"Sembra che sia andato tutto bene" disse piano Anna, anche se entusiasta, e io mi stiracchiai all'indietro prima di farle un cenno di approvazione. Certo, immaginavo che tutti sarebbero stati spinti a guardare i suoi capelli rossi e in generale il suo cambiamento, ma non credevo così tanto da impedirle di finire uno dei suoi ripassi mattutini. Era stato un disastro percorrere la distanza da casa a scuola con lei che provava a guardare gli appunti più per distrarsi che altro, visto che avrebbe solo voluto dimenticarsi delle sue ciocche rosse. Le sembrava che tutti la guardassero in modo innaturale e schifato, così da farle barbottare parole di pentimento riguardo alla sua acconciatura, ma in verità ogni singola persona si stava facendo i fatti propri. Mi succedeva spesso anche a me di incantarmi con lo sguardo su qualcuno o qualcosa per poi darmi della deficiente subito dopo, esattamente come era successo a quel ragazzo mingherlino e assonnato che aveva appoggiato lo sguardo sulla mia amica. Nel pullman era logico che ci si passasse sguardi, ma senza nessuno scopo... poi a quell'ora del mattino nessuno era veramente sveglio? Per la mia amica però ovunque passava si trasformava in un campo di battaglia dove vagavano pallottole di pregiudizi e pettegolezzi e lei poteva solo stare a sguardo basso, pentita e riluttante come ad aspettare una punizione. Io, per la sua visione, la stavo trascinando al patibolo, obbligandola a camminare fino alla corda dove la attendeva un uomo incappucciato di nero. Mi sembrava di averle solo detto che sarebbe dovuta entrare in classe se non voleva perdersi la verifica, ma era mattina, quindi magari aveva ragione lei. Dopo un infinito corridoio per il quale si nascose dietro alle mie spalle, facendo finta di leggere, arrivò finalmente il momento di entrare in classe e per fortuna incontrammo Gaia sulla soglia. Dal momento in cui arrivò proprio da lei il primo complimento enfatizzato, fu richiamata un po' l'attenzione della maggior parte dei nostri compagni. Le ragazze si avvicinarono poco alla volta per darle ragione, dirle che stava benissimo, che era irriconoscibile, che sembrava il suo colore naturale, eccetera. La circondarono come fa la rete con un pesce, lasciandola senza parole, intimidita, ma estasiata, incredula, così pensai che non avrebbe nemmeno notato la mia mancanza. Sgusciai tra la piccola folla e la lavagna accorgendomi con disdegno di aver portato via del gesso con il braccio e guardai l'altra parte della classe: un covo di zombie. Alcuni avevano sollevato la testa dalle braccia conserte o dallo zaino, mostrando evidenti segni sul viso lasciati dalla posizione scomoda, altri sbadigliavano incuranti o dormivano e infine c'erano quelli che sembravano comunicare con dei "Cosa succede?- Ah, non so".
Erano passate le prime due ore, era intervallo, e la mia amica si era liberata delle attenzioni, riuscendo a raggiungermi al mio banco. Ormai tutti avevano capito da cosa fosse scaturita quella confusione iniziale e c'erano solo occhiate temporanee che però lasciavano pensare alla ragazza che fossero di apprezzamento. Per fortuna la sua stima parve salire un poco, almeno di qualche millimetro, e già era tanto, così si passò dalla parte "Me ne sono pentita" a "Però, magari ai ragazzi non piaccio".
Alzai gli occhi al Cielo a quella sua affermazione, anche se sapevo che comunque e in ogni caso la sua testa era e doveva rimanere piena di problemi. Non riuscii a trattenermi dal guardare Paolo che, vicino a noi, sentendo la più che scomoda frase, si alzò, facendo per andarsene. Sembrò però attirare l'attenzione di Anna che "Tu cosa ne pensi?" gli chiese senza mezzi termini, bloccando inesorabilmente ogni sua possibilità di fuga. Sorrisi discretamente e non mi trattenni dal ripetere: "Sì, Paolo, tu cosa ne pensi?".
Mi fulminò con lo sguardo e percepii un sottilissimo insulto che, a parole sottili o meno, il ragazzo mi aveva sicuramente mandato.
"Di cosa?" chiese, facendo il finto tonto.
"Mi chiedevo se..." parlò lei arricciando un po' le labbra "potevi darmi un parere su, ecco" alzò le spalle, facendo finire la frase nell'ovvio.
"Oh, ah... sì la testa... tu hai una testa che sta molto bene" bofonchiò lui spalancando gli occhi e gesticolando come un matto.
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Forgotten Love
RomanceMargot Bledig è una ragazza appena maggiorenne con un passato travagliato che l'ha lasciata con il cuore spezzato. Sua madre, Elisabetta, è una donna piena di vita, sempre in movimento e talmente attiva da risultare stancante. Vivono insieme in un p...