Il lido è freddo. La sabbia freme umida sotto le suole dei miei sandali, avanzo sulla battigia.
All'orizzonte il cielo è rosso, immerso in un'immobile luce, obliqua e accecante. Sfumature cremisi, scarlatte e sanguigne, screziate dell'oro che cola nel tramonto, squarciano l'azzurro cupo della volta. Si sta avvicinando una tempesta: un vento improvviso mi gonfia le vesti.
Il paesaggio muta, pur restando lo stesso: qualcosa di nuovo lo ha toccato, e ora io non lo conosco più, pur avendolo sempre percorso. Non riconosco il sospiro che smuove le mie trecce nere, non riconosco il lamento che turbina sulla mia testa. Sento il sole sul mio petto, ma alle mie spalle la luna è già sorta: non mi guardo indietro. Dove sono?
L'acqua sale, mi lambisce le caviglie, la risacca è dettata dal respiro di una Nereide innamorata.
E d'improvviso compare. Un attimo prima lo sentivo su di me, caldo tepore; ora è ombra, alla mia sinistra, che si illumina nel tempo di un battito di ciglia.
Alto, luminoso, pelle brunita: così si presenta ai mortali. I suoi riccioli biondi sono scompigliati dal vento, qualche ciocca gli scivola sugli occhi senza tempo, imperscrutabile. Il suo sorriso enigmatico è appena accennato, ora è una smorfia, ora una promessa.
Le labbra perfette si schiudono benevole, desiderabili. Siamo soli?
"Eccomi" dice solo, trionfante. Sa che l'ho invocato a lungo. E a lungo non ha risposto.
Perché ora, perché qui? Volgo lo sguardo al Sole: sembra in equilibrio sul pelo dell'acqua di mare che, ondeggiando appena, sembra volerlo afferrare.
"La vera domanda non è perché, Cassandra" mi risponde, con fraterna dolcezza.
"E allora qual è la vera domanda, Potente?" replico, arrestandomi. L'orlo della veste si intride di acqua: la Nereide ha unito il pianto ai sospiri.
Lui tace a lungo, ma mi osserva, e i suoi occhi mi danno muti comandi, in una lingua che non pensavo di conoscere. Indietreggio, incapace di dividere il mio sguardo dal suo. Cammina verso di me, non si allontana mai più di pochi passi. Mi conduce, senza fretta.
Il mio corpo ritrova uno scoglio, distrattamente superato poco prima.
E il mio cuore inizia a cantare di gioia, una gioia distruttiva, nemica.
"La vera domanda, Cassandra, è se davvero lo vuoi." Bisbiglia, ora: è vicino, sento il calore della sua pelle mordermi il petto e il ventre, spirare sulle mie labbra.
Sgrano gli occhi, sento la mia voce parlare sulla sua: "Lo voglio" dico, mentre le mani si poggiano sulle ginocchia, traggono in alto la veste e i suoi panneggi.
Apollo sorride, un sorriso obliquo colmo di tenerezza: raccoglie le mie mani nelle sue – scottano! – inducendomi a lasciare andare il lino sottile. Mi solleva le braccia sul capo, contro lo scoglio, le atteggia in un immobile passo di danza, divertendosi a mettermi in posa. Discende sul viso, solleva il mio mento, sfiora la pelle con la punta del naso.
Ora le sue mani scendono sul mio corpo, e dove mi toccano, incontrano solo la pelle. Sono nuda, di fronte a lui che benedice col suo tocco ogni mio punto.
Non ho mai conosciuto un uomo – ma so che non mi tratta come un'amante. Con amorevole metodo mi sfiora, spalancandomi abissi che non conoscevo.
Sono nuda, arresa, perché avrò ciò che ho sempre desiderato: la Veggenza. Il mio corpo scoppia di voluttà, perché questo è l'unico amplesso che conoscerò, più glorioso di ogni amplesso mortale. Il frutto che porterò in grembo non sarà pesante quanto un figlio, ma più prezioso di qualunque vita.
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Cassandra
Historical FictionQual è il prezzo da pagare per l'amore di un Dio? "Hai detto che lo volevi" mi ricorda, inesorabile. "Lo hai voluto. Lo vorrai fino alla fine"