Capitolo 8

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"Ricapitolando... Evan della chat è il tuo professore di recupero, ehm...".

"Scott" precisai "Com'è possibile che in due non siamo riuscite a riconoscerlo?" appoggiai le mani al banco dove era seduta Anna per grattarmi il polpaccio con il piede destro. Non avevamo fatto in tempo a finire di parlarne la mattina presto, prima della scuola, all'inizio per il troppo sonno, poi per il poco tempo a disposizione prima del suono della campanella, così avevo aspettato che, nella prima pausa, Federica si allontanasse da lei per continuare.

"Non conosco ogni professore della scuola, Meg" alzò le spalle e le sopracciglia, poi si sollevò in piedi, stiracchiandosi la schiena "Poi sei un incosciente" sentenziò.

"Perché?" sbottai, allibita.

"Perché?!" mi fece coro stupita e si avvicinò di più per parlare a mezza voce "Hai detto che Evan è il tuo professore, giusto? Ci hai flirtato sul sito pur sapendolo e hai organizzato un appuntamento durante il quale tua madre, ignara di tutto, dovrebbe incontrare un perfetto sconosciuto che crede che lei sia ben propensa a farlo" silenzio "Ho saltato qualche particolare?".

Feci una smorfia e, abbassando lo sguardo sussurrai un remissivo "Non ci ho flirtato...".

"Questo non è creare occasioni... è cercarsi dei guai. E se tua madre non fosse d'accordo? Avresti illuso un uomo che forse era anche piuttosto interessato!".

"Forse non hai capito che da te cerco supporto" ironizzai, cercando di rendere la conversazione più leggera.

"Dovresti dire la verità ad entrambi".

"Cosa? No!".

"Sì invece... è un'assurdità il tuo piano".

"E' stata semplice improvvisazione, non un piano" mi difesi mettendomi a braccia incrociate.

La sera prima, esattamente a cena, durante il programma televisivo che piaceva un sacco a mia madre, pensai fosse un buon momento per parlarle dell'argomento. Non poteva essere di cattivo umore, inoltre stava mangiando, quindi se si fosse arrabbiata si sarebbe sfogata prima col cibo e sarei potuta scappare in camera. Mi accorsi, però, che, visto che stava già frequentando qualcuno, più specificamente un uomo con una Cabriolet grigia, non avrei potuto semplicemente dirle di averle fissato un appuntamento. Non avrebbe mai accettato. La conclusione fu che avrei dovuto inventare una buona scusa per farla arrivare alla stazione e, prima che sforzassi il mio cervello ad inventare qualcosa, mi fu proposto di andare a far compere esattamente il giorno dopo. Nulla di più semplice che accettare indicandole un negozio di scarpe che si trovava proprio davanti alla Stazione, così fummo d'accordo e lei tornò a dare ascolto alla trasmissione. I minuti seguenti li passai a dare occhiate di sfuggita al suo viso concentrato e, troppo facile, continuavo a dirmi con la fastidiosa sensazione di aver dimenticato qualcosa. Ma cosa?
Spostavo i fagiolini nel piatto con lentezza, trascinando con loro quel residuo di sugo che poco prima circondava delle polpette, già finite nel mio stomaco, quando mi piombò la risposta come un fulmine a ciel sereno: non avevo ancora capito come scaricarla al luogo del ritrovo in compagnia di Evan e, contemporaneamente, non far capire all'uomo che lei non avesse idea di chi fosse. Due cose che, sul momento, trascurai bonariamente, convinta che quando, portata Betta davanti alla Stazione, le avessi spiegato tutto, non si sarebbe potuta tirare indietro e mi avrebbe retto il gioco.

"Non lo prenderà come un favore quando glielo dirai... sarà un obbligo per lei uscire con quell'uomo!".

"'Quell'uomo', come lo chiami, potrebbe essere quello giusto" incalzai e "Non sarà come gli altri... lui ha detto che non sarebbe scappato e non lo farà...".

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