Luna Park

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Che viaggio di merda! E nel vero senso della parola! Appena John mise piede sull'aereo, sentì l'impellente necessità di precipitarsi alla toilette.
"E mai una volta che ci sia la carta igienica!" pensò inferocito quando riuscì a sedersi, appena in tempo.
Per non parlare di quella cretina di hostess che aveva tentato di bloccarlo, berciando che non si poteva usare il bagno durante le fasi di decollo e atterraggio, andasse a spiegarlo al suo intestino!
E dulcis in fundo, quando finalmente atterrarono, scoprì che avevano chiamato la polizia che l'aveva multato per "violazione della legge sulla sicurezza."
"È l'ultima volta che salgo su un aereo! Tutta colpa di Sam e di quel depravato che l'ha circuito!"


Per distrarre tutti dal cattivo umore che John Winchester aveva sparso a piene mani il giorno prima, Gabriel decise che sarebbero andati al Luna Park e invitò anche Castiel.
«Non mi avevate detto che eravate stati nell'esercito» mugugnò l'avvocato immusonito, vedendo che Sam e Dean avevano abbattuto facilmente tutte le lattine con il fucile a pallini, mentre lui non era riuscito a colpirli neanche di striscio.
Castiel non aveva neanche voluto provarci, limitandosi a osservare.
Sam riconsegnò il fucile alla ragazza che gestiva lo stand del tiro a segno, e scelse come premio un koala di peluche. «Dai non fare così» gli disse porgendogli il pupazzo. «Non siamo mai stati nell'esercito ma quando eravamo adolescenti, papà ci portava sempre a caccia.»
«Andavate a sparare a Bambi?» gli chiese Gabriel fingendosi inorridito.
«No, noi andavamo a sparare alla mamma di Bambi» ghignò Dean.
«Chi è Bambi?» domandò Castiel.
«Un cartone animato, Cassy.»
«Andavate a sparare alla mamma di un cartone animato?» domandò sempre più confuso.
«Tu hai bisogno di un corso accelerato sui programmi televisivi» disse Dean divertito.
«E tu, Dean, non ritiri il premio?» domandò Sam.
«Quel coso basta e avanza» rispose indicando il pupazzo e allontanandosi dallo stand. «Non mi va di farmi vedere in giro con uno di quelli sottobraccio.»
«Perché hai scelto proprio un koala?» domando Gabriel a Sam.
«Per certi versi mi ricorda te. Adorabile e coccoloso ma se fatto arrabbiare tira fuori gli artigli» fuseggiò Sam.
«In effetti, mi assomiglia davvero!» ridacchiò Gabriel.
«Prendetevi una stanza!» brontolò Dean. «Vieni Cas! Lasciamo soli i due piccioncini.»
«Piccioncini? Nessuno di loro due ha il becco...» obbiettò Castiel seguendolo.
Gabriel li guardò allontanarsi tra la folla sorridendo.
A quanto pareva a Dean era simpatico Cassy, nonostante le sue stranezze, o forse proprio per quelle e aveva capito che la simpatia era ricambiata: il suo fratellino era piuttosto timido con gli estranei, eppure aveva chiesto a Dean se gli piacesse fare il meccanico... chissà se...
Gabriel strinse un po' più forte il koala, stava fantasticando troppo: una conversione sulla via di Damasco ci poteva anche stare ma due? Si rese conto che era la prima volta che lui e Sammy erano usciti come coppia e non come colleghi, e gli venne anche in mente che non hanno mai passeggiato mano nella mano, così con nonchalance prese la mano di Sammy intrecciandone le dita, sperando che non la ritraesse.
Il ragazzo si voltò a guardarlo un po' sorpreso poi sorrise ricambiando la stretta.
«Lo zucchero filato!» esclamò Gabriel entusiasta. «Dai, andiamo a comprarlo!» Si stavano avvicinando al carretto, quando si sentì stritolare la mano e si accorse che Sammy si era bloccato, si girò a guardarlo e vide che aveva gli occhi sbarrati, tremava e respirava affannosamente.
«Sammy! Che ti succede? Stai bene? Parlami!»
Ma Sam, invece di rispondergli, si strappò dalla sua presa e scappò nella direzione opposta, urtando un paio di persone per poi accasciarsi su una panchina stravolto con la testa fra le ginocchia.
Fu raggiunto da Gabriel. «Sammy, che cosa ti senti?» gli chiese angosciato. Era ovvio che stava male! Accidenti a lui e a quando aveva deciso di andare al Luna Park! «Stai calmo, adesso chiamo Cassy, lui saprà che cosa fare!» Posò il pupazzo sulla panchina e si frugò freneticamente nelle tasche per cercare il cellulare.
«No... non è necessario...» ansimò Sammy.
«Sì, invece! Potrebbe essere un infarto! Forse è meglio che ti porti subito in ospedale!» Gli afferrò un braccio, cercando di farlo alzare.
«Non... non è un infarto...» biascicò Sammy alzando la testa e guardandolo con gli occhi lucidi.
«Sei sicuro? Ti è già successo prima?» gli domandò accarezzandogli il viso.
Sammy annuì, chiudendo gli occhi e appoggiando la guancia al suo palmo.
«E allora che cos'hai?» Gabriel gli si sedette accanto e gli fece appoggiare la testa sulla spalla, passandogli un braccio dietro la schiena. Si sentiva ancora più impotente di quando l'aveva trovato stravolto sul pavimento del tribunale. «Come faccio ad aiutarti se non so qual è il problema?»
«Mi... mi prenderai in giro...» farfugliò Sam.
«Sammy! Ma come ti salta in mente una cosa del genere?» esclamò sorpreso.
«Vi... vicino al carretto dello zucchero filato c'è... c'è un clown...» disse rabbrividendo. Si sentiva così stupido! Ma perché doveva reagire in quella maniera? Fino a quel momento era stata una giornata splendida e la stava rovinando così! E più si ripeteva che stava facendo la figura dell'idiota e peggio stava.
Tutto era cominciato molti anni prima...

Dean aveva deciso che Sammy, di soli sette anni, era diventato abbastanza grande per guardare i film horror.
L'esorcista e Non aprite quella porta gli avevano sì messo paura ma di quella innocua che passa subito, come quella che si prova quando uno ti grida «BUUU!!!» alle spalle, ma IT l'aveva davvero sconvolto: si mise a urlare come un ossesso ed era scappato in lacrime in cucina dalla mamma.
Nei giorni e nelle settimane seguenti, i genitori e il fratello ebbero un bel spiegargli che quel film era soltanto finzione e che nella vita reale i clown non uccidevano nessuno ma erano soltanto delle persone qualsiasi che si truccavano per far divertire la gente, niente da fare: ogni volta che ne vedeva uno, Sammy cominciava a piangere e urlare.
Il peggio successe qualche mese dopo. Sammy si era
quasi convinto che forse i clown non erano dei mostri, quando il padre aveva chiesto ai figli di aiutarlo a pulire il garage. Tra le varie cianfrusaglie che avevano portato in giardino, c'era anche uno scatolone pieno di riviste di parecchi anni prima, Dean ci si era buttato a pesce, sperando che fossero vecchie copie di Playboy invece era cronaca rosa, nera e scandalistica. Sammy ne aveva sfogliati un paio, aveva cominciato a sfogliare il terzo quando, con un urlo disumano, aveva lanciato il giornale in aria ed era scappato in casa: c'era un articolo intitolato "Clown killer. Ha ucciso 33 ragazzi".(1)



«Clown! Hai paura dei clown!» ridacchiò Gabriel sollevato.
«Lo sapevo...» disse avvilito.
«Perdonami, pasticcino! Non ti sto prendendo in giro. Mi avevi talmente spaventato...» Gli si sedette in braccio e lo baciò con foga. Si fermò, gli appoggiò la fronte contro la sua guardandolo negli occhi e sorridendogli. «Va meglio adesso?» gli chiese accarezzandogli i capelli.
«Ma qui davanti a tutti...»
«Terapia d'urto, ti ho distratto, no? Ti va ancora di vedere il Luna Park?»
«Sì, ma per favore, non dire niente a Dean...» rispose Sam alzandosi.
«Tranquillo, pasticcino, un avvocato sa mantenere i segreti, persino quando il suo cliente gli confida dove ha nascosto i cadaveri. E non preoccuparti per quei buffoni truccati: se uno di loro ti si avvicina, lo sbatto per terra e gli tolgo il cerone con la carta vetrata!»

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1) Storia vera! Cercate su Wikipedia "John Wayne Gacy"


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