Capitolo 1

34 4 0
                                    

Il mio nome è Grace, Grace Allen. Ho 17 anni. Ben nove anni fa mio padre morì. Ricordo che ero a scuola e che mia madre mi venne a prendere dopo aver finito di lavorare, come al solito. Sembrava una giornata come tante altre,ma era solamente un'illusione. Noi ci illudiamo ogni giorno della nostra vita, vogliamo rimanere nella nostra convinzione che la vita sia bella e che tutto andrà sempre e comunque per il verso giusto, ma non è così. La nostra vita è solo una grande illusione. Arrivammo davanti casa e suonammo al campanello, ma nessuno rispose. Mia madre pensò che mio padre stesse dormendo e pensò di divertirsi facendogli un piccolo scherzetto, così mi aiutò ad entrare dalla finestra, la quale non era ben chiusa, e andai dritta in camera da letto con un sorrisetto malizioso. Avrei dovuto ricordare che la vita è solo un'illusione. Pensavo che sarei andata silenziosamente accanto a mio padre, che l'avessi svegliato con uno stupidissimo urlo e che lui mi prendesse in braccio e mi coccolasse come era solito fare, ma non andò così. Appena aprii la porta, vidi una scena che non dimenticai mai più. Mio padre era per terra, sul pavimento gelido. Attorno al suo corpo si espandeva una grande pozza di sangue, le lenzuola erano anch'esse impregnate di sangue, così come le pareti erano state schizzate da questo liquido rosso fuoco, quel liquido che dovrebbe rappresentare la vita e che in quel momento rappresentava la morte. Mi accorsi che non ero sola in quella stanza. C'era una donna, vicino al corpo di mio padre. Teneva un grosso coltello tra le mani insanguinate. Appena mi vide entrare, questa donna cominciò a dirmi parole che mi sarebbero state impresse per sempre nella mente: -"Cara dolce bimba, sappi che tuo padre non era altro che un vigliacco. Scopava con me e non aveva il coraggio di dirlo alla tua stupida mammina!"- poi corse via dalla finestra. Rimasi terribilmente scottata da quella faccenda. Da quel giorno non fui più la bambina dolce e felice di sempre. Cominciai a starmene sempre per i fatti miei, tanto per cominciare. Ricordo che la maestra avvisò mia madre della maniera efferata con cui cominciai ad approcciarmi agli altri bambini: li insultavo in maniera pesante e spesso tiravo loro i capelli o davo loro calci. Altre volte raccontavo storie o dicevo cose del tutto inquietanti. La gente pensò che io divenni pazza, e i genitori dei miei amichetti non vollero più che io frequentassi i loro figli. Proprio così: quando hai bisogno di qualcuno che ti stia accanto e che ti aiuti a superare il dolore, tutti scappano via. E allora sì che diventi veramente matto. Diventi matto per l'insostenibile dolore.

Suicidal ThoughtsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora