Prologo: Episodio I, Spezzato

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"Il confine che divide la vita dalla morte è, al meglio, ombreggiato e vago.
Chi potrebbe dire dove uno finisce e l'altro inizia?"
-Edgar Allan Poe

                             Inertia

Blackdoom City, Nowhere Street, 8 mesi prima.

Vediamo... la prima cosa che ricordo di quella notte era la sua mano.
Faceva un caldo infernale ed era tutta sudata, ma cavoli non l' avrei mai mollata per nulla al mondo, anche se le nostre mani si fossero sciolte rimanendo per sempre incollate.
Cos' era, in fondo, un moncherino rispetto al vero amore?
Era esile, delicata, femminile insomma: da sola riusciva già a farti perdere la testa per quanto era bella.
Non sto certo dicendo che il resto del suo corpo non fosse bello, eccome se lo era!
Fey Panser era la donna più bella che avessi mai visto in vita mia, e non lo dico perchè si tratta della mia ragazza, ma perchè era oggettivamente una donna perfetta sotto ogni punto di vista.
La parola bello, con lei, andava oltre
l' aspetto fisico.
Era bella quando parlava, quando cucinava, quando, in macchina, allungava il braccio sulle mie spalle e mi accarezzava il collo.
Probabilmente suonerà come una gigantesca cazzata romantica priva di senso, ma non era Fey a essere bella, era la bellezza a essere Fey.
Sarebbe meglio andare avanti, non voglio soffermarmi troppo per ricordarla: alla lunga annoierebbe voi e intristirebbe me.
Come dicevo, camminavamo per Nowhere street, erano le due del mattino e la strada era piena di passanti.
Avevamo festeggiato il nostro anniversario, il settimo per
l' esattezza, al Lilium, un ristorantino elegante fra la Nowhere e la Trentunesima.
Non avevo toccato quasi nulla.
Ero stato preso dal panico e dal nervosismo a causa di un mio errore per l' intera cena, dimenticandomi completamente che, di norma, nei ristoranti è abitudine mangiare.
Fey, fra un boccone preso dal suo piatto e due dal mio, mi aveva chiesto più volte cosa avessi, che problema ci fosse, senza ottenere una risposta concreta.
Con un elegantissimo "credo di aver contratto un virus allo stomaco", avevo, per il momento, salvato la situazione, ma non la faccia.
Passo dopo passo, mano nella mano, ci avvicinavamo sempre di più alla mia auto, una Ford del '97 color grigio nebbia.
- Sei strano, stasera-.
Ebbi come un brivido lungo la schiena.
Fey era un avvocato, uno dei migliori: con un semplice sguardo al tuo linguaggio del corpo poteva farti confessare anche la volta in cui, per sbaglio, avevi dato fuoco alle tende di casa mentre giocavi con l' accendino di tuo padre.
Cavoli se le avevo prese, quel pomeriggio d' autunno del 1999.
- È solo una tua impressione- mentii, e nel modo più indecente possibile.
Lei iniziò a scrutarmi, mettendosi la "faccia da avvocato".
Ero sicuro che avrebbe urlato "OBIEZIONE VOSTRO ONORE", facendomi saltare per aria, da un momento all' altro.
- Andiamo, non me la bevo per niente. E non credo nemmeno al mal di stomaco! Ho dovuto mangiare persino la tua porzione...-
- Dovuto?- domandai perplesso.
- Sarebbe stata maleducazione lasciare il piatto pieno, non credi?- rispose arrossendo copiosamente.
- Giusto, beh, sappiamo entrambi quanto tu ami il cib...-
- Non cambiare discorso!-
"Cazzarola", pensai.
- Senti, se è per il regalo... non fa niente, davvero-
- Vuoi capire o no che l' ho scordato a casa? Volevo dartelo al ristorante, davvero, ma l' ho dimenticato in quella dannata camera da letto-
- D' accordo allora, ma davvero, non dovevi disturbarti-
- Come no, io che non ti faccio il regalo d' anniversario... me lo avresti ricordato a vita-
Lei rise, poi mi diede un bacio sulla guancia.
- Vedo che cominci a comprendere noi donne- rispose contenta.
- Non capisco come fai a passare da donna matura a bambina divertita, davvero... comunque grazie per la giacca nuova, l' ho davvero apprezzata-
Dicevo la verità, ma dovevo subito dirle qualcosa di carino, oppure, causa della prima parte della frase, qualcuno, probabilmente io, sarebbe rimasto in bianco e sul divano.
La avvicinai a me con un braccio, a nessuno dei due interessava del caldo torrido.
- È una giacca costosa, usala solo per eventi importanti- mi spiegò.
- Un po' come il tuo vestito, solo che dovresti usarlo il più possibile-.
-Ti piace?- domandò sorridendomi.
Avvicinai la bocca al suo orecchio.
- È bellissimo, ma ti preferisco senza- le bisbigliai, poi la baciai sul collo.
Fey mi anticipò.
- Magari, a casa- disse con un sguardo malizioso.
Le nostre labbra si incontrarono per qualche secondo, poi si staccarono e riprendemmo a camminare stretti.
Era bello, lo ammetto.
Era bello stare con una persona da sette anni e arrossire come due ragazzini ad ogni bacio in pubblico.
Allungai il collo per guardare meglio Fey.
Era più bassa di me, ma comunque slanciata: indossava un abito rosso, stretto e sensuale. Scendeva fino alle ginocchia e attirava sicuramente
l' attenzione con una scollatura non troppo profonda sul davanti e sulla schiena.
Potevo vedere la sua schiena nuda, o una parte di essa. Potevo vedere ogni segno su quel tratto di pelle, tratto che conoscevo a memoria.
I capelli castano scuro cadevano elegantemente a boccoli sulle spalle, potevo sentire il loro profumo.
I suoi occhi erano marroni, ma non un marrone comune.
Mi ricordavano un campo di grano, un legno pregiato, un topazio.
Erano di un marrone chiaro tendente all' oro.
Le labbra erano carnose e dannatamente sexy, ancora di più se illuminate dal suo rossetto.
Ogni parte di lei mi rendeva felice, grato, vivo.
Mi faceva pensare ancora di più a quanto lei fosse fanstastica e io un perfetto idiota ad essermi scordato il regalo a casa.
Raggiungemmo l' auto ed entrammo.
- Allacciati la cintura- mi disse subito.
- Andiamo, sono solo dieci minuti in auto per arrivare, qual è il problema?-
- La cintura, ora-
- D' accordo, sembri più mia madre che la mia ragazza-
Entrambi ci bloccammo per qualche istante.
No, non avevo fatto una gaffe tremenda o altro, semplicemente la tristezza mi aveva assalito nell' arco di pochi secondi, mentre Fey non avrebbe saputo cosa dire.
Allungò la mano verso la mia, posta sulla leva delle marce, e rimanemmo in silenzio.
- Non c' è bisogno che tu dica nulla- dissi freddo.
Lei strinse più forte la mia mano.
- Non lo sto facendo, infatti. Sto mantenendo la promessa che ci siamo fatti, ricordi?-
Come potevo dimenticare ciò he le avevo detto molti anni prima?
Accennai un sorriso, era quasi riuscita a farmi dimenticare di mia madre.
Nessuno di noi parlò per un altro po' di tempo.
La strada era stranamente vuota, riuscivo a vederla a malapena solo grazie ai fari.
Fey tentò di parlare con me.
- Allora... Robin mi ha detto che Trevor verrà a trovarci la settimana prossima-
- Già... cavolo! Scusa, ho dimenticato di avvisarti!-
Non ne combinavo una giusta, quella sera.
- Non è un problema, mi ha detto che starà da lei per tutto il mese-
- Sai com' è mia sorella: con i turni che ha in ospedale finiremo per ritrovarci Trevor davanti la porta con la sua valigia in mano entro due giorni-
Ridemmo entrambi, Robin non poteva badare a Trevor tutto il tempo, e lui tendeva a... beh, combinare casini.
Avrei dovuto dirvelo prima: Robin e Trevor sono i miei due fratelli.
Robin vive a Blackdoom, lavora al Blackdoom Central Hospital come specializzanda in neurochirurgia.
Già, è sempre stata il genio della famiglia, fin da piccola: la sua camera era sempre stata piena di premi e coccarde per ogni gara scientifica e non.
Io ero bravo a scuola... ok, nella media, ma ero più un tipo da sport.
Insomma, Robin si era sempre distinta come una sorta di Lisa Simpson in carne e ossa leggermente più popolare e molto più estroversa.
Lei e Fey erano migliori amiche dai tempi del college: l' avevo conosciuta lì, alla festa di una confraternita; era stata Robin a presentarmela.
Mi sentivo in imbarazzo, non essendo un universitario come gli altri, ma a Fey non importava, e fu questa la prima cosa a piacermi di lei.
Riguardo a Trevor... beh, aveva appena concluso il penultimo anno al Liceo di StillBrooke, la nostra città natale.
Viveva lì con mio padre, io e Fey gli avevano detto che una volta diplomato sarebbe stato il benvenuto, ma Trevor sembrava trovare ogni volta una scusa.
Forse era colpa di mio padre, ma non ci credevo: Trevor era l' unico di noi a trovare qualcosa di buono in quel vecchio.
Io e Trevor eravamo castani di capelli, come nostro padre; Robin era bionda, come zia Brigitte, sorella di mio padre: nessuno di noi aveva ereditato la chioma nera della mamma.
- Spero che Trevor scelga una buona università- dissi.
- Non sapevo volesse continuare gli studi-
- Non vuole, ma in quella testa c' è tanto potenziale, sappiamo entrambi perchè non lo sfrutta o non vuola farlo-
Fey non disse nulla, continuò ad accarezzarmi la mano, poi passò al collo.
Sapeva benissimo che avevo ragione, ma non voleva che continuassi a pensarci, non mi avrebbe fatto per niente bene.
Ero quasi arrivato a casa, inforcai verso l' incrocio fra la 22esima e Banner Street, la strada in cui si trovava il nostro appartamento.
Avevo superato la buia Trentaduesima (a quanto pare la zona era stata colpita da un balck out), adesso la strada era sicura e ben visibile.
Un altro incrocio mi separava da quello con Banner Street, questo era quello con Faintless Road.
Il nostro quartiere era abbastanza carino: dividevamo un appartamento con il mio collega, partner a lavoro e amico Jeremy Paulson da quattro anni.
Il nostro palazzo sembrava essere molto antico, quasi avesse duecento anni, invece era stato costruito circa negli anni '20.
Non vivevamo in una delle zone più famose di Balckdoom, ma il centro era abbastanza vicino, e la nostra, di zona, era pulita e tranquilla.
Raggiunsi il primo incrocio.
- Qualche indizio sul mio regalo?- domandò Fey.
La guardai e sorrisi.
- Sono sicuro che ti piacer...-
Rimasi terrorizzato, quando me ne accorsi era ormai troppo tardi.
Un' auto, in controsenso, si schiantò a tutta velocità sulla nostra, colpendo proprio la parte del sedile di Fey.
Centinaia di schegge partirono verso la mia direzione, una mi colpì al petto, la ricordo bene. Un' altra, più dolorosa, colpì lo zigomo destro e parte dell'occhio.
La cintura mi tenne stretto, gli airbag partirono. Il colpo mi fece sbattere la testa lungo la parte interna dello sportello.
Persi i sensi e il controllo dell' auto, che cominciò pericolosamente a ruotare.
Volevo solo voltarmi a destra e guardare Fey, capire come stesse, ma non ci riuscivo.
Ero troppo debole, troppo stanco... ancora adesso non so se non averle potuto dire addio, guardandola
un' ultima volta, sia stata una buona cosa oppure no.
Forse la vista del suo corpo mi avrebbe provocato soltanto degli incubi.
La testa si fece troppo pesante, non riuscivo a resistere.
Svenni, nonostante ogni parte del mio corpo urlasse dal terrore.

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