Jacob Sartorius

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Sapeva perfettamente che tutto quello era sbagliato, totalmente sbagliato,
eppure continuava a farlo e si sentiva tremendamente in colpa per non sentirsi in colpa quando accadeva. Non sapeva neanche come definire la situazione, era complicata e ciò le bastava per non affrontarla, come un problema di matematica che non vuoi risolvere, fai finta di non capirlo e tutto va bene.
Ma in quel caso nulla andava bene, e lo sapevano bene, eccome se lo sapevano, solamente evitavano di affrontare l'argomento.

-Credi che dovremmo dirglielo?- domandò la ragazza, mentre osservava i lineamenti dolci e bambineschi del castano, il quale fissava la parete di fronte a lui, imbrattata di scritte insignificanti. Non rispose, anche perché non seppe cosa dire e gli avevano insegnato che molto spesso il silenzio valeva più di mille parole.
Nonostante ciò Sanje non fu entusiasta di questo improvviso ammutinamento del quattordicenne ed insistette.

-Non lo so... Non capirebbe...- rispose dopo qualche secondo. In quel periodo aveva poche certezze e troppi dubbi. Sanje era una delle poche certezze che possedeva, poiché sapeva dal primo sguardo che non se ne sarebbe andata, nonostante tutto, nonostante i pericoli che stesse percorrendo per rimanere al fianco di Jacob, lei rimaneva e questo non poteva far altro che riempire di gioia il cuore del ragazzo. Seppur sentisse un'immensa felicità ogni talvolta che si ritrovava la ragazza di fianco, non poteva evitare di sentire un terribile senso di colpa quando non c'era. Ed era questo che lo logorava da dentro.

-È ovvio che non capirebbe, Jacob! Quale essere umano capirebbe?!- sbraitò alzando le braccia per poi farle ricadere, violentemente, sulle gambe distese sul pavimento. Era agitata, molto agitata, perché quello era un giorno dei tanti, eppure sentiva nell'aria qualcosa di diverso, qualcosa di strano, e per quanto le piacessero le diversità si era ritrovata a sperare che fosse solo frutto della sua immaginazione. Ma dentro di se sapeva perfettamente che sarebbe accaduto qualcosa, solo che lo ignorava, come sempre.

Il tinto si portò le ginocchia al petto e posò la testa contro il muro dietro di se, sospirò amareggiato. Nel frattempo le lezioni erano iniziate da un quarto d'ora, ma nessuno dei due era intenzionato dall'alzarsi da quel sudicio pavimento del bagno dei bidelli, ormai in disuso da tre anni. Per loro era un nascondiglio, un posto dove poter stare da soli, dove potevano dare sfogo a ciò che erano veramente, dove potevano stare insieme.

Jacob sorrise al ricordo del loro primo incontro, un anno e mezzo prima.
Sanje era una semplice ragazza di dodici anni, alle imprese con la sua prima cotta Mark Thomas, uno tra i ragazzi più belli e più impossibili di quell'istituto, ma non che fosse uno che se la tirasse particolarmente, anche perché il biondo era piuttosto amichevole e solare, ma Sanje si sentiva troppo piccola per lui, benché avesse solamente un anno in più di lei.
Quest'ultimo l'aveva notata grazie ad uno scherzo attuato da uno dei suoi migliori amici, Blake Gray, anche lui un ragazzo semplice. Sanje si era ritrovata vittima di quello scherzo, non troppo cattivo, da parte del biondo. Il che consisteva nel fermare un passante e dargli un bacio sulla guancia, inutile dire che la ragazza era diventata più rossa delle punte dei suoi capelli colorati. Mark aveva assistito a tutto e aveva trovato la dodicenne particolarmente interessante, per questo iniziò ad esserle amico.

Inizialmente fu imbarazzante, perché lo riteneva come uno di quei cattivi ragazzi di cui parlano tutti, ma ben presto scoprì che non lo era affatto. Dopo due mesi di grande amicizia Mark fece il primo passo baciandola, e da lì nacque l'amore, anche se nessuno dei due sapeva con certezza cosa fosse. Entrambi lo assimilavano alle farfalle nello stomaco, ma non era così, non per lei.
Quattro mesi dopo l'inizio della loro relazione il caro e vecchio Jacob, non che il migliore amico di Mark, tornò dallo scambio interculturale con l'Olanda. La notizia della nuova ragazza gli giunse subito all'orecchie e non si trattenne dalla voglia di vedere la 'sfortunata di turno', come la nominò lui per deridere l'amico. Per questo durante una monotona giornata di autunno conobbe Sanje. La prima cosa che notò in lei fu la sua semplicità, che la rendeva unica ai suoi occhi, il suo modo di ridere, di sorridere, di ascoltare, di esprimersi, di arrossire lo incuriosiva. Ma quel che non sapeva è che da quel giorno Sanje non poté fare a meno di vederlo e cercarlo ogni giorno. Mascherò il tutto con un semplice 'È il migliore amico del mio ragazzo, quindi voglio essergli simpatica', ma non era così.
Cercarlo nei corridoi a ricreazione, alzarsi sulle punte per vedere se si trovasse nelle vicinanze, mordersi il labbro dal nervoso per la sua presenza, sentire il cuore battere troppo veloce per un suo sguardo, sentire un vortice nello stomaco alla vista del suo sorriso, provare una forte gelosia ed invidia per qualsiasi ragazza che lo toccava o gli parlava, avere sempre voglia di sentire la sua voce, svegliarsi col sorriso in faccia a causa sua, non provare fame prima dei pasti non era ciò che definiva lei, era ben altro.
Questi incontri segreti iniziarono cinque mesi dopo, quando durante la solita rottura di una relazione del caro Sartorius la dolce Sanje si ritrovò a sbuffare.
Al che il ragazzo la trascinò in un angolo in disparte, dopo che Mark e gli altri se ne andarono. Provò più volte a chiederle il motivo dei suoi ininterrotti sbuffi, ma nulla da fare, non aveva intenzione di dargli alcuna spiegazione. Così costretto ad agire con le maniere forti la provocò con un semplice 'Sei gelosa delle mie ex?'. Ovviamente non si aspettò di certo la reazione che ebbe, ma ne fu stranamente felice, visto che arrossì e spalancò gli occhi. Scoperto il piccolo segreto della ragazza, di cui neanche lei ne era a conoscenza, le lasciò un dolce bacio all'angolo delle labbra e poi le sussurrò un semplice 'Questo sarà il nostro piccolo segreto', e così fu. Tutti i giorni, mentre Mark era agli allenamenti di rugby i due si vedevano.

-Allora perché mi hai scritto? Cosa volevi?- domandò spazientita dopo vari minuti di silenzio assordante. Neanche lui sapeva cosa volesse precisamente, l'unica cosa che non voleva era perderla, anche se non gli apparteneva, anche se era la ragazza del suo migliore amico. Il tinto sospirò ancora una volta senza dare risposta alle domande della ragazza, la quale si alzò ormai stanca del silenzio da parte di Jacob e si diresse verso la porta, senza dare spiegazioni, come aveva fatto lui. Si sentiva presa in giro, ma se solo avesse saputo della confusione che aveva nella testa avrebbe potuto capire.

-Resta... Ti prego...- forse era solamente quello che volle sentire in quel momento. Le bastò quello per risedersi su quel sudicio pavimento al fianco del ragazzo. Si costrinse di darle delle risposte, anche se non ne aveva.
E lui si sentiva così, lui le voleva dare tutto anche se non aveva nulla, si era domandato più volte se quello potesse essere amore, se pensare a lei così costantemente potesse essere amore, se guardarla come se fosse l'unica potesse essere amore, se sentire il cuore pieno di gioia alla vista della ragazza potesse essere amore, se sorridere costantemente quando parlava di lei con la madre potesse essere amore, se volerla sempre con lui potesse essere amore, se volerla baciare ed abbracciare davanti a tutti potesse essere amore, ma non lo sapeva, non voleva abusare di tale parola senza sapere per bene il significato.

-Sono un casino qui dentro, non so che fare, che dire. Ho paura di sbagliare, di ferirti, di ferire Mark, di farmi male. So che vederci è sbagliato, ma io...Non ci riesco... Ci sono troppo dentro per poterne uscire.- disse indicandosi la testa e fissandola negli occhi che erano tanto belli quanto dannati, perché l'avevano colpito nel profondo.
Sanje non era messa tanto meglio, anzi, lei era certa di essere innamorata e di amarlo, ma non scambiava le due parole, perché erano due cose differenti. Si può amare chiunque, ma si è innamorati solo di una persona.

-Ci faremo male, tanto male. Ma posso essere masochista per te, se vuoi...- ridacchiò facendogli l'occhiolino. Quel dolce suono divenne bellissimo per Jacob.
Era una delle cose più dolci che avesse mai sentito, e non era patetica come un 'Ti amo' detto al vento, era un modo tutto suo per dirgli 'Io ci sono e ci sarò.'

-Lo saremo in due se per te non è un problema...- sorrise sentendo la testa della ragazza appoggiarsi sulla sua spalla. Dopo quelle parole la sensazione che sarebbe accaduto qualcosa di strano sparì, forse era quello che aveva detto che era andato fuori gli schemi. Erano entrambi a conoscenza dei pericoli che avrebbero affrontato, ma non gli importava. La sicurezza della presenza dell'altro li mandava avanti, gli riempiva l'anima e gli entrava dentro, come una canzone che ti entra in testa e non ti esce più.
Avrebbero ferito una persona importante per entrambi, li avrebbero definiti egoisti, ma non gli interessava, perché le persone li avrebbe giudicati sempre e comunque.
Forse furono quelle poche parole a rassicurarli, a farli stare in pace con loro stessi nonostante tutto fosse sbagliato, nonostante quell'amore fosse sbagliato...

SPAZIO ME!
Quest'immagina è per l-originedelmale . Spero ti vada bene! :)

Byee

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