Verità sconvolgenti 1°parte

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Apri lentamente gli occhi portando le mani alle tempie massaggiandole per alleviare, fastidiose, fitte di dolore.
Le pareti un tempo verde chiaro hanno lasciato posto ha delle tonalità arancioni. Guardai fuori dalla finestra, notando come il sole scomparisse dietro alle alti querce che circondavano la casa. Mi alzai con non poca fatica dirigendomi in bagno.
Dal grande specchio appeso sopra il lavandino potei notare la figura di una giovane donna. Capelli spettinati incorniciarono un viso troppo pallido e magro, due profonde occhiaie erano, invece, in bella vista sotto ai miei occhi spenti.
Sospirai, decidendo per una rilassante doccia calda per cercare di schiarire le idea. Ma ottenni l'esatto contrario.
Altre mille domande e dubbi si formarono nella mia testa e cercando di scacciarle mi vestii di fretta e scesi le scale in direzione della cucina.

Mi bloccai sulla soglia, all'interno della stanza mia nonna era seduta intorno al grande tavolo in compagnia di tre uomini che sentendomi arrivare, alzarono lo sguardo, contemporaneamente, su di me; mettendomi in soggezione.
"Irene" mi chiamò mia nonna, spostai la mia attenzione su di lei "come stai?" "Debole e intontita" risposi osservando dietro alle sue esili spalle. Scrutai, attentamente, le tre figure sedute composte su delle sedie di legno antico, domandandomi chi fossero.
Questi, come se mi avessero letto nel pensiero, si alzarono presentandosi con un sorriso sulle labbra.

Raffaele era molto alto e muscoloso, i suoi capelli ricci e color miele incorniciarono un viso dai tratti squadrati, le labbra sottili erano piegate in un sorriso affettuoso, mentre i suoi occhi erano di un profondissimo blu scuro.
Gabriele, come il primo, era alto e muscoloso, i capelli, color del grano, erano raccolti dietro la schiena in una coda bassa. La cosa che mi colpì furono i suoi occhi. Erano di un grigio chiaro quasi bianco. Un brivido mi attraversò la schiena, notando l'intensità del suo sguardo, come se stesse leggendo all'interno della mia anima.
Spostai, velocemente, l'attenzione sulla terza figura seduta al centro della cucina.
Capelli biondo cenere sfioravano delle larghe spalle, pelle abbronzata, labbra carnose e ciglia folte.

Smisi di respirare quando agganciai il mio sguardo al suo. Due occhi azzurro cielo mi stavano osservando attentamente. Due occhi uguali ai miei; stessa tonalità, stessi riflessi, stessa forma a mandorla. Stesso tutto. Identici.
Chiusi gli occhi e respirai piano, cercando di calmare i battiti del mio cuore.
"Che ci fai qui" Dissi con voce carica di delusione e rabbia. Mia nonna mi lanciò un'occhiataccia ma non la calcolai. Ero arrabbiata anche con lei per aver taciuto che mio padre fosse ancora vivo.
"Irene, so che sarai, sicuramente, delusa; ma se ti abbiamo nascosto la verità era solo per proteggerti". Disse l'uomo guardandomi con occhi pieni di dolore.
Proteggermi pensai sarcastica, da cosa?
Altre domande si formarono all'interno della mia testa, immagini di mia madre in lacrime per un uomo creduto morto si formarono davanti ai miei occhi carichi di risentimento verso colui che ci ha abbandonate.

Ero arrabbiata. Molto arrabbiata. Un calore inaspettato crebbe al mio interno, sentii i miei denti allungarsi, i miei occhi presero a bruciarmi e intorno a me una leggera nebbiolina nera mi circondò.
La voce di mia nonna arrivò come un esile sussurro alle mie orecchie, cercava di calmarmi ma non ci riuscì.
Nell'esatto momento in cui alzai una mano verso mio padre, pronta per colpirlo, venni attraversata da un dolore lancinante in tutto il corpo. Caddi in terra respirando a fatica e con gambe tremanti cercai di alzarmi notando gli occhi di Gabriele luccicare come due fari nell'oscurità mentre s'era spostato davanti a mio padre come per proteggerlo.

Una volta calmata e preso fiato mia nonna mi prese una mano tra le sue piccole e stranamente fredde, accompagnandomi in salotto; dove mi sedetti, stremata, sul grande divano di pelle subito raggiunte dai tre sconosciuti.
Preso posto accanto a me mia nonna mi guardava con preoccupazione, ma non capì il perché fino a quando non iniziò a parlare. Dire che ero pietrificata e totalmente scioccata era un eufemismo.

"Vedi tesoro, tu non sei una semplice umana con strani poteri come tu pensi. La verità che per metà sei un angelo. E non un angelo qualsiasi. Tu sei figlia di Michele; l'Arcangelo più potente del paradiso, nonché capo di tutti gli angeli". Indicò l'uomo in mezzo a Raffaele e Gabriele.

Si fermò e inchiodò il suo sguardo nel mio scioccato. Non ebbi la forza di muovere un muscolo. La mia bocca era come incollata, non riuscivo a emettere un singolo suono. La mia mente viaggiava a un ritmo sostenuto, troppe domande si formarono fra dubbi e insicurezze; paura, dolore.

Paura di quello che sono e che cosa potrò fare, dal momento che non riesco a controllare i miei poteri. Paura di dover scappare ancora una volta da ciò che mi circonda. Dolore per la perdita di mia madre. Rabbia nei confronti di colui avrebbe dovuto proteggerci ed invece s'è altamente fregato.
Puntai il mio sguardo, carico di risentimento, su Michele e come se mi leggesse dentro abbassò il suo mentre un sussurro uscì dalle sue labbra.

"Mi dispiace" disse con voce tremante "esattamente per cosa ti dispiace? Per averci abbandonato, per la morte di mia madre, per le continue fughe che ero obbligata a fare dal momento che ero considerata come figlia del demonio. Cosa ti dispiace. Eh cosa?" Urlai fuori di me. "Tu non ci sei mai stato per noi, tutte le notti mia madre piangeva per un uomo, convinta che quest'ultimo fosse morto; ed invece no. Cosa c'è? Ti vergognavi di noi?" Sussurrai quest'ultima frase con voce carica di dolore. "Irene no, non lo pensare, minimamente, ad una cosa del genere. Tu e tua madre eravate la cosa più importante per me, vi amavo moltissimo. Ma non potevo rimanere" disse sulla difensiva. "Allora perchè non ti sei mai fatto vedere?" Urlai "non potevo, vedi tesoro, io ho peccato amando tua madre e concependo te. Per gli angeli è vietato avere rapporti intimi con gli umani e per questo sono stato punito. Ero prigioniero a casa mia, se così si può dire" sospirò, si passò una mano fra i capelli e continuò. "Se ora sono qui è per aiutarti con i tuoi poteri e soprattutto proteggerti dal momento che Ariel deve far ritorno in paradiso".

"Quindi questi poteri li ho ereditati da te?" Chiesi titubante. Lo vidi muoversi a disagio sul divano. Alzò i suoi occhi, inchiodandomi con uno sguardo, talmente, serio da trattenere il respiro.
"Non solo da me. Solamente un altra persona ha il dono dei quattro elementi". Un sospiro tremolante, uscì da quelle labbra; strinse gli occhi e un momento dopo li spalancò, rivelando il nome del primo angelo creato da Dio. LUCIFERO.

Lucifero - l'Arcangelo del maleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora