Capitolo n.1

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Questo bar ha una luce soffusa, quasi come fosse il  flebile chiarore di una candela, che timidamente si affaccia su amori clandestini, solitudini nascoste, amicizie stravaganti. Le cose più particolari, più intime che si scambiano   gli uomini, avvengono nella penombra, lì dove il rossore del viso è quasi impercettibile, lì dove, se dovesse scendere una lacrima, potrebbe essere che nessuno se ne accorga.  Lì dove un bacio, puro o meno puro che sia, è solo un bacio che non vuole essere guardato.
Le cose più autentiche  poi, avvengono al buio, in certe notti molto più vere di certi giorni, dove non ci rimane che l'essenziale disposto a lasciarsi guardare senza muoversi.
Sono qui che aspetto la mia amica Marta, davanti ad un prosecco frizzante, che mi accingo a bere proprio quando la vedo entrare, con la solita prepotente freschezza che si porta addosso, come a voler ripetere ogni istante quanto sia bella la vita , nonostante tutto, come se ti volesse avvolgere con una fune  di tenerezze, di miraggi, di sogni che si possono realizzare.
È una di quelle persone che ti fanno amare il mondo così com'è; come  se la pioggia o il sole ti potessero cadere bene addosso,  in qualsiasi momento, come se ci fosse una soluzione per ogni cosa, come in quei perché che hanno sempre una risposta , facile, intuitiva.
Si tiene stretta a sé  una delle sue enormi borse , le piacciono così, grandi e morbidi contenitori delle sue giornate. Indossa il suo vestitino nero preferito, con i sandali rosa che le comprai durante l'ultima vacanza fatta insieme.
Nella sua piccola statura si concentra una bellezza disarmante, della quale lei è assolutamente inconsapevole. Questo la rende ancora più bella. I capelli castani cadono, come una pioggia sottile, sulle piccole spalle che sostengono un seno generoso, senza nessuna  traccia di volgarità. Gli occhi, dal taglio asiatico, sono così profondi da catapultarti negli abissi della notte più intensa e scura, senza paura, con la consapevolezza, che ci farai sogni belli in quella notte. La  bocca sembra non riuscire a contenere tutto il suo sorriso, che si riversa sulla faccia di qualcun altro diventando l'esempio perfetto delle bellezze della vita.
La cosa che più amo di lei sono le sue mani, la sua risorsa migliore, con un colore di cioccolato chiaro. È una pianista , e quelle mani, solo a guardarle ti riportano alla musica, anche se non lo sai. Ha l'impronta delle note dentro le dita, come se ad ogni gesto, tracciasse un suono, così , nell'aria. Lei ci parla con la musica, è la sua più grande forma di comunicazione, e non l'ho vista mai uscire  senza uno spartito con sé. Li respira , li annusa ed è in quel pentagramma che trova il senso delle cose, perché la musica è matematica e la matematica non è un opinione, come la vita, che va più vissuta che pensata.
Ci siamo incontrate perché ho bisogni di lei.

Stamattina avevo acceso la radio, e quella canzone che ci piace tanto mi spingeva ad uscire di casa per andare a cercarla, allora l'ho chiamata mentre lei stava chiamando me. Il telefono dava occupato ad entrambe, quindi ho capito e non ho chiamato più, aspettando che chiamasse lei. Appuntamento per stasera, stesso posto. Siamo due mazzi di chiavi identiche, ma non so chi sia il duplicato dell'altra, non so chi , a furia di stare insieme da tutta la vita, abbia finito per assomigliare all'altra .
Mi abbraccia, non le dò nemmeno il tempo di sedersi, perché sembra che le parole mi stiano soffocando.
<<Marco mi ha lasciata>>le dico.
Glielo dico cosi, come fosse una cosa qualsiasi, e non la "cosa", quella che  da tre mesi mi ha portato alla deriva, quella che mi fa sentire  estranea di me stessa perché non so più chi sono. So soltanto  che da quando il mio matrimonio è finito io mi sono interrotta e  sono rimasta sospesa in un limbo che non è  l'inizio né la fine di nulla . E' il nulla.
Lei mi guarda, con una fissità negli occhi che non le avevo mai visto prima. Non riesce a parlare, forse mi suonerebbe una canzone per dirmi qualcosa. E' il linguaggio migliore che conosce, l'unico dove comunica senza balbettare, senza andare alla ricerca delle parole più appropriate . Sono le note, nella loro successione, o nella loro simultaneità, a parlare per lei.
Allora sono io che rompo il mutismo che la vita delle volte porta con sé  in  quei microsecondi che sembrano eterni.
<<Me ne vado per un po' al mare , Marta,  ho paura che i miei ingranaggi si siano inceppati, ho paura di impazzire. >>
<<Quando è successo ?>>
<<Tre mesi fa>>
<<Perché non me ne hai parlato? Perché non me ne sono accorta?>>
<<Dirlo a qualcuno , anche se quel qualcuno eri tu, equivaleva ad  ammettere che fosse vero>>
I crateri di pianto, che ho ai lati degli occhi eruttano simultaneamente. Piango. Solo con lei posso farlo  senza sentirmi come quando piango da sola, uno zero, quel numero che per definizione indica la nullità , quel numero che sta tra i postitivi e i negativi, in un confine labile. Basta un niente per finire dalla parte sbagliata.
Lei mi abbraccia, appoggio la testa sul suo seno, perché solo sul seno di un'altra donna puoi sciogliere per davvero un dolore tutto femminile, tutto nostro, sporco di rossetto sbavato e di mascara che cola giù macchiandoti la faccia.
Quanto è bello starti vicino, amica mia. Sceglierei di partire con te se esistesse un mondo che fa meno male, un posto dove si annullano le differenze, senza diversi, senza uguali, senza voci fuori dal coro perché i cori non esisterebbero , e non esisterebbero gli amori che finiscono perché la vita ci stanca e ci cambia. Vorrei portarti con me in un mondo dove non ci  sia  la corsa per la felicità, ma una  sedia dove stai fermo per riconoscerla quando arriva , perché se corri non te ne accorgi che arriva.
E poi mi chiedo chi dice che la felicità ci stia davanti, chi dice che in realtà non sia lei ad inseguirci. Forse è per questo che non la si trova mai.
Marta ordina il mio stesso prosecco, gelato, frizzante per sciogliere la malinconia che le sto buttando addosso.
Vorrei anestetizzarlo anche io  questo dolore.
<<Anna, lui ha  un'altra ?>>mi chiede.
<<Si>>
C'e un'altra che gli fa l'amore. Una che non sono io. Per sbaglio lui infila i piedi nelle ciabatte di lei. Si preparano il caffè a turno, litigano per la tv. Si baciano all'improvviso. Si sbriciolano come pane nel disordine delle coperte, poi tornano interi nel mondo e si pensano quando non si hanno. Lui le scosta i capelli perché non sopporta di non vedere i suoi occhi. Si graffiano. si dicono parole sconce, si offendono per troppo amore, perché non riescono ad arginare questo sentimento che li ha colti cosi, impreparati.
Mio marito era impreparato. Era sul divano con me quando si è accorto di amarla. Io avevo i piedi sulle sue gambe , all'improvviso li avrà sentiti freddi, come un pezzo di troppo che non gli apparteneva  più. Il distacco che dopo dieci anni pensavi di non poter provare. Questi sono i tuoi piedi, non i miei, rimettili giù!
Ed insieme a quei piedi ti crolla il cielo con tutte le stelle, e il mare con dentro la luna riflessa, e l'illusione di essere di qualcuno e di sentire che qualcuno fa parte di te.
Io e Marta beviamo in silenzio, mentre attorno il mondo si muove. Io mi sento ferma. Non mi chiede altro, tiene solo la mia  mano nella sua , con discrezione ha gia capito tutto . Ha capito quanto fa male, e vorrei chiederle come ci si può adattare al dolore , come si può lasciare che esso ti abiti dentro, come un ospite che non aspettavi, un intruso che sfacciatamente si siede alla tua tavola per non lasciarti mangiare più. Lui mangia al tuo posto, tu non hai più fame.
<<Sono in analisi. La mia psicologa dice che devo andarmene al mare, quel mare  che tanto amo , e  scrivere. Stare nel mare e scrivere . Qualunque cosa, un diario, la lista dei miei difetti , dei miei pregi, le volte che piango, le volte che non riesco a farlo. L'importante è che io lo faccia ogni giorno. Scrivere come facevo da ragazza, quando con le parole mi alleggerivo, quando mi bastava quella penna per isolarmi da tutto il mondo. Devo mettercela tutta,  Marta, devo conoscere questo male, lasciare attraversarmi. Dice che solo cosi ne verrò fuori. Mi sento una scolaretta con i compiti a casa , ma non ho alternative. Con lei ci terremmo in contatto via skype, le dovrò leggere ciò che scrivo, a voce alta , senza sentirmi giudicata o giudicarmi. Pensi che ce la farò?>>
<<Tu ce la devi fare per forza>>
<<Vieni con me... sarà tutto a spese mie, non lasciarmi sola!>>
Lei mi guada un attimo perplessa,  in questo momento non lavora, ha sempre arrancato  con i soldi, ha sempre arrancato anche con gli uomini. Nessuna stabilità. Nessuno a cui dover chiedere se poter venire o meno, però continua a guardarmi senza riuscire a darmi una riposta.
Questi minuti mi sembrano eterni, ho bisogni di lei.
Inizia   ad abbracciarmi, mentre  io penso che, prima o poi, tutte le persone scappano da me. Sono una persona difficile. Semplice fuori, complicata dentro.  Una di quelle ipersensibili che non smettono mai di litigare perché le parole che le sono state dette si fanno lame  nel cuore e rimbombano nella testa come un eco incessante. Forse per questo Giorgio mi ha abbandonata, perché l'ho schiacciato dalle troppe emozioni che  mi allagano dentro  e poi si riversano fuori. Incontinenza  emotiva. Insicurezza che non passa mai .
Da piccola sarei voluta tornare tante volte nel ventre  di mia madre, protetta  dal suo liquido amniotico, circoscritta in un mondo solo mio e solo suo. Tutto il resto fuori.
Da grande mi sono sempre aggrappata a qualcuno, ma quando stringi troppo una persona rischi di soffocarla, allora devi, prima o poi , lasciare la presa e stare a guardare. Guardare se resta. Lui non è restato.
Spero che Marta non mi lasci mai sola, spero che non sviluppi quella reazione allergica che tutti prima o poi sperimentano , standomi accanto.
<<Il problema sono io>>,dico a Marta.
<<Anna, se qualcosa finisce siamo parte del problema, ma non il problema>>.
Sono un' ammalata di paura, specie di notte , vampate di calore si alternano a brividi di freddo, come in una menopausa precoce . Anche la vita può andare in menopausa? Niente ciclo, niente giorni feriti, niente da mettere al mondo. Tutto fermo, come l'utero di una donna che per natura non serve più, come un aborto spontaneo di felicità. Prima sei felice, un attimi dopo non lo sei più.
<<La mia vita è un disastro, amica mia, niente figli perché lui non ne voleva, niente amore perché lui non mi vuole più >>.
Lei mi ascolta senza parlare mentre in poche parole le ho riassunto la  mia vita, e se quelle parole avessero un peso mi chiedo quante tonnellate di infelicita possono essere contenute in  una semplice frase.
Mi sento senza scampo, come quella luna in fondo al pozzo che per quanto ti sembri bella, è prigioniera di quella profondità che però è solo un riflesso. Essa in realtà sta nel cielo ma tu non riesci che a tenere la testa abbassata e a vederla in quel pozzo. 
<<Dove ce ne andiamo?>>mi chiede ad un tratto, felice.
<<A Palinuro, in Campania, in un Cilento incontaminato, del quale ci innamoreremo. Voglio innamorarmi di nuovo della vita, voglio sentire che mi respira addosso nell'umidità notturna della sabbia, in quel venticello che che mi accarezza dalla riva. Voglio provarci perché non ci riesco più !>>.
Resto fino a tarda notte tra le braccia di Marta, ce ne stiamo in silenzio.
L'amicizia è anche solo silenzio.
Ci salutiamo con la
promessa di rivederci tra una settimana per partire per il  mare.
Ce ne staremo li' due mesi, luglio e agosto.
Voglio scrivere tutta da capo la mia vita su un muro d'azzurro.
Mi avvio verso casa.
Bologna è gia troppo lontana da me.
Io  e lui eravamo una cosa sola
Un unico letto.
Io e lui siamo  a due universi di distanza.

Non si nasce una volta sola Where stories live. Discover now