Il vento fresco spazzava il vecchio giardino, il sole era talmente aggressivo che se provavi solo a sporgerti dall'ombra ti poteva fare male.
L'erba però era grassa come un tacchino nel giorno del ringraziamento, infatti nei giorni precedenti si era scatenato il diluvio universale che aveva ingrassato qualsiasi pianta e filo d'erba.
Nonostante i giorni precedenti, quel giorno, da buon primo aprile, era illuminato dal sole del deserto e c'erano cinquanta gradi all'ombra.
La ricerca del fresco era così disperata che persino gli umani si stendevano nei prati per usufruire di quel tappeto verde bagnato, decorato con le composizioni di fiori più complessi e sgargianti che un venditore di tappeti si sarebbe potuto spacciare come il padrone di quella meraviglia.
La vecchia villa che sorgeva nel giardino era esposta ai raggi del sole e sembrava quasi soffrire, rattrappendosi su se stessa, come un fantasma immobile che tenta di sfuggire al giorno.
Una vecchia signora vestita di nero che si faceva ombra con un ombrellino passò sul marciapiede, sfiorando l'entrata della villa: un cancello arrugginito scandito da riccioli e svolazzi, ormai territorio dei ragni, orgogliosi architetti delle più belle ragnatele argentee tra il metallo.
Tutti i bambini le osservavano meravigliati e quei piccoli tessitori neri uscivano allo scoperto zampettando indaffarati, per mostrare il loro lavoro, come piccoli mercanti silenziosi.
La signora passò senza neppure vederli e i loro silenziosi sospiri di disapprovazione vennero uditi dal vecchio Bonaparte, che non poté fare a meno di scollare il capo.
I poveri ragni non si lamentavano mai, ma serbavano molto malcontento, dei complimenti garbati avrebbero potuto risollevarli da quella terribile umiliazione.
Però faceva troppo caldo.
Persino le api erano in pausa caffè, dopo aver impollinato ogni singolo fiore del giardino avevano deciso di organizzare una festa nell'alveare, festeggiando l'annata buona e i fiori di gelsomino che erano sopravvissuti al caldo.
Le farfalle stavano già provando i costumi per la festa, ondeggiavano sgargianti davanti al suo naso, magari per strappargli un complimento o un giudizio sulla combinazione accurata dei colori.
Ognuna posava sul fiore in tinta con le ali, creando una specie di combinazione che avrebbe dovuto far rodere d'invidia le operose vicine.
Bonaparte sbuffò, cercando di togliere il pelo dagli occhi, infine emise un lieve <<buff>> dal naso nero.
Questo gesto venne inteso come un <si> e le farfalle si sollevarono dai fiori tutte insieme, formando un vortice di colori, andando a cercare qualcun altro con cui pavoneggiarsi.
Bonaparte le guardò sollevarsi, puntando il grosso naso nero al cielo blu, mentre il pelo gli si arruffava per il vento, un pelo candido e morbido sulla testa, mentre diventava corvino sul resto del corpo, macchiandogli anche le orecchie.
Un altro abbaio nasale servì come carica, quindi si alzò, si scrollò e zampettò fino al cancello, dove i ragni tessevano malinconicamente.
Era arrivato il momento del suo giro di ispezione.
Il cane si avvicinò alle tele, poi sbuffò soddisfatto.
Noi umani di solito facciamo parlare gli animali, ma per rispetto di ciò che noi non possiamo comprendere, dovrete accontentarvi di sapere che il commento di Bonaparte li rassicurò molto.
Dopodiché il buon Bonaparte, il vecchio Bonaparte, il saggio Bonaparte, raggiunse il retro, dove una pattuglia di topolini sfrecciava tra dentro e fuori il giardino.
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Storie di cani
Short StoryCosa pensano i nostri amici canini? Quali avventure celano sotto il pelo? Saranno cani che fan cagnara, antichi eroi di guerra, giovani avventurieri esuberanti, ammaliatrici fatali...chi lo sa.