dannate fan fiction, film e serie tv che seguiva. Le davano solo di volta il cervello insegnandole che uno sconosciuto sbadato può diventare tutto e doveva fare in modo che non accadesse, ma ormai quel che era fatto era fatto e aspettava una sua risposta, il riccioluto la scrutò per bene, come se volesse capire se era pericolosa e avesse armi addosso, si sentì nuda sottoposta davanti ai suoi occhi che le facevano i raggi x.
-Perché no, conosco una tavola calda qui vicino molto accogliente, perdonami se non mi sono presentato sono William Miller, tutti mi chiamano Will-
-Io sono Elena Bianchi Smith-
-Cognome americano di mezzo, i tuoi di dove sono?-
-Mia madre era della California, mio padre è di Roma, i tuoi?
-Io sono nato e cresciuto con loro a Detroit.
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Il Cielo, la mia Terra
RomanceUna storia d'amore tra due ragazzi acidi,stronzi, menefreghisti, (o meglio etichettati così).