Una leggera pioggia di inizio settembre picchiettava sull'asfalto e lasciava un odore di bagnato nell'aria, le gocce erano fini e ancora non offuscavano la vista. Christian Anderson percorreva quelle vie strette e buie, i suoi occhi nonostante l'oscurità sembravano essere più vivi, un colore insolito, erano di un blu carico e luminoso come gli zaffiri, e i suoi capelli neri non facevano altro che accentuarli. Aveva dei lineamenti duri che diventavano freddi e spigolosi non appena lo guardavi, non che fosse timido, anzi tutt'altro.
Delle ragazze sedute su una panchina con in mano un ombrello dal colore sgargiante, lo osservavano curiose mentre camminava, lui destreggiando la sua bellezza, gli rivolse uno sguardo interessato e sorrise come nessuno sapeva fare, lasciandoti col fiato sospeso. Dopo averle sorpassate sentì le loro piccole risate e i commenti perversi che facevano. Era consapevole della sua bellezza, sapeva usarla a suo favore, spesso imbrogliava le persone perchè sotto quel viso incantevole, c'era un carattere piuttosto sgradevole, per molte lo rendevano ancora più interessante, ma questo non era di certo il suo obiettivo.
Infilò le chiavi nella toppa e le girò con cura, era ormai tardi, gli altri dovevano dormire.
-Signorino Anderson mi stavo seriamente preoccupando della sua assenza, non vedete che ore sono? Potreste almeno avvisarmi.- la sua voce era talmente acuta da risultare fastidiosa, di solito era calma e dolce.
-La smetta Sofia, non rompi. Le ho detto che faccio quello che voglio, come voglio, quando voglio e non mi deve aspettare non è di certo questo il suo lavoro, ora torni a letto.
Con un'espressione avvilita la cameriera tornò nella sua stanza, lei lo trattava come fosse suo figlio e lui non faceva altro che disprezzarla, come se non gli importasse di niente che non di se stesso, ma continuava a ostinarsi con lui pensando fosse un ragazzo che aveva bisogno di un affetto materno, cosa a cui non era abituato.
Christian prese un gran respiro, nonostante l'anno che aveva trascorso li dentro, non la sentiva sua, non aveva quell'odore famigliare che sentivi ogni volta che ritornavi a casa, mancava qualcosa.
Andò nella sua camera e trovò il suo amico seduto su un pouf vicino alla scrivania, intento a fissare il proprio cellulare e quando sentì la porta socchiudersi, trasalì come se non si fosse accorto che era entrato.
-Che ci fai qua?
-Ti stavo aspettando stupido, sai quante volte ti ho chiamato? Perchè non rispondi? Ma poi dov'è che vai alle tre di notte?-disse lui con una certa ansia nella voce, dopo quello che aveva passato.
-Ma di cosa ti preoccupi Federico? Non sono di certo un bambino, guardami sono tutto intero, ho 17 anni lasciami vivere e tu non sprecare la tua di vita.- rispose lui in modo pacato, ma allo stesso tempo indifferente, sentendo la leggera nota d'allarme nella voce del ragazzo.
-Sai, con quel che mi rimane, non voglio mica accorciarlo-.
Quelle parole suonarono come schiaffi, tanto forti dal dover scostare il proprio sguardo.
Federico soffriva di fibrosi polmonare idiopatica, era una malattia che toglie letteralmente il fiato, una malattia rara che può arrivare fino all'insufficienza respiratoria. Di solito colpisce le persone sopra i 65 anni ma lui ne aveva solo 17 e prendeva dei farmaci che regredivano la sua progressione non riuscendo però ad eliminare la malattia, se non con un trapianto di polmoni, ma la lista era lunga, considerando anche il fatto che era AB uno dei più rari gruppi sanguigni.
-Tu non morirai.
Federico era un ragazzo leggermente più esile rispetto a Christian, aveva i capelli rossi e gli occhi di un verde eccentrico. I lineamenti del suo viso erano morbidi ma mantenevano la loro mascolinità, era un ragazzo gentile affettuoso, l'unico che si sia rapportato bene con il ragazzo dagli occhi blu, forse anche l'unico che ci poteva riuscire nonostante i pochi mesi da cui si conoscevano.
Si alzò e guardò negli occhi il suo amico, era leggermente più basso nonostante fosse più grande di lui di qualche mese:-Accadrà prima o poi, e non potrai farci niente.
Con queste ultime parole uscì e si chiuse la porta dietro in modo brusco. Gli dava un certo fastidio che Chris dicesse quelle parole, ma sapeva che era l'unica persona di cui li importasse e non poteva sopportare di perderlo.
Christian si butto sul letto e fissò il soffitto dove aveva scritto con un pennello e della vernice nera una frase dalle curve eleganti."Rinuncia al tuo potere di attrarmi ed io rinuncerò alla mia volontà di seguirti."
--------------------------------------------------------------------------------------------
-Ma che cos'è?-nel buio totale con soltanto la luce fioca della televisione, si sentì la voce di un ragazzo prevalere, accese la luce e vide sua sorella stravaccata sul divano con un piatto poggiato sulle gambe, la ragazza rimpicciolì gli occhi all'improvvisa illuminazione e rispose in modo scocciato al fratello.
-Non vedi che sto vedendo un film Alessandro? Ora spegni la luce che mi fanno male gli occhi.
-Intendevo quello nel tuo piatto-
-Cibo? Cosa è successo al tuo cervellino? Gelato con orsetti gommosi, scaglie di cioccolato e caramello.-disse lei con gli occhi che luccicavano.
Il biondo fece una faccia schifata:-Ma come fai a mangiare quella roba? Prima o poi starai seriamente male.
Ma sapeva anche lui che non era vero, era da quando era arrivato in quella casa che aveva visto che mangiava in questo modo poco piacevole agli occhi e insano , ma lei invece rimaneva sana come un pesce e troppo magra per le quantità industriali che ingurgitava.
-Shhhh, ora dicono chi è stato.......lo sapevo, lo sapevoooo, lo sapevo che era lui fin dall'inizio, dovrei farla io l'investigatrice, sono troppo brava loro perdono troppo tempo e nel frattempo lasciano che la gente muoia solo per avere più piste da seguire...idioti- disse scuotendo la testa.
Il ragazzo osservò sua sorella e gli spuntò un lieve sorriso, si comportava come una bambina quando era con lui eppure ogni volta che c'era qualcun'altro si comportava in modo adulto, ancora più dei suoi sedici anni. I capelli neri e leggermente ondulati le ricadevo dolcemente sulle spalle fino ad arrivare alla fine della cassa toracica e gli occhi neri erano due pozze profonde, appena si alzò, Alessandro vide la loro enorme differenza di altezza e corporatura, lei era minuta e bassa mentre lui era slanciato e muscoloso.
-Ora va a letto, domani dobbiamo andare a scuola-lei impallidì improvvisamente.
-Scuola? Perché dovremmo andare a scuola prima del previsto, dimmi che è un incubo- il ragazzo scoppiò a ridere, era sempre la solita.
-Hanno detto che apporteranno delle modifiche all'istituto, quindi domani dobbiamo svegliarci presto e papà dovrà vedere e firmare dei fogli-
-E tu che centri?
-Io niente, ti devo avvisare perché so che se te lo dicessi al telefono presteresti poca attenzione e in pochi minuti te lo scorderesti come sempre e poi oggi papà fa tardi quindi mi ha detto di dirtelo, ora a dormire- disse le ultime frasi in tono autorevole e di rimando rispose a mo' di soldato:-Si signor sergente.
Entrò nella stanza, si chiuse la porta alle spalle e si cambiò, per poi buttarsi a capofitto nella lettura di un libro, finché il sonno non prese il sopravvento.Elena era una ragazza dallo sguardo cupo, mai ti dimostrava niente se non la conoscevi bene e se si fidava.
Era stata abbandonata dalla madre dopo i primi quattro anni di vita e lei d'un tratto, nonostante la sua tenera età aveva smesso di comportarsi come una bambina capricciosa, si chiuse in se stessa e per questo il padre decise di adottare suo fratello, nella speranza che parlasse con qualcuno, che si confidasse, non poteva mica obbligarla a farle fare amicizia a scuola o ai parchi, ma mettere qualcuno sotto lo stesso tetto poteva aiutarla. Il ragazzo, Alessandro Bianchi Ferraro, quando lo adottò aveva 7 anni e lei 5. Elena, non voleva parlargli e la prima volta che lo fece si accorse che forse non era tanto male. I suoi occhi verde chiaro le infondevano fiducia, simpatia e sicurezza.--------------------------------------------------------------------------------------------
Continuava a rigirarsi nel letto, cambiare posizione, ma tutto sembrava inutile, il sonno non voleva arrivare, cercava di annoiarsi guardando delle foto, sfogliando libri, si alzava e andava in giro per la casa, beveva un bicchiere di acqua e poi andava in bagno e sciacquava la faccia con dell'acqua calda per appesantire gli occhi, ma niente, il tempo di passare da una camera all'altra che le palpebre continuavano a chiudersi ed aprire in modo frenetico. Poi si arrese, si sdraiò sul letto ed iniziò ad abbandonarsi ai ricordi del passato finchè la sveglia non suonò.
-Una notte insonne, fantastico cominciamo bene la giornata-
Andò in cucina e trovò Sofia già pronta che preparava la colazione, un buonissimo profumo di cornetti appena sfornati inondò la stanza e come se fosse un richiamo vide Federico sulla soglia che si stiracchiava, addentarono uno dei cornetti e la testa rossa si complimentò con la cameriera che le rivolse un sorriso amichevole e compiaciuto. L'amico guardò Christian aspettandosi che anche lui le dicesse qualcosa, ma non era da lui farlo anche se sapeva che infondo Sofia sapesse che apprezzava il lavoro che faceva per loro e lo dimostrava nello stipendio.
-Oggi vedrai la tua nuova scuola firmiamo delle carte e poi io devo andare in farmacia, ormai il tuo italiano è più che perfetto.
-Magnifico, vado a farmi una rapida doccia e usciamo.
Finì in fretta il cornetto, prese un sorso di caffè decisamente migliore di quello a cui era abituato negli Stati Uniti e andò in camera a prendere dei vestiti puliti e stirati dall'armadio.
STAI LEGGENDO
Il Cielo, la mia Terra
RomanceUna storia d'amore tra due ragazzi acidi,stronzi, menefreghisti, (o meglio etichettati così).