Cesare era sempre stato un amante delle belle giornate di sole, fin da quando ne aveva memoria. Quando c'era il sole gli era permesso scendere a giocare in cortile, o andare al parco con i suoi amichetti, o prendere la bicicletta per fare un giro dell'isolato insieme a suo fratello Claudio. Si era sempre definito una persona solare, un amante dell'aria aperta e della compagnia, della buona compagnia si intende. In qualsiasi posto andasse c'era qualcuno di sua conoscenza, che fosse un amico o semplicemente persone con cui aveva scambiato sì e no due parole in qualche occasione. Insomma, era una persona che anche non volendolo sapeva come attirare l'attenzione su di sé.
Da qualche anno però questa sua visione del mondo era cambiata drasticamente. Non all'esterno, ovvio, lì dava sempre l'idea del solito ragazzo di ventisei anni con un sorriso smagliante sul volto e senza pensieri pesanti nella testa. Ma dentro di sé non era più così.
Le giornate di sole, quelle dove qualsiasi persona appare felice, ecco, quelle giornate erano diventate le sue acerrime nemiche. Questo perché in quelle giornate era più difficile portare una maschera, diventava un peso riuscire a mescolarsi nel gregge di persone allegre che lo circondavano.
Non era più felice in mezzo alle persone, non era più felice quando usciva con i suoi amici per un giro nel centro di Bologna e non era più felice di stare con la sua famiglia durante le poche occasioni in cui si ritrovavano tutti insieme, sebbene fossero molto rare in quegli ultimi periodi.
Non era la sua vita a non piacergli, di quella era piuttosto soddisfatto : faceva un lavoro che amava, aveva un appartamento tutto suo, un gruppo di amici per cui stravedeva e il suo fidato amico a quattro zampe, che lo seguiva ovunque andasse.
Era un malessere più profondo, radicato dentro di sé, un malessere rivolto alla persona che era diventato, o meglio, alla persona che diventava quando era circondato da altra gente. Il suo sorriso era diventato solo una pesante maschera, necessaria per nascondere tutte le paure che non aveva il coraggio di affrontare, o semplicemente di far vedere agli altri. Indossava sorrisi di circostanza e aveva costantemente paura.
Ma era anche stanco, di nascondersi e di mostrare soltanto un lato di sé, talmente stanco che ogni tanto, di solito di sera, gli capitava di lasciarsi andare in crisi di pianto che potevano durare anche ore intere. Era stanco e basta, ma non sapeva come risolvere la situazione.
"Che ci fai qui solo, ancora?"
Una voce alle sue spalle lo riscosse da quei pensieri che non volevano lasciarlo in pace e per lo spavento quasi fece cadere la sigaretta che teneva stretta tra indice e medio della mano destra.
"Non sono solo, non vedi?"
Esordì dopo qualche attimo, senza girarsi a guardare il suo interlocutore, asciugandosi nel frattempo una lacrima solitaria che gli era scivolata sulla guancia.
La sua magnifica Bologna, illuminata fiocamente dalle luci dei lampioni e dai fari delle poche macchine temerarie che si trovavano ancora per strada, si estendeva sotto ai suoi occhi.
Era fortunato Cesare, ad avere una casa con una terrazza da cui poteva godere di quel così bello spettacolo, dove poteva ammirare tutto ciò che più amava della sua città : la quiete notturna.
Un brivido di freddo lo fece leggermente trasalire mentre andava a spegnere la sigaretta finita in un vecchio vaso di fiori secchi che nessuno aveva più la pazienza di annaffiare; si strinse le braccia attorno al corpo, maledicendosi per non aver portato una felpa più pesante con sé.
STAI LEGGENDO
Guiding Light || CELSON
RomanceDa quando l'avevano sentita per la prima volta, quella canzone dei Mumford era diventata la loro canzone, la colonna sonora che li accompagnava da ormai due anni. Si erano lasciati trasportare così tante volte da quella melodia, da soli o in compagn...