Vecchiaia

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Mi sveglio, guardo di fianco a me e penso ancora di vedere la mia Josie, la donna che ho amato e spostato più di 50 anni fa. Mi manca terribilmente eravamo come il sole e la luna, lei sempre felice e sorridente, io quello più cupo e riservato. E ora che lei non c'è, non riesco a trovare un motivo per vivere ancora.
Cerco di alzarmi, non senza alcuna fatica, e con il bastone mi dirigo in cucina per prepararmi la colazione.
Ogni movimento per me è estenuante, 10 passi e sono già stanco, la mia schiena è talmente curva che posso soltanto guardarmi i piedi.
La mia giornata si svolge nella stessa maniera, in continuazione:
Mi sveglio, faccio colazione, guardo la televisione, pranzo, guardo la televisione, dormo, faccio un "giro" a piedi, guardo la televisione, ceno e dormo. Ormai è così da qualche anno, ma il tutto è diventato peggiore da quando l'amore della mia vita mi ha abbandonato in questo inferno.
Finita la colazione mi preparo.
All'ora di pranzo la mia nipotina mi chiama ed io vado da loro per pranzare.
Siamo agli inizi di dicembre e mi racconta come sta andando il liceo. Sono così fiero di lei, mi racconta sempre dei suoi voti eccellenti e sono felice.
A causa dei miei poveri denti non riesco a mangiare molto velocemente... E alla fine rimango sempre da solo, mia figlia e i miei nipoti hanno molto da fare e sono sempre impegnati.
Finisco in silenzio pensando a quanto ancora mi rimanga da vivere, forse qualche mese, o solo qualche giorno. Non posso saperlo, so soltanto che ho vissuto la mia vita, al meglio che potessi, non ho rimpianti e sorrido felice mentre qualche lagrima riga il mio volto.
Mi alzo a fatica e torno a casa mia.
Mi metto sul divano e accento la tv.

Si fa tardo pomeriggio e decido di non uscire oggi, sono così stanco.
Non me ne accorgo e mi addormento sul divano appoggiato alla mano.

"Tesoro." Mi guardo in torno e riesco a vedere la mia Josie. Le corro incontro e la abbraccio facendole staccare i piedi da terra. Guardo le mie mani e solo senza rughe e vene sporgenti.
Guardo intorno a me e mi accorgo di essere circondato da specchi. Mi rispecchio e tutto quello che vedo è un ragazzo di 20 anni con gli occhi azzurro cielo e i capelli biondo cenere. Fisico asciutto e pelle morbida.
Vedo la mia Josie appena sedicenne. Bella come non mai con i suoi lunghi capelli marrone scuro e gli occhi verdi.
Si avvicina a me e mi mette una mano sulla spalla.
"Mi sei mancato."
"Josie... Come è possibile?"
"Siamo io e te, come è giusto che tu debba ricordarci."
"Non potrei mai dimenticare."
Sento il suono di una sveglia in lontananza, non faccio in tempo ad abbracciarla che lei scompare dalla mia vista. Sono disperato e l'unica cosa che faccio...

È aprire gli occhi.
Il suono del telefono che squilla mi fa spaventare e avverto un formicolio al braccio sinistro. Cerco di allungarmi verso il telefono ma il cuore smette di battere.
E da lì partono i fatidici 7 minuti, in cui percorri tutta la tua vita, oppure in quei minuti dove Anubi pesa il tuo cuore e lo mette a confronto con una piuma per decretarti puro o impuro per andare nell'aldilà.

Il mio ricordo inizia da piccolo mentre giocavo con l'altalena, con il mio papà e i miei fratelli.
Volo avanti di qualche anno e al giorno in cui incontrai Josie. Correva veloce da scuola a casa, non mi vide e ci scontrammo. Non riuscì a prenderla al volo, anzi, le caddi anche addosso ma l'unica cosa che lei fece fu ridere. La sua risata, me ne innamorai subito. Vedere quella fila di denti perfetti emettere quel suono delizioso mi fece battere il cuore all'impazzata. Mi alzai e le porsi la mano per aiutarla. Mi presentai e lei fece lo stesso. La invitai al bar e lei accettò felice. Parlammo, parlammo tanto, tutto il pomeriggio e fu così per tutti i pomeriggi successivi dopo la scuola. Una domenica mattina ricevetti una cartolina verde... Capì subito, sarei dovuto andare in guerra. Ero spaventato, ma il pensiero di lasciare lei qua da sola mi uccideva. Le dissi tutto e lei mi abbracciò disperata.
Le feci una promessa che avevo intenzione di mantenere: sarei tornato da lei.
Due giorni dopo mi presentai in caserma e mi trasferirono in giro per tutta Italia.
1º settembre 1939, dichiarata guerra.
Venni portato per difendere le trincee al confine con l'Austria.
Imparai a sparare, fu orribile.
Dopo alcune settimane ci fu un assalto, alcuni vennero uccisi e altri catturati, come me. Pensai fosse la mia fine ed il mio pensiero fisso era la mia Josie, avrei vissuto solo per lei.

Passammo mesi a mangiare gli scarti dei tedeschi e le bucce delle loro patate. Persi all'incirca 6 kg. La Francia e il Regno Unito stavano attaccando ed era il momento per scappare.
Il mio fidato amico era a capo del battaglione e in poche ore progettammo la fuga.

Riuscimmo ad evadere passando per le fognature, eravamo ricoperti di feci e non so cos'altro ma eravamo liberi. Prendemmo tutti e 20 strade diverse.
Io e il mio amico ci incamminammo verso sud, verso casa nostra.

Ci beccarono, fu uno strazio, molti dei nostri morirono e Federico, il mio migliore amico fu ferito alla gamba, non mi persi d'animo e lo presi in spalla. Camminai per giorni, se non per settimane cercando e cacciando tutto ciò che potevo. Ero senza forze ed energie.

Sentivo delle voci in sottofondo e mi svegliai. Due donne erano vicino a noi.
"Noi aiutare voi." Dicevano in continuazione. Le seguimmo e ci portarono nella loro casetta di legno.
Medicarono Federico e mangiammo fino a scoppiare.

Buio per pochi secondi e poi mi ritrovo in una azienda, la mia azienda. Direttore delle vendite alla star. Avevo un posto fisso che mai avrei lasciato.

Finita la giornata di lavoro tornai a casa. Trovo la mia Josie intenta a cucinare.
Tocco la tasca dei miei pantaloni e ne estraggo un cofanetto di velluto. Oggi sono 4 anni che stiamo insieme.
Ci sediamo a tavola e iniziamo a mangiare.
Appena finimmo mi alzai e mi inginocchiai davanti a lei. Delle lacrime le rigarono il viso ed io prontamente le asciugai con il pollice. Dopo la mia dichiarazione le infilai un piccolo anello al dito, tutto quello che in quel momento avrei potuto permettermi. Ma obbligai me stesso che in futuro l'avrei riempita di pellicce e gioielli.

E così fu.

Passai al giorno delle mie nozze, poi al primo figlio, poi al secondo e infine al terzo.
Erano tutti così belli e tutti uguali a lei.
Rivissi tutti gli ultimi anni con lei. Ripensai a quando ancora avevo la patente e facevamo i nostri viaggi in giro per l'Italia: Abruzzo, Sicilia, Puglia, Marche, Toscana, Liguria, ovunque sarei andato con lei, anche sulla luna.

E poi lo strazio, un male incurabile che si aggrappava alla sua anima e la uccideva da dentro. Ed io ero così impotente, non potevo fare altro che aspettare, aspettare che Dio la prendesse nelle sue mani e la portasse con se.
Piansi per mesi se non per anni. E ora piango ancora nel ricordo di lei stretta tra le mie braccia mentre espira per l'ultima volta.

Cercai di resistere, di essere forte, di farle vedere che sono ancora quel ragazzino di 20 anni che ha combattuto per tornare dall'amore della sua vita.

Eccola mi sorride, mi prende la mano e mi accarezza, non sento più niente oramai e penso proprio che i miei sette minuti siano finiti qui.

Guardo i miei figli ed i miei nipoti disperarsi per me. Non avrei mai voluto questo. Avrei voluto dirgli che sono stati fondamentali per me, per andare avanti.
Vorrei dirgli di smettere di piangere e vorrei dirgli di sorridere, perché ora sono di nuovo felice. Sono con lei, l'unica persona che io abbia mai amato così intensamente. La guardo e vedo quella ragazzina di sedici anni bellissima che mi guarda con gli occhi dell'amore.

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