0. Il lieto fine non esiste per tutti...

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Il cielo era grigio, come nei film, nonna Rose era accanto a me, il suo sguardo era spento, come quello di tutti in quel cimitero. Il cancello dietro di noi era alto e inquietante e circondato da rampicanti secchi. le tombe erano poche e vecchie, la maggior parte erano di marmo bianco rovinato dal fango e dalle intemperie. I fiori erano ovunque, sembravano le uniche cose ad avere colore quel giorno. Il prete fini la solita predica, poi, fece chiudere la cassa. tutte le persone presenti mi guardavano come si guarda un senzatetto. Il viso di mia madre scomparve sotto il coperchio di quella bara, insieme ad esso si spense la mia adolescenza, quella felice, che fino a tre giorni prima regnava indisturbato nella mia vita. Cominciarono i saluti, persone vecchie, giovani, amici, parenti lontani, tutti cercavano di salutare la povera orfana, anima in pena,così mi descrisse il parroco, quella sfortunata, quella che nessuno avrebbe mai voluto essere, quella destinata ad unna vita difficile e triste. Studiavo i volti di quelle persone, uno ad uno, tutte cercavano di rimanere seri, come segno di rispetto credo, ma sapevo cosa pensavano "e se capitasse anche a me?"ma dicevano -condoglianze-, mentre io ringraziavo stringendo la mano o facendo un segno di gratitudine col capo, altre si fermavano a parlare, chiedendo come stavo, e dopo un lungo respiro rispondevo -è dura, ma supereremo anche questa- sorridendo. La cosa che mi faceva più arrabbiare è che era ovvio che metà delle persone che erano li presenti c'erano per obbligo, a volte vorrei inscenare il mio funerale per vedere che viene e a metà della cerimonia saltare fuori dalla cassa urlando "ci speravate vero?" e chiedendo alle persone che sono venute per obbligo che potevano liberamente andarsene e non venire neanche a quello vero.

La cerimonia era finita e tutto ciò che volevo era andare nella mia stanza. i pensieri continuavano ad aumentare, i dubbi mi divoravano, gli incubi mi tenevano sveglia e pure il sonno si sentiva a disagio standomi accanto. Molti pensieri andavano a mia madre e molti altri a cosa sarebbe successo ora. Nonna Rose dice che mi avrebbero affidata ai servizi sociali fino a che l'affidamento al nuovo tutore non sarebbe avvenuto; avevo preparato tutto in una comoda valigia,mi avevano permesso di portare anche la mia unica via di salvezza, Arya. era il mio contralto (un saxofono, per i meno esperti) lo adoravo. Me lo aveva regalato mio padre per natale due anni prima, la data era incisa sulla campana, come il suo nome "ARYA", in realtà era il mio, ma preferisco considerare il mio strumento una parte di me, utile come una mano o un piede; a dire il vero lo consideravo più come una parte del mio cervello e un amica molto cara, di quelle con qui puoi parlare di tutto; a causa delle mie disavventure e del mio carattere introverso non era semplice avere amici. Con questo pensiero mi addormentai.

ARYADove le storie prendono vita. Scoprilo ora