Galielo era un ragazzino poco promettente, lo dicevano tutti.
Era nato il 15 febbraio del 1564, da una famiglia che tutto sommato stava bene, avevano abbastanza fiori in giardino e abitavano nella bella città di Pisa.
Tuttavia preferiva starsene da solo e visto che suo padre gli aveva insegnato parecchio sulla musica amava ascoltare il suono della natura nel loro bel giardino.
Era un ragazzino distratto e ,come abbiamo già detto, non molto promettente.
Questo perché preferiva guardare la natura, il cielo, le strade della sua città e la notte amava stare sveglio ad ammirare gli astri, invece di studiare o imparare un lavoro.
Galileo tuttavia non si preoccupava dei pareri della gente e continuava imperterrito a far quel che faceva, pensando di non aver bisogno di quelle cose inutili di cui lo ritenevano carente.
-Un ragazzino gracile come te deve imparare a studiare bene, altrimenti cosa farai nella vita?- gli diceva la mamma.
-Devi imparare a gestire tutte queste passioni futili, altrimenti non arriverai da nessuna parte.- lo rimproveravano i maestri.
-Pentiti della tua pigrizia ragazzo, è peccato!- gli intimava il prete della chiesa, che gli faceva anche un po' paura a dire il vero.
Nulla. Lui continuava ad ammirare le stelle e guardarsi curiosamente attorno.
Un brutto giorno i suoi genitori lo minacciarono di spedirlo dritto in un collegio di suore super cattive che erano solite servire minestre di cavoli a colazione, mandarti a letto senza cena, e studiare tutto il giorno.
Galileo si spaventò tanto che la notte non riuscì a dormire, guardava il cielo e pensava ad una soluzione:
-Come farò mai? Non voglio andare in collegio, ma non ho voglia di studiare...perché capitano solo a me?- si chiedeva disperato guardando le stelle.
Era una nottata stupenda: il cielo era limpido, la luna brillava come uno specchio d'argento e le costellazioni sembravano diamanti ricamati nel mantello della notte.
-Come vorrei riuscire a toccare quei piccoli puntini nel cielo, sono così belli...- mormorò Galileo rapito da quella bellezza seducente.
D'un tratto vide tagliare la volta una bellissima stella cadente dalla coda celeste.
-Che meraviglia!- esclamò Galileo, ma la stella cambiò direzione e si diresse pericolosamente verso di lui.
-PISTAAAAA!- urlò mentre Galileo correva via spaventato sul fondo del giardino, nascondendosi in una ginestra.
La stella, o così sembrava, fece un gran rimbalzo e saltellò per tutto il giardino distruggendo le piante, i fiori e le bellissime statuette di ceramica.
-La mamma mi ucciderà!- pensò spaventato cercando di farsi piccolo, mentre quella bizzarra palla di gelatina azzurrina seminava il panico fra gli uccellini e gli scoiattoli.
-Per tutti gli anelli di BLizzagnac!- esclamò la gelatina, che incredibilmente, sotto i suoi occhi increduli diventava pian piano un piccolo esserino simile ad un bambino.
Aveva dei grandi occhi lucenti e sembrava avere la consistenza dell'acqua, le sue braccia corte roteavano verso il cielo mentre sputava parole insensate e la sua testolina era avvolta da fiammelle blu che sembravano capelli.
-Un diavolo!- si spaventò Galileo.
-Blizzagnac e Plutone, ma proprio a me? Perché doveva proprio passare quel maledetto asteroide? Al giorno d'oggi danno la patente a tutti i fessi della galassia!!- imprecava la creaturina dando calci ai sassolini con le sue piccole gambette.