Novembre

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Quando mi sveglio sono più tranquilla e felice, ben presto però tutta questa gioia viene sepolta dal suono fastidioso del mio cellulare. Allungo il braccio verso il comodino e noto che sullo schermo lampeggia il nome di "Camilla". Sbuffo e lo rimetto sul comodino senza risponderle. Ultimamente continua a chiamarmi e, a volte, le rispondo facendo poi cadere la linea e altre volte la richiamo, lasciandole dei messaggi in segreteria che però terminano non appena risponde.

Già odio suo figlio, ci manca solo sentire lei, potrei insultarla per aver abbandonato Ric nel periodo più difficile e, chiaramente, anche me e Chris. Non so se sia a conoscenza anche del fatto che sono incinta, ma scommetto che su qualche giornale o qualche articolo online ci sia una foto di me grassa come un bovino. E scommetto che se esiste, l'ha vista e mi chiama, non per scusarsi, ma per insultarmi e darmi il contatto di un dietologo.

Mi alzo già nervosa e mi dirigo in sala, dove scopro che Ric e i bambini sono già andati. C'è un post it vicino alla macchina del caffè: "è quello vero. Ti amo rompicoglioni bellissima". Sorrido e mi verso una tazza andando a sedermi in veranda.

Decido di chiamare le amiche e organizzare una serata insieme, visto che non so come sia andata a finire tra Josè e Priscilla e sono curiosa, oltre a sentirmi terribilmente in colpa. Ho giusto raccontato brevemente di Edo, ma ancora non l'hanno incontrato, e ci siamo soffermate più sul fatto che tra me e Ric non sia un idillio, sul fatto che Nico e Teo stanno parlando di avere un figlio, su Lisa che, invece, ha ritrovato la sua tranquillità post gravidanza.

Ovviamente mi rispondono subito e decidiamo di vederci tra qualche giorno a casa mia.

Mi vesto, con uno dei pochi abiti che ancora mi va e vado al centro. Il cellulare continua a vibrare, disturbando le mie sedute, così spazientita decido di rispondere all'arpia che mi sta trapanando le orecchie.

«Federica, ho provato a chiamarti molte volte, nelle ultime settimane e hai abilmente evitato ogni chiamata» sbuffo a sentire la voce di mia suocera.

Speravo di essermene liberata, e invece, Ric è uscito di prigione e lei rispunta, come se nulla fosse. Vorrei mandarla al diavolo, ma propendo per la diplomazia, almeno ora che è solo l'inizio di questa conversazione che, presumo, sarà eterna.

«no, non è vero. Ho lasciato dei messaggi sulla tua segreteria» accampo la prima scusa che mi salta in mente, per evitare di dirle che non ho nessuna intenzione di rivederla, di mettermi in mezzo nella relazione tra lei e suo figlio e specialmente di parlarle del fatto che sia incinta, sempre che non lo sappia già.

«sì, messaggi. E se per caso rispondevo, attaccavi. O se la cameriera rispondeva, chiedevi di me e poi dicevi che stavi guidando in una galleria e che la linea sarebbe potuta cadere, facevi dei rumori e riagganciavi» rido da sola, ma cerco di dimostrarmi una persona adulta

«ero impegnata» bofonchio scocciata

«impegnata? Così tanto impegnata da non avere il tempo di rispondere a tua suocera, dopo tutto il casino che è successo?» mi sbraita, mandandomi su tutte le furie

«e tu eri così tanto impegnata da non provare neanche ad aiutare tuo figlio? Sai cos'abbiamo passato in questi mesi? Sai i casini in cui ci siamo trovati? Hai idea di cosa abbia significato per noi tre? No, certo che non ce l'hai perché te ne sei fottuta! Perché rovinava il tuo mondo di finta perfezione del cazzo» urlo sentendo anche le lacrime agli occhi nel parlare di quei mesi assurdi.

Tace per un po', si schiarisce la voce, e parla fredda come sempre «vedo che in questi mesi sei anche divenuta volgare. Già lo eri per come ti vestivi, ora anche per come parli»

Io e Te. Terzo capitoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora