Mi presento: il mio nome è Alessia, non servono troppi aggettivi per descrivermi: piccola, carina, non troppo intelligente e ansiosa, sì, principalmente mi definirei come una ragazza ansiosa, particolarmente in questa ultima settimana.
Il nostro docente di italiano ci ha assegnato il compito di scrivere un'intervista a qualcuno di speciale: ecco spiegato il motivo della mia ansia.
Passo ogni giorno a disposizione in cerca d'ispirazione, ma niente, nessuna idea, arrivo così alla sera prima del giorno della consegna, senza ancora nulla di pronto.
Avevo già preparato quella che agli occhi degli altri poteva sembrare una scusa, ma non lo era affatto. Io davvero non avevo idea di come fare quel compito: né di chi doveva essere il mio intervistato, né tanto meno di cosa avrei dovuto chiedergli.
Abbattuta dalla mia inefficienza decido di abbandonare ogni speranza e andare a dormire.
Indosso il mio pigiama preferito, uno di quelli caldi con gli orsetti, quello che non oseresti mai mettere quando vai a dormire fuori.
Una volta pronta, mi tuffo sotto le coperte e mi dimeno quel poco che basta per trasformare quella sensazione iniziale di freddo che emanano le coperte, in un abbraccio caldo.
Ripongo gli occhiali sul comodino e chiudo gli occhi, determinata ad addormentarmi all'istante in modo da non pensare al compito non eseguito.
Quello di riuscire a dormire a comando è sempre stato solo un sogno, quella sera però le cose erano cambiate, infatti l'intento di addormentarmi all'istante si concretizzò. Passati neanche dieci minuti, però, la finestra si apre, lasciando entrare l'aria gelida caratteristica di quei giorni che senza ritegno mi avvolge il viso svegliandomi.
Il sonno di quei dieci minuti era tutt'altro che profondo, questo mi permise di pormi delle domande durante il tragitto dal letto alla finestra che mi stavo recando a chiudere: Come si era aperta quella finestra? Non c'era modo di aprirla.
Senza sforzarmi di rispondere a queste domande, torno sotto le coperte e cerco di ricominciare a dormire, imponendomi l'intento di prima, questa volta, senza risultati.
Dopo altri dieci minuti, infatti, sono sdraiata sul letto con la testa adagiata sul cuscino e gli occhi serrati, ma senza effettivamente dormire.
Improvvisamente sento un rumore, come se la finestra si fosse aperta e poi richiusa, così velocemente da non far entrare neanche un filo d'aria.
Apro gli occhi e dirigo lo sguardo verso quest'ultima: la finestra è chiusa.
Mi convinco che il rumore era solo frutto della mia immaginazione e torno a dormire di nuovo.
Restare ferma nel letto senza scoprirmi è sempre stata un'impresa che non riuscivo a sostenere per più di mezz'ora.
Trenta minuti dopo, infatti, le coperte sono alla fine del letto, ma quel continuo svegliarmi e cercare di riaddormentarmi mi aveva resa troppo stanca per allungarmi a sistemarle, così decido di provare a resistere al freddo e non sistemo né lenzuolo, né piumone.
Il freddo cominciava ad essere insopportabile ma non al punto di sovrastare la mia non voglia di alzarmi.
Poco dopo sento come se qualcuno mi rimbocca le coperte, qualcosa mi diceva che era mia mamma che, mentre faceva il suo solito giro di perlustrazione per le camere prima di andare a dormire, aveva notato in che condizione dormivo, così, senza neanche aprire gli occhi, emetto un misero grazie.
"Ma figurati" sono le parole che ottengo come risposta. Di una sola cosa ero sicura: a pronunciare quelle parole non era mia mamma.
Mi giro di scatto, impaurita, davanti a me una figura, non del tutto nitida. Tasto il comodino per trovare gli occhiali e metterli il prima possibile, pian piano, la figura di chi mi stava davanti diventava sempre più chiara.

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La nuova avventura di Peter Pan
General FictionIntervista impossibile al ragazzo che non voleva crescere