D'improvviso

98 9 6
                                    

Sto aspettando la corriera, in una triste e fredda giornata d'inverno, davanti all'ingresso della mia scuola. Sofia è proprio accanto a me e sta tremando leggermente. Non ho la minima intenzione di darle la mia felpa come qualunque altro ragazzo farebbe, così mi avvicino a lei e le cingo i fianchi da dietro, facendo aderire la sua schiena al mio corpo. Lei si volta di scatto.
<<Ma che fai?>> mi dice con voce instabile, girandosi completamente verso di me. Le lascio un dolce bacio sulla fronte e la stringo ancora più forte.
<<I-Io... non p-posso...>> mi sussurra guardandomi negli occhi. I suoi sono di un colore che mi ricorda tanto la neve su cui vi si riflette un cielo limpido. Sono puri e tristi, profondamente tristi. 
Ora invece, assomigliano più ad uno specchio d'acqua, tanto son lucidi.
Ecco adesso piange, ne sono certo.
Diventano quasi grigi, mi ci perdo.
"Perché mai piange?" penso. 
La mia stretta si fa sempre più salda, ma le mie braccia, ben presto, ritornano a me. 
Sei scomparsa.

"M'accorsi come le sue pupille erano rosse di pianto; non mi parlò, ma mi ammazzò con un'occhiata quasi volesse dirmi: Tu mi hai ridotta così."
Leggo la frase di Ugo Foscolo, dipinta sulla parete di fronte al mio letto, pensando alla tua insolita ma consueta scomparsa/comparsa.
Allungo le braccia verso l'altra parte del letto: è così vuota e fredda da farmi rabbrividire e svegliare completamente. So già cosa è successo. Ormai è così da qualche anno: ogni notte si ripete il solito sogno. Non ne posso più di stare qui a guardarmi crollare dinanzi ad un ricordo che non riesco neanche più a decifrare bene. Mi mancano alcuni frammenti essenziali per completarne il disegno preciso; il tuo fottutissimo disegno, del quale non trovo l'ultimo dettaglio in grado di farti tornare: tornare come prima, tornare da me.

D'improvviso penso a te.

Cosa è successo? Mi sono ritrovato solo in un istante, senza una reale motivazione. Mi siedo sul bordo del letto, prendo la testa fra le mani e mi immergo in quel mio meraviglioso mondo del passato, dove tu c'eri ancora, dove c'ero ancora anch'io e dove c'eravamo noi due insieme.
Ci vedevamo tutti i giorni, soprattutto quando eravamo ancora bambini. Ci siamo sempre considerati amici, chissà se poi eravamo fatti per essere qualcosa di più. Non ci avevo mai pensato prima che te ne fossi andata. Mi divertivo così tanto nell'averti accanto a me: a tirarci la neve addosso per poi costruirci un enorme pupazzo con tanto di cappello, carota e bottoni, a rotolarci sui prati, a rincorrerci, a pulirci i baffi di cioccolata, a dormire sotto lo stesso plaid, sul divano di casa dei miei. Mi ricordo anche che tu saresti voluta diventare una veterinaria, nonostante il sangue ti facesse rabbrividire, mentre io speravo di scoprire l'universo facendo l'astronauta. E molto spesso, fingevamo pure di aver raggiunto i nostri obbiettivi, assieme.

Giocavamo ad esser grandi, ma mai grandi quanto i nostri sogni.

Ricordo anche di quando, quel giorno d'inverno, ti ammalasti a causa del freddo che ci eravamo presi, giocando sulla neve. Mi ero sentito talmente tanto in colpa che ti avevo portato un regalo all'ospedale: il mio maglione preferito.
Lo mettesti appena guarita, per poi tornare nuovamente a giocare fuori sulla neve con me e solo con me, nonostante i tuoi te lo avessero proibito.

Mi ricordo ancora il freddo, le tue guance rosse, il mio maglione.

Mi ricordo anche che arrossivi spesso, soprattutto quando ci sfioravamo: che ne potevo sapere io del motivo per cui accadeva! Avveniva però, spessissimo! Che ti dicessi qualcosa di carino, che ti facessi una sorpresa o che i nostri corpi si toccassero involontariamente... e non c'era niente da fare affinché le tue guance non diventassero d'un rosso acceso, che a me suscitava imbarazzo, forse più di quello che provavi tu stessa. Non riuscivo a spiegarmelo, non riuscivo a spiegarmi l'effetto che avevo su di te.

D'improvviso -Lorenzo FragolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora