Capitolo 11

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Dennis' POV

Sta diventando un'abitudine la nostra, quella di fare della mia stanza il nostro punto di incontro, il suo rifugio momentaneo e il mio momento di pace assoluto. Ed è così, mi sento tranquillo quando sono con lei, lei non pretende niente da me, io niente da lei, c'è una sorta di tranquillità tra noi che mi rilassa, per un momento mi scordo del mondo là fuori e posso essere me stesso, non devo preoccuparmi di nulla.

Non c'è vergogna fra noi, la fase dell'imbarazzo iniziale e dell'incomprensione l'abbiamo passato, cioè non ho ancora ben capito il vero motivo del perché Bianca una sera sì e tre no viene qui, da me, ho smesso di chiederglielo, quando sarà pronta, se vorrà, me lo dirà, almeno è quello che penso e spero io. Non è che non voglia sapere, lo voglio assolutamente, vorrei sapere molte più cose su questa ragazza, lo desidero ardentemente, ma ho paura che se mi sbilanciassi ulteriormente con le domande l'equilibrio che ci siamo creati possa rompersi, e lei possa scappare via, e non tornare più. Mi limito a sperare che il nostro rapporto si evolverà e lei arriverà a fidarsi di me.

Bianca è un mistero, è un caso da risolvere, ed io amo tremendamente i gialli.

-Tu fumi?- non l'ho sentita entrare, ero assorto nei miei pensieri, sdraiato sul letto che aspiravo l'ultima boccata della mia sigaretta, e lei è di fronte a me che mi osserva con aria corrucciata.

-Sì, ti crea disturbo?

Sventola una mano in aria per cacciare via la nube di fumo -No, e che non lo sapevo. Non ti ho mai visto fumare.

-Lo faccio quando sono rilassato, o quando ho bisogno di pensare- spengo la sigaretta nel posacenere sotto al letto -non è un vizio.

-Quindi deduco di aver interrotto il tuo momento di relax- indietreggia portandosi i capelli indietro. 

-No, veramente questa era il tipo di fumata da "bisogno di pensare"- ammetto, mettendomi eretto, e scrutando con attenzione Bianca che si è appena andata a sedere davanti alla scrivania.

-Cosa ti frulla in quella testolina?- mi chiede mentre sfoglia alcuni dei libri che avevo lasciato nel disordine della mia stanza.

-Devo proprio dirtelo?

-Se ti va- adesso si è soffermata su una pagina, e mi parla come se non le interessasse davvero sapere quello che mi ha chiesto, sembra distratta, presa totalmente dalle parole del libro su cui sta ricurva.

Così le rispondo con tranquillità -Pensavo a te- sicuro che non avrebbe dato nessuna importanza a quanto detto, o che addirittura non mi avrebbe neanche sentito. Invece le sue labbra si aprono in un sorriso inaspettato, gli occhi fissi in un punto indefinito, mette da parte il libro dalla rilegatura verde e si gira insieme alla sua sedia verso di me.

-A me? Sono così importante da farti sprecare una delle tue sigarette?- mi spiazza.

-Non ho sprecato niente.

-So che oggi giorno un pacco di quelle costa non poco.

-Posso permettermele.

Fa una faccia che interpreto come contrariata, non ne capisco il motivo -Hai sprecato anche tempo.

-Non avevo niente di meglio da fare- mi guarda male, accenna un sorriso a labbra strette, e ritorna con lo sguardo sul libro, ma sembra ora meno concentrata, sfoglia le pagine troppo velocemente, non le sta leggendo realmente.

-Perché ho l'impressione che ti sia infastidita?

-Non sono, come dici tu, infastidita, solo che... mi sembra strano.

-Cosa? Che io mi sia ritagliato un pezzo del mio tempo per pensare a te? Non sei assolutamente un brutto pensiero, se è questo che ti preoccupa- alzo entrambe le sopracciglia alludendo a qualcosa a sfondo poco casto, anche se non completamente veritiero.

-Detto così mi sembra ancora più strano- strambuzza gli occhi in imbarazzo, posso chiaramente notare le sue guance diventare leggermente più rosse.

-Tranquilla, niente del genere, stavo scherzando.

-Però, l'idea di stare tra i pensieri proibiti del ragazzo più popolare della facoltà mi stava piacendo.

-Più popolare? Ma chè davvero?

-Perché non è ovvio? Non è una cosa che dico solo io.

-Non sono il più popolare, non esageriamo.

-Fai comunque parte di quella cerchia, non lo negare. Qualsiasi cosa indossi sei sempre impeccabile, barba sì, barba no, stai benissimo lo stesso, hai così tanti amici e ragazze che entrano ed escono dal tuo letto che sono sicura fai anche fatica a ricordare tutti i loro nomi...

Il primo punto lo prendo come un complimenti, ehi ha ammesso che mi trova esteticamente ok, tento di controbattere il secondo punto, ma ha tremendamente ragione -Sono un ragazzo alquanto ricercato.

-Non sei mai solo.

La fermo immediatamente -Questo non puoi dirlo con così tanta certezza.

-Ti vedo Dennis, sei pieno di adoratori, prendi me, io sono sola, vedi qualcuno vicino a me durante la lezione, c'è qualcuno che mi fa compagnia a pranzo, o che mi accompagna all'uscita, qualcuno che vuole conoscermi o semplicemente scambiare due chiacchiere? Io non vedo nessuno.

-Neanche tu sei sola Bianca, non avrai amici a scuola ma fuori- fa una risata amara.

-Tu non mi conosci fuori dalla scuola.

-Ma ti conosco dentro questa stanza.

-Non sai niente di me.

-Esatto poco e niente, se non il tuo nome e questa insana abitudine di venire qui, ma da questo posso benissimo dire che non sei assolutamente sola- la fisso intensamente per fargli capire che sto parlando di me. E lei mi rifà un'altro dei suo sguardi strani, fugaci ed ininterpretabili, avanzando e muovendosi senza una reale meta tra le mura di questa stanza, come se fosse una gabbia, e non avesse via d'uscita.

-Perché ci sei tu. Sei qui, siamo insieme, non hai tutti i torti, ma il punto e che io non ho altra scelta. Non mi trovo qui per mia volontà, io sono quello che tu non sei: costretta. E' questo il punto, cosa ti spinge a lasciare ogni giorno la finestra aperta per me, a non cacciarmi via con un calcio in culo. L'hai detto anche tu, non mi conosci, sono una sconosciuta per te. 

-Non nascondo che mi irrita il fatto di non sapere di più, ma stava cominciando a piacermi quell'intesa che si stava instaurando fra noi, la tua semplice compagnia, tutto qua, niente di più, non capisco quale sia il tuo problema- sono sempre più confuso.

-Non riesco a capirti, cerco di immedesimarmi in te, in tutta questa assurda situazione niente dovrebbe avere senso per te, e tu continui a portarla avanti facendo finta di niente.

-Dovrebbe essere un bene per te- lascia andare le spalle che teneva irrigidite espirando rumorosamente e si siede accanto a me sul materasso del letto, il tessuto dei suo jeans chiari e quello della mia tuta si sfiorano.

-Non sono una persona egoista- lo dice come se fosse una fatica ammetterlo, come se ogni informazione su di lei fosse da nascondere, e che fosse un azione riprovevole lasciar sfuggire anche solo una parola di troppo -Non riesco a far a meno di pensare come si sentano gli altri.

Ed è in questi momenti, estremamente rari, in cui parla di se stessa, che tutte le barriere indistruttibili che la circondano, si abbassano, e posso vedere quello che solitamente non lascia neanche intravedere, le sue debolezze, le sue sensibilità. E non posso fare a meno che intenerirmi di fronte a lei, che da fredda ed enigmatica guerriera delle sue battaglie interiori passa il meno di un secondo ad un essere così fragile e vulnerabile.





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