XXI La cena

569 24 0
                                    

 Antonius accolse i due giovani con due lumi accesi e legna abbondante sul fuoco. Per niente intimidito dalla presenza di Camerte, il pastore servì una cena molto frugale. Ai suoi occhi il giovane re era poco più di un ragazzo. L'unico lusso sfoggiato in onore del figlio di Volcente era appunto l'uso di un doppio lume e una grossa fiasca di vino sul tavolo. I piatti, anche se appetitosi, erano piuttosto poveri, composti solamente da legumi, formaggio e focacce a volontà, che peraltro i due ragazzi mostrarono di gradire molto.

«Dopo questa cena dovrò reintegrare le scorte di cibo per l'inverno.» scherzò Antonius.

«Domani manderò Clelia con il carro grande pieno di viveri, accompagnato da una coppia di maiali. Quest’inverno non vorrei rimanere orfana e senza consigliere per colpa di questa cena.» ribatté Camilla, stando al gioco. Dopo qualche bicchiere di vino e molte focacce, l'atmosfera si era fatta allegra:

«Ottima cena, Antonius. Comincio a sentirmi sazio» disse Camerte massaggiandosi la pancia.

«Grazie. - Dai, un ultimo boccale di vino! Anche tu, Camilla, riempiti il boccale e mettiamoci attorno al fuoco.» Il pastore si alzò dal tavolo e si avviò verso il focolare, subito seguito da Camerte e Camilla.

«Io insisto. - esordì una volta seduto - non vedo un grosso pericolo in Enea e la sua gente. Dopotutto, è un popolo in cerca di pace dopo lunghi anni di guerra. La nostra terra è tanto grande e un nuovo insediamento non porterà certo grandi squilibri. Tra l'altro, Camilla, sono molto più a nord. A noi in ogni caso non dovrebbe interessare.»

«Permettimi, Antonius, - intervenne Camerte fissandolo dritto negli occhi. - Mio padre e Turno non la pensano così. Forse non è tanto Enea a preoccuparli, quanto la pericolosa ambizione che vedono nel figlio Ascanio. Hanno paura che i Troiani possano allearsi con gli Etruschi. Insomma, i nuovi arrivati sono per loro portatori di guai.»

«E sbagliano! - rimarcò Antonius - In questi casi, invece di metter mano alle armi, è meglio fare qualche grande festa o un bello scambio di donne, e l'amicizia si rinsalda. Dal canto mio, credo che sia proprio Turno il responsabile dei nostri guai.»

«Il tuo senso pratico è ammirevole. - ammise Camerte - In effetti un bello scambio di femmine, magari con l'aggiunta di qualche terra, un po' di nuove parentele ed ecco che l'alleanza è fatta.»

 All’udire quelle parole, Camilla intervenne visibilmente alterata:

«Bella coppia che siete! Uomini, alla fine siete sempre e solo uomini. - e così dicendo, con un gesto secco lanciò sulle fiamme il vino rimasto nel boccale - E io che credevo foste diversi. Scambiate le donne come cavalli. Ora, marchiateci pure. Mi fate schifo!» Si alzò, sbatté il boccale sul tavolo e si avviò alla porta. «Provateci con noi e vedremo...» aggiunse.

«Camilla, aspetta. - Camerte le corse dietro, cercando di fermarla - Hai capito male…»

«Capito male? Non sono mica sorda?» ribatté lei.

«È un'usanza consolidata - continuò il giovane - non puoi prendertela con me o con tuo padre per questo.»

Antonius osservava la scena divertito. Camilla si girò e sbottò, rossa in viso:

«E allora? Anche se è un' “usanza consolidata”, è sba-glia-ta

«Dai, calmati, Camilla - continuò ancora Camerte - a volte, purtroppo, è necessario trovare delle soluzioni efficaci per il bene di molti, sacrificando quello di pochi: un simile scambio sarebbe accettabile, se servisse a evitare una guerra.»

Il pastore annuì in senso di approvazione.

«Accettabile? Sacrificatevi voi! - gridò con più forza la ragazza - Metteremo Enea e i Troiani di fronte alla legge della spada!»

Un silenzio improvviso si impadronì della stanza. Camerte, scuro in volto, si sedette di nuovo davanti al fuoco e, senza smettere di fissarlo, riprese:

«Stiamo discutendo per niente. Al Nord il fuoco ormai divampa, purtroppo la guerra è già in corso. Come ti ho già accennato, Camilla, domani raggiungerò mio padre e andrò a ingrossare le fila dell'alleanza contro Enea. Tu e la tua cavalleria sarete dei nostri?»

Antonius intervenne prima che Camilla potesse pronunciarsi:

«Figlia mia, ascolta bene. Come consigliere e come padre, per il bene tuo e del tuo popolo, come regina e come figlia, ti imploro di non partecipare a questa follia. Non si può andare contro il volere degli dei, è chiaro che Enea gode dei loro favori. Nel corso della mia vita ho visto molte guerre,  portano solo morte e distruzione.»

«Mi dispiace, padre - replicò Camilla con voce ferma - Io sono la regina, e in nome del popolo che ho sempre servito e difeso, cacceremo Enea dalle nostre terre. Quasi tutte le popolazioni della nostra regione sono alle armi, perciò Enea non ha scampo e noi torneremo presto vittoriosi. Ho deciso e non intendo più discuterne.»

L'atmosfera si era fatta ormai pesante e Camerte, ringraziò Antonius dell’ospitalità e si congedò. L’indomani sarebbero partiti all’alba e aveva assoluto bisogno di riposare. Camilla lo seguì per accompagnarlo all’accampamento.

Come annunciato, al sorgere del sole, Camerte e i suoi guerrieri lasciarono il territorio dirigendosi verso il mare. Padre e figlia non si incontrarono. Antonius rimase ai suoi campi e ai suoi armenti, mentre Camilla al castrum organizzava il suo piccolo esercito di amazzoni. Mandò messaggeri a Fabrateria e ai villaggi vicini per reclutare guerrieri. Di lì a due giorni sarebbero partiti verso Nord-Ovest per raggiungere re Turno e i suoi alleati sui campi di battaglia.

Il Sacro fuoco della Regina II edizioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora