Alcuni giorni dopo, al castrum la vita sembrava fosse tornata a scorrere come prima, almeno in apparenza. Camilla, infatti, non aveva ancora affrontato con Antonius la questione posta da Turno. Aveva tutto il tempo per decidere, eppure sapeva perfettamente che in casi come quello le ore e i giorni passano molto in fretta. In disaccordo con l'opinione di suo padre, stava in realtà accampando scuse su scuse per rimandare il momento del confronto, nell'illusoria speranza che qualcosa o qualcuno l'aiutasse a prendere una decisione definitiva.
La giovane passava gran parte della giornata a cavallo, cacciando. Ritornava spesso però a mani vuote, cosa che non sarebbe mai accaduta in altre circostanze. Si sentiva irrequieta e insofferente. Ogni cosa le sembrava inutile. Si irritava per un nonnulla e la consapevolezza di quella situazione la rendeva ancor più irritabile. In cuor suo, ne intuiva la causa. Per qualche ragione a lei sconosciuta, il biondo re di Amyclae si era insinuato come un tarlo nella sua mente, dalla quale faceva una fatica tremenda a scacciarlo. Cercava di distrarsi in tutti i modi, esercitandosi al combattimento con le sue migliori guerriere, tirando con l'arco o cavalcando fino a sentirsi sfinita. Niente da fare: anche quando pensava di essersene liberata, l’immagine di Camerte tornava prepotente nella sua mente. Tutto questo era per lei inaccettabile. La sua serenità non poteva e non doveva essere turbata da nessuno, a maggior ragione da un uomo. Perciò, dopo qualche giorno, sempre più inquieta a causa del perdurare di quella situazione, decise di confidarsi con Antonius. Camilla sapeva che a quel punto avrebbe dovuto affrontare anche la spinosa questione della “guerra personale di Turno”, come il padre l'aveva chiamata al loro ritorno, ma non poteva più ignorare la situazione: il confronto era diventato ormai inevitabile.
Era appena passato mezzogiorno quando la sentinella che sorvegliava la valle verso Nord-Est lanciò l'allarme: un numeroso gruppo di cavalieri armati si stava avvicinando rapidamente al loro colle.
«Svelta, chiama la Regina.» Urlò la vedetta di guardia sulla rupe a un’amazzone poco distante.
Qualche minuto dopo Camilla salì sulla rupe.
«Allertate tutte le guerriere. Raddoppiate le sentinelle alle porte. Elinai, tu e Cleia montate a cavallo e cercate di capire chi sono quei cavalieri e quali sono le loro intenzioni. State attente: se vi scoprissero, al minimo cenno di ostilità tornate subito indietro, vi manderò incontro un gruppo di arciere per proteggere la vostra fuga. Svelte, andate. Tu invece, Ramtha, avvisa le famiglie fuori le mura di tenersi pronte: al primo suono di corno devono ritirarsi immediatamente all'interno delle fortificazioni.»
Impartiti gli ordini, Camilla rimase a osservare i movimenti del drappello armato. Il loro obiettivo era ormai evidente: stavano dirigendosi al castrum. Dopo qualche minuto, i cavalieri scomparvero alla vista, inghiottiti dal bosco che circondava la collina.
Erano ormai tutti in allerta, quando dall'alto della rupe videro tornare le due guerriere mandate in avanscoperta, accompagnate da un cavaliere. Camilla si protese in avanti per vedere meglio e, riconoscendo all’istante la bionda chioma di Camerte, sorrise divertita.
«Calma! State calmi, sono amici. - si affrettò a gridare - Avvisate tutti, l'allarme è cessato. Potete tornare alla vostre faccende con tranquillità.»
Camerte aveva creato un gran trambusto ancor prima di arrivare.
«Aprite i cancelli!» ordinò la Regina.
Qualche minuto dopo, il Re di Amyclae entrò al trotto nel castrum. Scese da cavallo con un balzo e, con un gran sorriso sulle labbra, si rivolse a Camilla:
«Non sarei mai potuto tornare a casa senza aver prima visitato la tua famosa grotta!»La giovane Regina intanto era scesa dalla rupe per andargli incontro e rimproverarlo aspramente, ma quando si trovò di fronte quel sorriso aperto e sincero, ogni sua intenzione bellicosa scomparve. Anzi, in cuor suo era combattuta tra la gioia di vederlo e l’irritazione di provare quel sentimento. Perciò rispose:
«In quel di Amyclae non è uso annunciarsi con dei messaggeri? Avrei potuto falcidiare la tua cavalleria con le mie arciere. Con questa tua visita improvvisa e inaspettata hai causato non poca apprensione. La paura della guerra aleggia nell'aria, e ogni gruppo armato mette in allarme la nostra gente. Comunque, visto che ormai sei qui, che tu sia il benvenuto! Quali sono le ragioni della tua visita?»
«Mia Regina, purtroppo mi conducono venti di guerra. Mio padre mi ha chiesto esplicitamente di partecipare alla guerra contro Enea. Sono contrario a essa, come ben sai, ma non ho potuto dire di no. È stato lui che mi ha suggerito di tornare a casa passando all'interno degli Ausoni, per cercare di convincere anche te a entrare nell'alleanza contro Enea. Ma la ragione principale per la quale sono qui – e così dicendo, prese tra le sue forti mani quelle di Camilla che, sorpresa dal gesto, non le tirò indietro - è che mi devi una cena, quella che mi hai costretto a saltare a Frusino.»
La ragazza sorrise divertita.
«Cena? Certamente! Ma, per punirti per il trambusto che hai creato, sarà un pasto frugale: pane, formaggio e legumi. Questa sera si cena dal “saggio”, così conoscerai mio padre. Adesso seguimi, ti mostro la mia “famosa grotta”, come la chiami tu. Sei venuto per questo, no?»
Camilla era ancora combattuta. Si sentiva bene, ma rifiutava categoricamente l’idea che quell'uomo potesse influenzare in maniera cosi evidente il suo umore. Quei sentimenti contrastanti la irritavano, e non poco.
Mentre seguivano il viottolo che portava alla grotta, Camerte interruppe il silenzio: «Cos’hai? Vedo un'ombra sul tuo viso.»La capacità che aveva di cogliere ogni sfumatura espressiva del suo volto non smetteva ogni volta di stupire Camilla. Talvolta sembrava sapesse davvero leggerle nella mente. L’interno della grotta era cambiato: dei drappi pendevano dalle pareti insieme alle pelli delle fiere uccise, e un tavolo e alcuni sgabelli completavano l'arredamento.
«Siediti. Parlami della situazione a Nord, immagino tu abbia notizie fresche. Dove si trova Turno?» chiese Camilla.
Seduti una di fronte all'altro, Camerte le raccontò gli ultimi avvenimenti. La situazione stava precipitando. Enea si era alleato con Cere, una città etrusca, governata una volta da Mezenzio, che ora si era alleato con Turno. Messalo con i Flasci, Clauso con i Sabini, Ebalo con i Campani in quel momento stavano muovendo verso l'accampamento dei Troiani.
«Non possiamo più aspettare. L'incontro a Frusino non avrà più luogo. Ormai è guerra. Turno ha già posto sotto assedio il campo troiano e dato fuoco alle loro navi. Tutta la regione è coinvolta. I miei Ausoni sono già in guerra, e io passerò per Amyclae a raccogliere il resto dei miei guerrieri per poi raggiungere mio padre e Turno.»
«Ne parleremo stasera con mio padre. - replicò Camilla - Quello che mi stai dicendo mi preoccupa non poco. Lui è il mio fidato consigliere, perciò rimandiamo a stasera ogni discussione. Ora seguimi, voglio mostrarti il resto del castrum. Ormai sta diventando un piccolo villaggio. Il mio sogno di dare una vita nuova e dignitosa alle mie sfortunate compagne sta diventando realtà.»
I due passarono un pomeriggio sereno. Camilla illustrò a Camerte i suoi progetti per il castrum, e il giovane sovrano, avvezzo a quel genere di problemi, contribuì con dei suggerimenti preziosi.
All'imbrunire, si avviarono verso “piccolo pozzo”.
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Il Sacro fuoco della Regina II edizione
Historical FictionE' una storia di amore, di amicizia, di guerra vissuta nel 1200 a.c. nel Lazio. La trama si sviluppa in un clima colmo di premonizioni e di destini incrociati, dove il naturale e il soprannaturale, la morte e la vita si fondono in un continuo insegu...