Leyla
È una notte strana e bellissima. La luce della luna si riflette sulle strade del mio paese, Bregun, una piccola cittadina di 15 mila anime. Non sono una persona poetica, ma il mio nome, Leyla, significa "buia come la notte". L'ultimo, unico e oscuro regalo che mi hanno fatto i miei genitori prima di sparire. Zia Lidia dice sempre che mia madre non era fatta per i figli, e non credo di poter darle torto. Secondo la sua versione mio padre l'ha convinta a non abortire, ma non c'è stato verso di farle tenere "la bambina"... come fossi stata spazzatura, un regalo sgradito. Adesso vivo con mia zia Lidia, mio zio Antonio e i miei cugini Roberto e Gaia. Ma mi sono portata a dietro un ritratto di mia madre rinchiuso nel mio aspetto: ho i suoi stessi capelli e occhi neri. Da mio padre ho preso solo le lentiggini.
Non c'è nemmeno Gaia stanotte. Gli zii sono via per lavoro e lei è da un'amica a dormire. Guardo fuori e sospiro. Vorrei essere come la luna: una fonte di luce in un momento buio.
Mi rigiro nel letto: stasera è proprio impossibile dormire. Afferro il telefono sul comodino: sono le 3:25. Vado sulla rubrica e cerco il numero di Fede.
Federica, Fede per gli amici, è una dei miei migliori amici, ed è praticamente l'opposto di me. È bionda, con i capelli cortissimi, gli occhi azzurri che sembrano nascondere il senso dell'esistenza. Paziente, calma, perfezionista... a volte sembra un po' fredda, ma quando ci si mette è una vera bomba, e non ha paura di nessuno. Non che io sia timida, al contrario, ma a volte giro troppo attorno alle cose, inventando chissà che storie per arginare la verità. Solo con le persone a cui voglio bene sul serio cerco di essere sincera al 100% e di non ferirle mai. Mai.
Premo il tasto della chiamata. Al terzo squillo, una voce impastata dal sonno mi risponde:
-Lele sono le 3:30, si può sapere cosa vuoi?-
-Non riesco a dormire...-
-Io ci stavo provando.-
Sorrido. Ma cos'abbiamo tutti stasera?-Dai Lele domani ho la verifica di francese, devo provare ad addormentarmi, e non sognarti mai più di chiamare a quest'ora!-
-Tanto lo sai che ti chiamerò sempre.-
Risata al di là dello schermo.
-Dai Lele... dormi, conta le pecore.-
-Ok Fede... ma a me sembra tutto troppo strano... tu dormi sempre come un ghiro...-
-Tranquilla, vedrai che non c'è niente di strano o soprannaturale o simili.-
-Notte Fede...-
-Notte Lele.-
Mi metto sdraiata a pancia in giù, e continuo a guardare la luna. Finché, improvvisamente, il mio telefono squilla. È Federica.
-Ma non avevi la verifica di francese?-
-Sveglia Roby, vestitevi e venite giù in piazza San Francesco. Mi ha appena chiamato Dante, parla come se fosse scoppiata una bomba atomica. Ci ha pensato lui ad avvisare Vale.-
-Ma cosa succede?-
-Devo capirlo anch'io... adesso muoviamoci!-
Ma perché, perché Fede da sempre retta a Dante?! Non che stiano insieme, ma forse sono i due che, come amici, hanno il rapporto più profondo, a volte sembra che si leggano nel pensiero. Sono solo amici, ma, a volte, mi chiedo come possano essere così.
Scendo dal letto e corro in camera di Roby. Mio cugino è uno dei più bei ragazzi della scuola: capelli neri, occhi di ghiaccio, abbronzato, simpatico e impertinente. Potrebbe sembrare il classico dongiovanni, ma in realtà non ha mai voluto avere una storia con una ragazza, anche se potrebbe averne avute milioni.
-Roby, sei sveglio?-
-Sì, purtroppo...-
Ma che succede stanotte?! Dante che fa chiamare strane e ci chiede di venire in piazza, mio cugino e Fede che non dormono...
-Ha chiamato Fede. Dante dice che dobbiamo trovarci tutti in piazza San Francesco Saverio, quella davanti a casa sua, non si capisce che sia successo.-
Credo che Roby pensi che io sia impazzita, ma si alza ugualmente.
Ci vestiamo in fretta, entrambi con una semplice tuta, io nera e lui rossa, maglietta bianca, scarpe da ginnastica, e usciamo.
Da casa mia a piazza San Francesco Saverio c'è un po' strada. Non spiccichiamo parola, forse per il sonno, ma soprattutto perché quel silenzio innaturale è così stranamente accogliente.
Quando arriviamo, Dante è già lì insieme a Fede, e Valentino sta arrivando dal fondo della strada. Noto che, appena vede Fede, Roby diventa rosso. È da un po' che è così, e io sono l'unica a saperlo. Mentre ci avviciniamo, Vale ha già raggiunto i ragazzi assieme ai suoi indomabili ricci rossi.
-Sono le quattro del mattino, Dante, perché siamo qui?- chiede Roby.
-Venite con me.- risponde il biondino, enigmatico.
Giriamo dietro alla chiesa e ci troviamo davanti a uno spiazzo erboso, di quelli giudicati inedificabili.
Tutti lo chiamano semplicemente "il prato", ed è sempre rimasto vuoto. Di giorno alcuni bambini vanno in giro lì a correre, ma nient'altro.
Invece quella notte c'è qualcuno. Un uomo in piedi, di schiena, il viso rivolto verso il cielo. Inizialmente sembra che stia dormendo, poi però si sente un singhiozzo, come se stesse piangendo.
-Non riuscivo a dormire, così sono uscito a fare un giro. E ho visto lui. Mi ha chiesto dovce abitava tua zia.- dice, rivolgendosi a me.
-Perché a qualcuno dovrebbe importare dove abita la zia di Lele?- chiede Vale, con la sua classica faccia da bambino sperduto. E forse un po' troppo forte, perché l'uomo si gira verso di noi, si alza e fa alcuni passi nella nostra direzione, portandosi sotto a un lampione.
-Hey, voi, laggiù! Sì, dico a voi,- ripete, vedendo Dante indicarsi - sapreste indicarmi la residenza di Lidia Drenai?-
Ma il mio cervello è andato in stand by da quando ho visto il viso dell'uomo. Capelli rossi, occhi verdi, basette. Scommetto che se mi avvicinassi, gli vedrei le lentiggini. Perché quell'uomo lo conosco. Lo conosco dalle fotografie. Lo conosco dai racconti. Quell'uomo mi ha salvato la vita.
Quell'uomo è mio padre.
~•~
Abbiamo chiamato subito i miei zii, che hanno preso il primo aereo per tornare da Monaco e ora mio padre sta mangiando nella nostra cucina. Dan, Fede e Vale sono dovuti tornare a casa, anche sotto mia insistenza, con nient'altro che la promessa di ulteriori aggiornamenti. E quanto a mister-sparisco-per-15-anni-e-poi-ricompaio, non ha ancora voluto dare spiegazioni di qualsiasi genere. Ha parlato un po' al telefono con zia Lidia, poi si è messo a ingoiare tutto quello che ha trovato in dispensa, senza fare troppi complimenti. Non mi ha ancora rivolto la parola, a parte quando mi ha chiesto di passargli la zia al telefono, e la cosa mi sta sconvolgendo. Sembrerà infantile, ma non ho mai smesso di sognare, nelle mie fantasie notturne, mio padre che tornava a casa, anche se la mamma non era mai con lui. Nelle mie fantasie ci si abbracciava, si rideva, si faceva festa, ma invece è tutto diverso... quasi orribile. In realtà non tornava mai nel bel mezzo della notte, aspettando in mezzo al "prato" che qualcuno gli dicesse dove abitavo. Anzi, dove abitava mia zia, perché in effetti per quanto ne sa lui avrebbero anche potuto darmi in adozione.Proprio mentre penso a queste cose, però, mio padre si gira verso di me, e poi verso Roby. -Roberto... potresti andare nella tua stanza, per favore?-
-Se devi dire qualcosa a Leyla, puoi tranquillamente dirlo anche a me. Tanto lei mi dice sempre tutto.-
-Su quest'ultimo punto non ho niente in contrario. Ti racconterà tutto più tardi, ma ora ho bisogno di essere solo con lei.-
Mio cugino mi lancia un'ultimo sguardo sfuggente, poi, senza ribattere, si dirig verso le scale che conducono al piano di sopra. E io rimango sola con mio padre.
-Perché hai deciso di tornare proprio ora? La zia mi aveva assicurato che non sareste tornati mai più.-
-Era il programma di tua madre. Ma prima voglio raccontarti tutta la storia di quello che è successo.
Conobbi tua madre quando avevamo tutt'e due vent'anni: io studente di filosofia, lei cameriera in un pub. Non le era mai piaciuto studiare, aveva fatto l'alberghiero e si era trovata un lavoro più in fretta che poteva. Me ne innamorai pazzamente. Non era solo bella, ma anche scherzosa, vivace e, devo ammettere, decisamente attraente. Non pensavo che avrebbe mai voluto avviare una relazione stabile, soprattutto con un secchione che se ne stava sempre seduto al tavolino in fondo del bar e invece di mostrare i bicipiti le rivolgeva solo un timido sorriso. Finché un giorno no è venuta proprio lei a parlarmi. E lì era esploso l'amore.
Poi sei arrivata tu. Io avevo sempre desiderato una bambina, ma Anna non ne voleva sapere. Fu un miracolo se la convinsimo, io e tua zia, a non abortire, ma questo probabilmente già lo sai. Fui un debole a decidere di andare con lei e di non restare, ma l'amavo alla follia e sentivo che la cosa era reciproca. Ed è stato così per 15 anni. Vivevamo nel posto più lontano da qui che si potesse immaginare: a Pretoria, una delle capitali del Sud Africa, io ero riuscito a rimediare un lavoro come operaio, lei lavorava sempre come cameriera. Pensavo che saremmo rimasti insieme per sempre. Solo pochi mesi fa sono tornato a casa prima dal lavoro, e ho scoperto che già da due anni mi tradiva. Ho preso il primo volo per l'Italia e sono venuto qui: ho rischiato di sprecare tutta la mia vita dietro una donna che non mi poteva dare quello che cercavo. Resto sempre un laureato in filosofia: ho trovato un impiego come supplente e ho affittato un monolocale. Non ti chiedo di imparare a chiamarmi papà... ti chiedo solo di perdonarmi.-
A me vengono le lacrime agli occhi: ho davanti un uomo geniale, che ha perso diciassette anni della sua vita dietro a una donna che poi lo ha tradito, e ora vuole solo una scusa per ricominciare da capo. Non lo abbraccio, non faccio niente, solo un timido cenno di sì con la testa prima di andare a raccontare tutto a Roberto.
Ma come può, come può una sola notte cambiare tutta la tua vita?
STAI LEGGENDO
Oggi decido io
ActionCome può una sola notte cambiare la tua vita? Perché sospesa su quel filo mi sento così bene? Può una parola cambiare cento cuori? Perché quando la vita ti da un'opportunità, non ti affretti ad afferrarla? Basta un bel sorriso per essere belli davve...