Capitolo tredicesimo

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- Avanti, scendi. Usciamo - mi propone Ruben.

Metto il broncio. Eh no, mio caro. - Non ne ho voglia.

Ruben mi conosce. Sa che se mi rispondesse di punta perderebbe, per cui adotta un'altra strategia. Fa un'espressione tenera, da uno che ci tiene, e cerca di convincermi:

- Guarda che non ti libererai tanto facilmente di me. Mi pianto qui finché non scendi.

Incrocio le braccia e arriccio la punta delle labbra in un sorrisetto canzonatorio. - Scommettiamo?

Ad un certo punto non lo scorgo più nel video citofono e sento bussare con insistenza alla porta. Sussulto. Deve aver trovato qualcuno con cui entrare nella mia palazzina e salire al mio piano. Esalo un gemito di frustrazione: perché deve averla sempre vinta lui? Non è giusto! Non ho vie d'uscita per cui, a malincuore, apro la porta e me lo trovo davanti ben pettinato, profumato e sbarbato, con la giacca blu delle grandi occasioni. Conosco a memoria il suo guardaroba e, ammetto, mi ha preso in contropiede.

- Amore - muove un passo verso di me, mi afferra il mento delicatamente con una mano e con l'altra mi accarezza la guancia. E' raro vederlo così tenero e io mi sciolgo. - Scusa se non ti ho più chiamato. Ci sei rimasta male, hai ragione - sospira. Stacca la mano dal mento e la passa tra i capelli, frustrato. - E' così difficile gestire tutto il casino che sta succedendo - sbotta esacerbato.

Faccio un cenno di sì con gli occhi lucidi, allora lui mi serra al sicuro tra le sue braccia. 

- Ma tu non preoccuparti di nulla.

Con una gamba dà una spinta alla porta per chiuderla e, finalmente soli, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con una passione irrefrenabile

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Con una gamba dà una spinta alla porta per chiuderla e, finalmente soli, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con una passione irrefrenabile. Mi lascio andare perché ho bisogno di sentirlo, di averlo vicino, di sapere che posso contare su di lui. Le sue labbra cercano avide le mie, le nostre lingue s'intrecciano vogliose, le nostre mani accarezzano la pelle scoperta e, desiderosi di un contatto più intimo, iniziamo a spogliarci direttamente lì in salotto. La luce è spenta, le tende tirate: nessuno ci vede. Gli slaccio la camicia tra un lungo bacio e l'altro e lui mi toglie il top di Versace. Continuiamo a svestirci e cadiamo aggrovigliati sul divano, seminudi e bramosi l'uno dell'altra; siamo due corpi che si fondono in uno, due respiri che accelerano all'unisono, due cuori che pulsano e si completano a vicenda. Quando lui affonda dentro di me, è la cosa più bella e giusta che ci sia. Finalmente provo pace. E' estasi, beatitudine pura: quella che entrambi cerchiamo. Stiamo lì, abbracciati e ansanti, anche quando il nostro amplesso finisce; non abbiamo alcuna voglia di staccarci.

- Che cosa pensavi di fare, prima che io arrivassi? - mi chiede piano Ruben, baciandomi l'incavo del collo e risalendo su con una scia di piccoli baci, facendomi provare intensi brividi di piacere.

- Mmm... mi sarei ordinata qualcosa da mangiare e poi avrei visto un film - riesco a malapena a rispondere.

- Aggiudicato - mi sorride. - Rivestiti e, intanto, ordino due pizze - mi dice. Intanto, inizia a rimettersi i vestiti sparsi sul pavimento.

Il mio adorabile dilemmaWhere stories live. Discover now